Il sindaco uscente Mariano Calamita, ricandidato per il bis
«Quello che si contesta principalmente è che il tutto doveva essere gestito, con le dovute accortezze, già in una fase precedente, concertando davvero, fin da subito, con la Fondazione Falconi e con il Comune di Appignano (in quanto responsabile dei servizi alla persona) senza ingerenze politiche esterne per addivenire ad una soluzione pianificata che potesse garantire la continuità assistenziale degli ospiti e che potesse consentire un’adeguata sistemazione del servizio riabilitativo». Mariano Calamita, sindaco uscente e candidato per il bis, risponde all’Inrca sulla questione del trasferimento dei pazienti Inrca di Treia nella casa di riposo di Appignano, con conseguente trasferimento di quest’ultimi.
«Per l’ennesima volta, la Fondazione e il Comune – dice Calamita – sono stati portati a conoscenza di decisioni già prese e avvisati solo nella fase conclusiva, peraltro “pressati” dall’urgenza e ristrettezza temporale delle azioni, che a guardar bene cela la spinta di una propaganda politica personalistica a discapito di famiglie, di ospiti e di lavoratori per i quali invece era assolutamente necessaria la pianificazione e la concertazione delle azioni con i dovuti tempi e le dovute modalità. Appare indubbio che certe questioni non possono essere trattate e gestite con tali superficialità, non possono essere oggetto di valutazioni prese dall’oggi al domani, bensì debbono essere attentamente e previamente valutate e concordate con tutte le parti coinvolte. Forte è dunque l’amaro in bocca e non vi è di certo da meravigliarsi della posizione assunta dal comitato dei familiari». Il comitato dei familiari dei pazienti della casa di riposo di Appignano ha bollato il trasferimento come una sciagura e ha chiesto un confronto con l’Inrca.
Calamita continua dunque imputato all’Inrca la mancata ricostruzione del vecchio presidio. «E ancora maggiore è il rammarico per la totale inerzia dell’Inrca da un punto di vista della ricostruzione del vecchio presidio di Appignano, nonché per l’incapacità (o mancanza di volontà) di riorganizzarsi di fronte alle negative vicende legate al fallimento di una delle società della Rti aggiudicatrice dell’appalto di ricostruzione – continua – Se l’Inrca avesse mantenuto l’impegno assunto di riqualificare prima e di ricostruire, dopo la demolizione, il presidio di Appignano poi, oggi non ci saremmo trovati in questa difficile situazione perché la struttura ricostruita avrebbe permesso di ospitare sia la riabilitazione, sia le persone auto sufficienti sia quelle non auto sufficienti. Alla luce di ciò, come già scritto più volte all’Inrca, ci auguriamo che in tempi brevissimi l’Istituto voglia nuovamente incontrarsi per coordinare e collaborare al fine di addivenire ad una soluzione che possa tutelare i diritti di tutti i soggetti coinvolti e garantire per Appignano il permanere di servizi socio-sanitari, che rappresentano invece un dovere nei confronti della nostra comunità, possibile solo attraverso azioni lungimiranti e programmate in condivisione».
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