Sferisterio, la grande truffa del 1829:
i conti non tornavano anche all’inizio.
Biglietti riciclati all’insaputa degli impresari

MACERATA - Erano stati venduti 3.300 tagliandi ma i presenti erano stati stimati in 4.800, una commissione ricostruì i meccanismi della frode. Il racconto dell'assessore Iommi, una lunga storia quella dell'Arena con degli elementi economici che sembrano ricorrenti

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Schema planimetrico del percorso dei biglietti – in rosso i biglietti regolari prelevati allo sportello del botteghino n°1 – in verde il presunto percorso dei biglietti ritirati all’ingresso n°2 dal personale di controllo e via via riportati all’interno del botteghino da dove, presumibilmente, venivano in parte riportati all’esterno

di Luca Patrassi

Allo Sferisterio non è il numero di spettatori che fa l’incasso, così come non è l’abito che fa il monaco si direbbe. Solo che, con il passare degli anni ed anche dei secoli, si affermano tendenze e modi di dire che marciano nel senso opposto a quello di partenza.

Si grida soddisfatti al tutto esaurito, al sold out, e agli amministratori sembra più interessante poterlo affermare piuttosto che evidenziare che magari quel risultato – vedi la cronaca più recente – lo si è raggiunto staccando un paio di cento biglietti poco prima dell’inizio alla voce sponsor. Usi e costumi diversi da quelli, più legati alla finanza, in uso nell’Ottocento quando lo Sferisterio venne eretto “per la generosità di cento consorti” e messo in funzione.

Illuminante un episodio che riferisce un attento studios dei beni monumentali cittadini qual è l’architetto ed assessore comunale all’Urbanistica Silvano Iommi.

«Al di fuori – assicura l’assessore in premessa – di ogni volontà polemica sui sempre controversi conti dello Sferisterio che puntualmente si sviluppa ogni anno a fine stagione, non c’è dubbio che la cifra distintiva di questa monumentale macchina dello spettacolo (che fra 5 anni celebrerà due secoli di storia -settembre 1829-2029), sia sempre stata quella che potremmo definire come il mistero degli introiti e degli esiti.

Osservando l’intera vicenda bisecolare dello Sferisterio, ancora meglio si potrebbe parlare di “mistero avvolto in un enigma” visto che sin dalle prime intenzioni dei Soci fondatori, che vollero l’erezione di questo edificio per il gioco della palla al bracciale ma adatto anche a tutti gli spettacoli che potessero tenersi con “privativa” all’aperto,  si attendeva un utile netto di circa mille scudi l’anno.

Come si sa le cose andarono molto diversamente da come ci si aspettava sin dall’avvio del travagliato decennio della costruzione (1819-1829); si partì, infatti, con l’idea di investire circa 10 mila scudi da condividere in 100 Soci, e si finì con una spesa di cui resta ancora ignoto l’importo finale, anche se qualche studioso ha provato a stimarlo in una cifra pari a circa 90 mila scudi romani.

Iommi_Consiglio-Comunale_FF-7-325x217Si sa anche che il suddetto “mistero dentro l’enigma” aveva già esteso la sua ombra sino a creare incertezze nel riconoscimento stesso della paternità concettuale del progetto, di cui tra gli studiosi ancora si discute e si indaga. Tuttavia, quello che ora si vuole ricordare è il cosiddetto “mistero della frode” dei biglietti venduti e della presunta sottrazione di almeno 1/3 dell’incasso avvenuta nella serata inaugurale del 29 settembre 1829».

La narrazione dell’episodio: «Nella sera del 29 Settembre in occasione della festa notturna e fuochetti dati nel nostro Sferisterio ci fu con fraude involato il prezzo dell’ingresso in modo tale, che comparativamente all’introito fatto ognuno si avvide che la terza parte almeno era stata defraudata.

A discarico del nostro ufficio non abbiamo mancato di fare le possibili ricerche per conoscere come una tal fraude fosse avvenuta. Le risultanze di queste sono state, che abbiamo verificato, che fuori del bottegnino della dispenza de’ biglietti si vendevano questi nel plateale avanti lo Sferisterio la sera medesima da privati individui, fra i quali ci fu riferito uno essere stato il Pizzicagnolo P. F. detto il nano, altro G. C. mandatario della Compagnia del Sepolcro, ed il terzo G. F. figlio di F. il sensale detto il Cappelarotto. … Chiamato il dispensiere dei biglietti Sig. Giuseppe Gullini per conoscere se aveva dato ad alcuno biglietti per venderli, e dispensarli, ci ha assicurato negativamente. Calcolando pertanto, che questi venditori privati esitavano biglietti al medesimo prezzo, a cui si vendevano nel botteghino, e che non vi avevano utile alcuno non possiamo non dubitare, che questi lo abbiano fatto fraudolentemente. 

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Lo Sferisterio

D’altronde esaminando noi la procedura, e controlleria tenuta nella vendita de’ biglietti ci cade il sospetto, che questi ci siano stati derubati dal Banco medesimo dove si ricevevano nell’atto dell’ingresso. Difatti noi consegniamo ogni volta un numero definito di Biglietti al sig. Giuseppe Gullini Dispensiere, il quale ce ne fa la ricevuta, ed è obbligato a restituirci o i biglietti non venduti, o il denaro per tutti quelli esitati. Fatti li conti quotidianamente non si è trovato difetto alcuno col sig. Gullini mentre i biglietti da noi introitati corrispondevano a quelli da lui esitati».

Gli effetti del colpo: «Conseguentemente il dubbio rimane sempre sul derubamento fatto nel bancone all’atto dell’ingresso. … “La Commissione, calcolata abbastanza puntigliosamente la capienza massima  complessiva dello Sferisterio aveva stimato la presenza di circa 4.800/5.000 persone, mentre è presumibile, considerato che si lamentava la perdita di “almeno una terza parte”, che i biglietti stampati e venduti al botteghino fossero circa 3.300/3400».

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