«Noi adulti non capiamo
cosa desiderano i giovani,
pensiamo al loro futuro e non al presente»

CIVITANOVA - Andrea Foglia, ideatore del Festival Io desidero e animatore della rete sociale Oltre spiega dal 29 giugno al 2 luglio, con quattro serate

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Andrea Foglia (Foto Gasparroni)

Sta prendendo forma la settima edizione del Festival Io Desidero, che animerà Civitanova dal 29 giugno al 2 luglio, con quattro serate. Una rassegna che torna per dare nuovamente voce e spazio alle giovani generazioni, che troveranno nell’ormai collaudato format un palco e un microfono, diventando anche stavolta protagoniste della scena. «Perché Io Desidero? Perché crediamo nel valore di dare spazio e occasioni ai giovani di comunicare i propri sogni», dice Andrea Foglia, ideatore del Festival e animatore della rete sociale Oltre.

Per lui è ormai una necessità quella di impostare un festival ponendo al centro i giovani. «Sono scarsi gli spazi e i luoghi che abbiamo a disposizione per ascoltarli. Molto spesso pensiamo di parlare ai nostri ragazzi, di captare le loro esigenze. In realtà, quasi mai capiamo realmente quanto essi desiderano. Da qui la necessità di dare ai giovani “carta bianca” alla regia. Noi adulti parliamo troppo del futuro delle nuove generazioni, ma mai del presente».

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Uno spettacolo della rassegna

Non è il futuro secondo Foglia l’obiettivo a cui tendere. «Il futuro si costruisce da quello che stiamo facendo ora e i ragazzi vogliono pensare al presente, analizzarne la complessità per costruire poi il domani. Noi adulti ragioniamo a sproposito dei “giovani d’oggi”, ma quanto siamo davvero interessati alle loro prospettive e ai loro punti di vista? Quante volte chiediamo loro, “Raccontami di te”? Perché poi i ragazzi sono capaci di cose straordinarie, che ci stupiscono. L’emergenza in Emilia Romagna ha mostrato ancora una volta la loro grande disponibilità al volontariato. Una gratuità spontanea, umana, fuori dal mondo dell’associazionismo e lontana dalla politica. Anche questi istituti necessitano di riflessioni al riguardo».

Il segnale è quello di una scarsa attenzione dell’adulto. «Penso si tratti più di una scarsa attenzione, generale, che colpisce l’adulto. C’è poco interesse verso i giovani e le questioni a loro care per cambiare il presente, così come scarso è l’interesse per i temi cruciali delle comunità. Non è disinteresse vero e proprio, parlerei più di una cronica superficialità, o di una limitata conoscenza, del malessere di molti giovani. Questo malessere, se non recepito, può amplificare le particolari criticità esistenziali tipiche del passaggio all’età adulta».

Quindi, cosa “desidera” il festival? «Quindi abbiamo sentito, come rete di associazioni e soprattutto di persone, la necessità di stabilire un equilibrio tra le diverse generazioni, lavorando per acquistare credibilità agli occhi dei nostri ragazzi. Non dobbiamo scadere nella generalizzazione e negli stereotipi che tendono ad etichettare i giovani, ma dobbiamo invertire la rotta in maniera positiva: dando loro un microfono, dando loro massima libertà di parola, sapendo che dall’altra parte c’è un ascolto. Ecco, la libertà di espressione è il regalo più grande da fare ai nostri figli».

 



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