C’era una volta il cervo nei Monti Sibillini, e poi per quasi due secoli non ci fu più. Sembra l’incipit di una fiaba, magari disneyana, ma in realtà è storia vera, che riavvolge il nastro al 1825 quando l’ultimo esemplare fu cacciato, sparito, inghiottito dalla storia e dalla mano dell’uomo. Ma il 9 marzo 2005 qualcosa cambiò.
In una fredda giornata d’inverno, nel cuore del parco nazionale dei Monti Sibillini, 15 cervi scesero saltando da un camion, annusando l’aria pungente di Castelsantangelo sul Nera. Dopo quasi duecento anni, il grande ungulato tornava a calcare il suolo del Parco. Un momento storico, atteso e preparato a lungo, che segnava l’inizio di una nuova era per la biodiversità dell’area.
E ieri sono stati venti anni esatti da quella data, documentata con un filmato dell’epoca.
Quel primo rilascio, avvenuto tra la neve e il silenzio solenne dei monti, fu il battesimo di un progetto ambizioso, volto a restituire al territorio una parte della sua antica fauna. Gli animali provenivano dalla foresta demaniale di Tarvisio e dieci di loro erano dotati di radiocollare per permettere agli esperti del parco e agli agenti del corpo forestale di seguirne i movimenti. I cervi, un po’ spaesati dopo il lungo viaggio, furono accolti con emozione da tecnici, osservatori e rappresentanti del comune di Castelsantangelo sul Nera. Un ritorno simbolico, ma anche concreto, con radici ben piantate nella volontà di ristabilire gli equilibri naturali.
«Il ripristino degli equilibri ecologici non è solo una delle priorità del parco, ma anche un’opportunità per valorizzare il territorio nella sua interezza, dal punto di vista ambientale, storico e culturale – spiega Andrea Spaterna, presidente del Parco – La reintroduzione del cervo nei Monti Sibillini rappresenta un successo straordinario, che arricchisce la biodiversità dell’area e consente ai visitatori di vivere l’emozione di ascoltare e talvolta persino osservare questi magnifici animali nel loro habitat naturale».
Il progetto era nato nel 1998 con uno studio di fattibilità e prevedeva il ripristino degli ecosistemi originari e l’arricchimento delle risorse naturali. Tra il 2005 e il 2012, i rilasci continuarono, coinvolgendo anche esemplari provenienti dal parco nazionale delle foreste Casentinesi, dalla riserva del Monte Peglia e dalla riserva dell’Acquerino.
In totale, furono liberati 79 cervi. L’obiettivo non era solo la tutela della specie, ma anche la creazione di un ambiente più equilibrato, che potesse sostenere i grandi carnivori come il lupo e, un giorno, forse persino l’orso bruno marsicano. Inoltre, la presenza del cervo rappresentava un’opportunità di crescita per il turismo naturalistico, attirando appassionati di fotografia, trekking e wildlife watching. Oggi la popolazione del cervo nei Sibillini si è consolidata. Ogni autunno, i bramiti – i potenti richiami amorosi dei maschi in cerca di compagne – risuonano nelle vallate, riecheggiando tra i boschi e le vette, come un antico canto della natura che riprende il suo posto.
ONORE AL CERVO
Bravi!
Ve ne accorgete quando distuggera i boschi!!!
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Io mi preoccupo della distruzione operata dall’uomo. Me perchè liberare i cervi con la neve, con poco pascolo e con i lupi in giro?
Non sarebbe stato meglio in estate? Domanda l’ignorante di fauna e flora.