Piazza Leopardi gremita,
Edoardo Bennato infiamma Recanati
al ritmo del suo rock inossidabile

LUNARIA - Il 78enne artista napoletano e la scatenata BeBand hanno suonato per più di due ore. Da "Sono solo canzonette" al "Rock di capitano Uncino" passando per "L'isola che non c'è" e "A cosa serve la guerra", in un continuo dialogo con il pubblico conquistato fin dai primi pezzi. «Scelsi dalla vetrina una Eko costruita qui, se non ci fosse stata lei non avrei cominciato a suonare»

- caricamento letture
Edoardo-Bennato-Lunaria-2024-1-650x439

Edoardo Bennato a Recanati

di Francesca Marchetti
Piazza Leopardi gremita in ogni angolo per il primo evento in cartellone di Lunaria 2024. Un pubblico di tutte le età ha accolto l’inossidabile Edoardo Bennato, 78 anni, di cui 50 passati sul palco a fare la storia del rock italiano. Non sono mai state solo canzonette le sue, ma racconti sulle emozioni umane, sulle condizioni dei meno fortunati, sulle contraddizioni del bel paese, e il suo rock è sempre stato contaminato da sonorità blues, folk, rock, punk, funky, rockabilly, rendendolo pop al punto giusto.

Dopo i saluti del direttore artistico di Musicultura, Ezio Nannipieri, e del sindaco di Recanati Emanuele Pepa, la data leopardiana del “Rock summer tour” entra nel vivo con l’arrivo dell’artista napoletano, maglia sportiva col numero 55 intitolata ai Campi Flegrei, spirito di un trentenne: «Ciao ragazze e ragazzi, coltivate i dubbi anziché barricarvi nelle certezze. Questa sera spero di portarvi la carica vitale, irriverente, reazionaria del rock ‘n roll». Inizio al fulmicotone con le tiratissime “Abbi dubbi”, “Sono solo canzonette”, “Il gatto e la volpe” in versione “one man band”, in cui il polistrumentista canta e suona chitarra, armonica e percussione a pedale, conquistando fin da subito il coinvolgimento del pubblico.

Edoardo-Bennato-Lunaria-2024-2-650x437
Si continua con la poderosa “Torre di Babele“, dove la band che accompagna Bennato entra potentemente in scena infiammando la platea. La BeBand è un gruppo affiatato di ottimi professionisti, abilissimi a tenere il palco, che comprende Roberto Perrone alla batteria e percussioni, Giuseppe Scarpato e Gennaro Porcelli alle chitarre, Arduino Lopez al basso e Raffaele Lopez alle tastiere.
La scatenata “Mangiafuoco” continua a muovere i fili della critica alla società a tempo di rock che rese celebre l’album “Burattino senza fili” del 1977, da cui l’artista pesca a piene mani per i suoi show. «Più di un secolo e mezzo fa quel genio di Collodi aveva previsto tutto, aveva già disegnato i personaggi che sgambettano nei telegiornali di oggi. Io ho preso in prestito il canovaccio delle favole per realizzare un disco e qualche anno fa ho aggiunto la prossima canzone “Mastro Geppetto“. Un folk rock con tanto di banjo sulla «schizofrenia e i tic di ognuno di noi».
Bennato parla spesso al pubblico, che lo ascolta e poi tiene il tempo, canta e acclama le sue canzoni, in uno scambio emozionale. «Al prossimo pezzo sono molto legato perché parla di tutti quanti noi, iscritti al gioco della vita, da bambini cerchiamo di capire come funziona ma i grandi non sanno cosa dirci». “Quando sarai grande” commuove un po’ tutti, genitori e figli, al suono dell’immancabile armonica. “La fata” tocca le corde più delicate del rapporto con l’immagine distorta del ruolo femminile, «Nella favola di Pinocchio c’è un personaggio positivo, ed è una donna, colei che con il suo istinto salva sempre la baracca».
Tocca al blues di “A cosa serve la guerra“, drammaticamente sempre attuale, a far riflettere sulla sofferenza creata dall’uomo per l’uomo, poi si scivola nella magia de “L’isola che non c’è“, immancabile successo del 1980 che scioglie ogni resistenza: tutti su con le mani alzate e i cellulari a far da accendini e poi unirsi nel lungo applauso. Sul blues rock di “Cantautore” continuano i cori dei fan che a malapena riescono a trattenersi sulle poltroncine.
Edoardo-Bennato-Lunaria-2024-3-650x519
A Napoli ‘o 55 è musica” è il brano successivo, mentre le copertine di famose riviste musicali degli inizi di carriera di Bennato scorrono sullo schermo alle sue spalle. «Sono nato in viale Campi Flegrei numero 55, che nella cabala simboleggia la musica. Precisamente sono di Bagnoli dove c’era un’importante industria siderurgica ma ora è tutto deserto. Mi fa rabbia che sia in mano a chi si fa le scaramucce. Volevo fare il cantante ma mi anche sono iscritto ad Architettura a Milano perché le etichette musicali erano tutte là».
La canzone autobiografica si trasforma in una lunga e trascinante jam session grazie alle doti dei musicisti (menzione d’onore ai chitarristi) che regalano anche snippet da “Another brick in the wall part II” e “Shine on you crazy diamond” dei Pink Floyd, un vero e proprio momento che celebra la potenza della musica dal vivo.
«Da piccolo, la signora Tammaro trovò un maestro di musica invece che di lingue straniere e con i miei fratelli Eugenio e Giorgio formammo il Trio Bennato e conoscemmo Enzo Tortora, che fu arrestato anni dopo a causa di calunnie ingiuste come tante altre persone famose. Gli rovinarono la vita. Amo Rossini e ho preso in prestito qualcosa dal Barbiere di Siviglia, la dedico a Tortora e a Mia Martini: attenti, chiunque può inventare una storia su di noi ogni giorno». “La calunnia è un venticello” entra in scaletta, sullo schermo scorrono le immagini dei tg dell’epoca del processo al popolare conduttore e dell’indimenticabile interprete calabra (e un po’ portorecanatese).
A Bennato piace essere “Rinnegato” per riportare l’energia in piazza, e si lascia andare ancora agli aneddoti che hanno ispirato le sue canzoni. «Quando ho preso la patente per fare il cantante non avevo un impresario e a Fabrizio de André (uno dei primi firmatari del Premio città di Recanati, ndr)  piaceva il fatto che fossimo ragazzi del cortile, lontani dai luoghi comuni, così gli ho dedicato la prossima canzone, alla Dylan-Bennato». È “Pronti a salpare“, delicata ballad sulla libertà, agli immigrati, al mare. Il concerto va avanti con l’amara “Io vorrei che per te“, con le immagini sulla devastazione del pianeta e la protesta green, le dolci “La luna” e “Le ragazze fanno grandi sogni“, l’amata  “Lo zio fantastico” che poco dopo lascia spazio allo scatenato “Rock di Capitano Uncino“: il pubblico va in visibilio.
La band esce di scena ma viene richiamata a gran voce e così iniziano i bis: “Italiani” parla della fierezza di esserlo, nonostante le contraddizioni, e i volti dei grandi e delle grandi connazionali, artisti, scienziate, ma anche Pertini, Impastato, Borsellino e Falcone sono lì a ricordarcelo.
Edoardo Bennato, già diverse volte nel Comitato artistico di garanzia di Musicultura, svela il suo legame con il nostro territorio. «Mi fecero un regalo da piccolo, scelsi dalla vetrina una chitarra a 12 corde, da usata ne aveva solo 6, a marchio Eko, costruita qui a Recanati, se non ci fosse stata lei non avrei cominciato a suonare». “La chitarra” è una dedica d’amore al primo strumento del cantautore napoletano, che sempre nel maceratese, a Civitanova, ebbe il battesimo in musica che lo lanciò definitivamente nella scena musicale nazionale negli anni Settanta.
Le esotiche sonorità reggae-rock di “Nisida” accompagnano verso la conclusione lo show, durato oltre due ore, con una sferzata di energia, costruendo il ricordo di un’esperienza liberatoria di sano rock e ribellione.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page

Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Gianluca Ginella. Direttore editoriale: Matteo Zallocco
Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X