«Attenzione a sotterranei e intonaci,
usare il modello Notre Dame
per una ricostruzione efficace»

CAMERINO - Don Stefano Carusi, storico ed archeologo, monsignor Sandro Corradini, esperto di storia locale, e lo storico dell’arte Matteo Mazzalupi avanzano le loro proposte per il recupero dei palazzi storici del centro. «E' fondamentale creare una struttura come quella francese, in sinergia con Unicam»

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Il centro storico di Camerino

di Monia Orazi

Si passa alla fase operativa dopo l’incontro con il commissario Guido Castelli a Camerino del gruppo di promotori di un attento recupero degli edifici antichi di Camerino, che adesso propone una road map per intervenire nella ricostruzione degli edifici storici, senza perdere le preziose tracce architettoniche antiche. A mettere nero su bianco la proposta operativa sono stati don Stefano Carusi, storico ed archeologo, Sandro Corradini, esperto di storia locale, e lo storico dell’arte Matteo Mazzalupi, che hanno presentato al commissario anche un ricco corredo fotografico. 

Parlano della loro volontà «di dare un apporto secondo le competenze di ciascuno – esordiscono i tre firmatari –, sul fronte delle demolizioni, infatti, sembrano aprirsi delle serie piste alla ricerca di soluzioni, quantomeno per l’istituzione di un tavolo di lavoro costruttivo, che richiederà a ciascuno i possibili sforzi di ricerca da presentare, documentando il più possibile sia gli aspetti artistici sia quelli storici degli edifici. Abbiamo anche sottolineato l’imprescindibile necessità di un lavoro a tappeto sul tessuto urbano antico della città (anche laddove non fossero previste demolizioni). Come prima tappa non dispendiosa, e facilmente realizzabile anche nell’immediato, ci è apparso da proporre un lavoro di rilievo e mappatura dei sotterranei, che non significa avviare scavi e studi approfonditi, ma quantomeno una verifica, un rapido rilievo fotografico e una documentazione adeguata dell’esistente e delle sue stratificazioni storiche. Come seconda tappa si è proposta la rimozione degli intonaci».

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Il commissario Guido Castelli e il sindaco di Camerino Roberto Lucarelli

La proposta è quella di creare un organismo ad hoc per identificare gli elementi antichi e salvaguardarli, formando anche le maestranze specializzate, in collaborazione con Unicam: «Per semplificare e venire incontro alle comprensibili richieste di accelerazione dei tempi degli amministratori, si è proposto di introdurre una ricognizione dei luoghi anche “a lavori avviati”, ovvero l’intervento, una volta partiti i lavori e rimosso l’intonaco, della Soprintendenza o di un organismo comunale creato ad hoc, se la Soprintendenza fosse (come è) oberata di lavoro, che dia un mero parere consultivo, in seguito verificato e ratificato dagli organi competenti ove si presentasse l’effettivo elemento d’interesse.

Ci ripromettiamo di organizzare una conferenza sull’antisismicità del Trecento e del restauro rispettoso della distribuzione dei carichi come in antico, come soluzione tra le più efficaci staticamente e le più apprezzabili esteticamente. Visti i costi dei progetti di ricostruzione, è doveroso chiedersi se la ricostruzione non possa avvenire con criteri maggiormente attenti al singolo “malato” anziché con diagnosi troppo “universali” sebbene burocraticamente più facili.

Siamo anche ben coscienti del problema della carenza di maestranze adeguate: anche per questo rimane valida la proposta fatta in passato di creare, eventualmente anche in collaborazione con l’Università di Camerino, una struttura di formazione che trasmetta il sapere costruttivo antico in modo non solo teorico, sul modello francese dei “Compagnons du devoir”, che, come le arti in antico, si trasmettono un sapere pratico unico e oggi sono stati i soli a poter intervenire, ad esempio, nel restauro di Notre-Dame, esperti tanto per la pietra che per le carpenterie».

I tre esperti avvertono di alcuni rischi relativi all’applicazione alla lettera delle norme tecniche per la ricostruzione, agli edifici antichi: «l’applicazione pedissequa dell’aggiornamento delle “Norme tecniche per la ricostruzione” del 2018, che di fatto esagera il ruolo dell’intonaco armato, non tiene sufficientemente conto del fatto che gli edifici antichi sono diversi, e che nulla sostituisce il giudizio critico congiunto dell’ingegnere e dello storico, dopo un esame autoptico e una volta rimossi gli intonaci. Perché Camerino, ma ciò vale per ogni città antica, può presentare un edificio apparentemente unitario, ma in realtà frutto della fusione (a volte lasciando quasi intatti i diversi edifici precedenti) di più fabbricati dalla tessitura muraria diversa e quindi caratterizzati da un’indipendente reazione alle sollecitazioni sismiche rispetto all’edificio contiguo».

Solo dalla profonda conoscenza degli edifici si parte per una ricostruzione efficace, sottolineano Mazzalupi, Carusi e Corradini: «Un’unica facciata ottocentesca può trovarsi oggi a celare due o tre edifici antichi diversi e un tempo indipendenti. La rimozione degli intonaci dà quindi una lettura dell’edificio insostituibile, e ciò dal punto di vista di una sapiente ricostruzione statico-strutturale, anche a prescindere dal valore artistico e rivela l’opportunità o meno, dal punto di vista statico, del cosiddetto “intonaco armato” o il suo posizionamento laddove davvero si rivela necessario ed efficace, costituendo esso uno tra i tanti metodi di restauro. Da sottolineare i problemi tecnici che possono derivare dall’intonaco armato composto da reti in fibre di carbonio: tali materiali sono soggetti a degrado. Inoltre in alcuni casi si rischia un appesantimento delle strutture murarie».

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