Francesco Adornato, ex rettore dell’Università di Macerata, direttore del Dipartimento di Scienze politiche, della comunicazione e delle relazioni internazionali
di Francesco Adornato
La cifra stilistica della scrittura dell’avvocato Giuseppe Bommarito alla luce di un diffuso apprezzamento dei suoi libri, così come dei commenti giornalistici, è l’asciuttezza. Potremmo dire che la scrittura coincide con l’uomo, a cui va aggiunto il rigore. Profili che, nel suo più recente libro, “Le vittime dimenticate. D’Aleo, Bommarito, Morici: la strage di via Scobar”, si fondono molto efficacemente in un vibrante racconto-inchiesta. Strage, quella di via Scobar, avvenuta nel giugno 1983, per opera della mafia, che ha come vittime tre carabinieri: il capitano Mario D’Aleo, comandante della Compagnia dei carabinieri di Monreale, l’appuntato Giuseppe Bommarito (omonimo e lontano parente dell’autore) e il carabiniere Pietro Morici, strage che l’avvocato Bommarito recupera alla memoria, ricostruendo l’intera tragica vicenda con impeccabile precisione e nitidezza narrativa e, soprattutto, con molta partecipazione umana.
Forte della sua competenza tecnica e della sua passione civile, ha approfondito gli atti giudiziari, fino ad individuare le motivazioni della strage nelle incisive indagini antimafiose del capitano D’Aleo e dei suoi collaboratori, tra cui in particolar modo l’appuntato Bommarito, “memoria storica” della Compagnia dei carabinieri, dopo l’uccisione del capitano Basile nel maggio del 1980, assassinato anch’egli per la sua lotta a Cosa Nostra.
L’avvocato Bommarito ricostruisce il clima e le vicende di quegli anni a Palermo e dintorni con asciuttezza e tensione letteraria da far venire ancora oggi, e ancor di più, i brividi. Non solo una guerra di mafia, la “”seconda guerra di mafia””, una sorta di Beirut siciliana, una Chicago dei primi decenni del secolo scorso, forse si potrebbe dire, “ma anche – sottolinea l’A. – contro lo Stato, da colpire e da intimidire, uccidendo quegli uomini – magistrati, carabinieri, poliziotti, politici, giornalisti – che non erano disposti ad abbassare, opportunisticamente, la testa e lasciare che in Sicilia l’illegalità criminale, la mafia, dilagasse e la facesse sempre più da padrona grazie alla violenza e alle collusioni con parte dell’imprenditore locale e pezzi importanti della politica e delle istituzioni” (p.13).
I tre carabinieri uccisi
Ma il libro ha diverse chiavi di lettura. All’interno di questa “terribilità”, si colgono elementi culturali, etici che connotano le persone, in un campo e nell’altro. La crudeltà e la ferocia, da un lato e l’abnegazione e lo spirito di servizio dall’altro, che rinviano, senza voler generalizzare, a percorsi formativi originari, pur specchiandosi in una diversità antropologica. Rinviano a dei “topoi” che dicono degli uomini in modo fulminante, profondo e significativo. “Stia attento, perché lei senza motivo insiste troppo a perseguitare i Brusca”, si rivolge Emanuele Brusca al capitano D’Aleo; frase che l’avv. Bommarito, di radici insulari, trasferisce sulla pagina con il suo allusivo e minaccioso significato (p.115). si pensi, inoltre, alla simbologia rabbiosa nelle esecuzioni degli omicidi a seconda dell’ostilità che i rappresentanti delle istituzioni, e non solo, avevano suscitato nei mafiosi Ancora.
Lo schiaffo come plateale forma di umiliazione che “gli uomini d’onore” non possono sostenere, e a cui andava subito posto riparo, come cercò di fare con mezzi di fortuna in stato di fermo Giovanni Brusca, lanciando uno sgabello contro il capitano D’Aleo che, al colmo di pesanti insulti contro l’Arma dei Carabinieri, gli aveva mollato “un sonoro ceffone, sicuramente poco istituzionale, ma molto significativo” (p.117) per il codice mafioso. Alla tenacia e alla razionalità che guidavano le indagini senza sosta del Capitano D’Aleo si accompagnavano le intuizioni istintive dell’appuntato Bommarito, memoria storica del territorio e traitd’union delle indagini condotte dal Capitano Basile e, prima, da D’Aleo, dopo.
L’avvocato Giuseppe Bommarito durante la recente presentazione del libro al festival Macerata Racconta
L’appuntato Bommarito, di Balestrate, secondo di sette fratelli e di famiglia contadina, che antepose ai timori e alla stessa verosimile paura, il senso del dovere e il valore della libertà, sapeva ascoltare il detto e “annusare” il non detto. L’avv. Bommarito scrive, a proposito, pagine tesissime di tersa scrittura nel capitolo “La paura della morte”, nel quale in tutti e tre i carabinieri aleggia in modo trattenuto il “sentire la morte”, a partire dell’incontro fatale, del quale rinviamo al libro (p.147), che decise in modo definitivo della loro vita, la vita di tre “grandi eroi della porta accanto” (p.64). Eroi che lottarono contro le mafie – e principalmente – Cosa Nostra, portatrice di morte, la quale, come ribadisce perentoriamente l’avv. Bommarito nella introduzione al libro, “ha avuto negli ultimi decenni del secolo un ruolo determinante, se non centrale, nella diffusione della eroina e nella moltiplicazione dei consumatori nel mondo occidentale ed anche nel nostro Paese”, stroncando giovani vite come una peste senza fine.
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Venerdì 9 giugno il libro di Giuseppe Bommarito sarà presentato a Camerino, all’auditorium della scuola della musica Bocelli. L’incontro si terrà alle 18 con la presenza anche dei generali dei carabinieri Tito Baldo Honorati e Marco Di Stefano.
“Le vittime dimenticate. D’Aleo, Bommarito, Morici: la strage di via Scobar”
L' Associazione Culturale Ripartiamo è sinceramente onorata di poter ospitare la presentazione del Libro dell'Avvocato Bommarito, VENERDÌ 9 GIUGNO Alle ore 18 presso l'auditorium dell'Accademia Franco Corelli di Camerino.
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