L’inizio della cerimonia in occasione della festa della Liberazione in piazza della Libertà
di Luca Patrassi (foto di Fabio Falcioni)
L’Inno d’Italia per iniziare, Bella Ciao per chiudere, al centro le parole dei relatori per celebrare l’anniversario numero 78 della Liberazione.
Il sindaco Sandro Parcaroli e il prefetto Flavio Ferdani durante la deposizione della corona d’alloro
Appuntamento in piazza della Libertà questa mattina per la cerimonia che ha avuto il suo prologo con la deposizione di una corona d’alloro al Monumento della Resistenza. Manifestazione partecipata, circa duecento i presenti e tra questi il sindaco Sandro Parcaroli, i consiglieri regionali Anna Menghi (Lega) e Romano Carancini (Pd), il prefetto Flavio Ferdani, il vescovo Nazzareno Marconi, diversi assessori e consiglieri comunali (Katiuscia Cassetta, Ulderico Orazi, Giordano Ripa, Stefania Monteverde, Marco Bravi, Francesco Luciani, Andrea Perticarari, Roberto Foresi, Roberto Cherubini e Roberto Spedaletti), il segretario provinciale del Pd Angelo Sciapichetti, l’ex parlamentare e presidente della Regione Adriano Ciaffi, il questore, i vertici delle forze dell’ordine, esponenti delle associazioni di volontariato e delle forze sindacali.
L’intervento del sindaco Sandro Parcaroli
Ad aprire la serie degli interventi il sindaco Sandro Parcaroli: «Vogliamo stringerci attorno ai valori di libertà e di democrazia. Ci auguriamo che i valori del passato siano di insegnamento, in particolare alle giovani generazioni. Oggi nel cuore dell’Europa vediamo il ripetersi dei conflitti con l’uccisione di civili e purtroppo di bambini, questo ci fa capire che il percorso della pace tra i popoli è ancora lungo. Un ringraziamento per il mantenimento della memoria all’Anpi, all’Istituto della Resistenza e alle associazioni combattentistiche».
Juri Meda
Il microfono passa al presidente dell’Istituto storico della Resistenza Juri Meda: «Liberazione e Resistenza, significato profondo di queste parole. Resistenti furono i partigiani sulle colline e sulle montagne, compirono una scelta, uniti dall’antifascismo. Tra di loro c’era anche Primo Boarelli, membro del primo consiglio provinciale eletto nel dopoguerra di cui ricorre il centenario della nascita. Italiani ma non solo, come slavi, etiopi, somali e eritrei che si unirono alle Resistenza, resisterono anche le staffette partigiane, tra loro Vanda Pagani di soli 16 anni, ma resistettero anche le donne contadine, resistettero gli internati militari rastrellati.
Resistettero i militari del Corpo italiano di liberazione, come i paracadutisti della Nembo uccisi a Macereto, il brigadiere Ernesto Bergamini passato per le armi a Pozzuolo di Camerino, resistettero don Felice Francalancia, don Nicola Rilli, don Mario Vincenzetti e don Enrico Pocognoni, fulgidi esempi del clero maceratese, pronti a mettere a repentaglio la propria vita per restare accanto alla popolazione civile colpita dalle feroci rappresaglie nazifasciste resistettero tutti insieme in un gigantesco sforzo corale elevandosi sopra la sordità inerte della massa. Liberazione è un processo non riferibile solo alle esigenze materiali, ma anche a quelle morali, come presupposto della rigenerazione morale di un Paese prono fino a quel momento del fascismo e che si era riscattato. Il 25 aprile è festa di un Paese tutto, di tutti noi».
Marco Radici
Marco Radici, presidente dell’associazione combattenti e reduci: «La guerra di Liberazione dalla dittatura fascista è stata vinta solo grazie all’apporto di migliaia di soldati alleati, di carabinieri eroici. In 2735 non risposero all’appello dopo la Liberazione. Decisiva fu l’azione dei 250mila dell’Esercito belligerante italiano. La libertà non è gratis, il prezzo più alto da pagare lo versano civili e soldati, che le lacrime della storia annaffino allora i semi della consapevolezza perché la Costituzione ci dice che la difesa della patria è dovere sacro del cittadino. E’ nostro dovere patriottico ripudiare la guerra, conoscere e commemorare il sacrificio di militi e civili caduti che hanno servito il Paese in un travagliato percorso iniziato con il Risorgimento per un’Italia libera e repubblicana. Celebrare la Liberazione ci invita alla riconciliazione, ma non può esserci riconciliazione senza memoria».
Sabina Tombesi, Chiara Bonotti e Stefania Monteverde
Chiara Bonotti, presidente dell’Anpi Macerata: «E’ facile, ora che sono passati 78 anni, da quel 1945, guardarsi indietro e farsi ingannare da confini meno distinti, colori meno forti e grigi più diffusi, ora che si sono spente le voci di chi il fascismo lo vide avanzare spavaldo nelle piazze, di chi ne portò le cicatrici…è facile lasciarsi convincere che non vi furono vittime e colpevoli e che le scelte, come le ideologie, ebbero tutte la stessa dignità. Invece basterebbe guardarsi intorno e ascoltare i luoghi che abitiamo quotidianamente per accorgerci che la storia non è stata coperta dal tempo ed è qui pronta a parlarci, qui vicino c’è via don Minzoni, di cui ricorre il centenario della morte, ci sono via Gramsci e via Matteotti.
Percorrere queste vie, anche in senso metaforico, ci porta oggi in questa piazza che nel suo nome contiene la più grande conquista che chi combatte il nazifascismo a prezzo della vita ci ha donato, la libertà. La storia mostra, insegna, indica la via ed è sotto attacco: spesso per modellare il presente si inizia dal passato, si usano parole ambigue per descrivere fenomeni che di ambiguo non avrebbero nulla ed è così che i partigiani smettono di essere combattenti per le libertà e diventano terroristi. Abbiamo però una bussola che ci indica la via, la Costituzione, seguiamola e non smarriremo la direzione. Una Repubblica democratica fondata sui valori dell’antifascismo».
Angelo Sciapichetti
Giordano Ripa e Marco Bravi
Andrea Perticarari e Roberto Fabiani
Il questore Antonio Trombadore, il prefetto Flavio Ferdani, il sindaco Sandro Parcaroli e il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Nicola Candido, durante la cerimonia al monumento dei caduti
Adriano Ciaffi
Chiara Bonotti, Katiuscia Cassetta e Andrea Marchiori
Ulderico Orazi
Una volta erano tutti fascisti, poi sono diventati tutti partigiani,
Enzo Bartoloni e beh, si va a seconda di dove tira il vento...
In questo giorno in cui si celebra la liberazione dal Nazi-Fascismo, gente che non si palesa per i restanti 364 giorni, non perde loccasione per esprimere un giudizio privo di memoria storica, palesemente inutile e che trapela unistintiva ignoranza riscontrabile solo nella tifoseria ultrà. È una vergogna ridurre a questo un dramma che ha innescato una guerra civile passata in secondo piano rispetto ad una guerra più grande e che ha provocato tante vittime e tanta violenza.
Bella ciao...
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…è la festa del Paese, di tutti noi, cantiamo Bella Ciao, l’Italia l’hanno “liberata” i partigiani e tutti felici e contenti…forse!!! gv p.s.: “la storia o è tutta o non è”…
…non si possono pubblicare i miei ultimi due commenti!!?
Vallesi sarà per lei deludente scoprire che la festa è l ‘anniversario della liberazione, non la festa dei liberatori. E’ comunque vero che chi ha partecipato alla liberazione con qualsiasi ruolo ha diritto di festeggiare e partecipare attivamente alle celebrazioni ed invece di sminuirne le gesta dovrebbe essere grato e ringraziare quelli, pochi , che hanno imbracciato un fucile anche un solo giorno per stare al fianco degli eserciti che ci hanno aiutato a liberare questo paese dal totalitarismo.
Totalitarismo che in Italia è stato il fascismo e non il comunismo, ragione per cui la festa si chiama liberazione dal naziFASCISMO e non liberazione dal comunismo, sembra banale ed elementare. E’ qui che il mio pensiero va anche a tutte le maestre e maestri elementari che durante i loro anni di servizio purtroppo non sono riuscite a portare a termine efficacemente il loro lavoro.
Egregio signor Iddas, che è la festa della liberazione, e non dei “liberatori”, non mi delude affatto (non so a Lei), ma si vada a informare come, in diverse piazze, sono stati trattati gli antifascisti che non erano né sedicenti comunisti, né iscritti all’ANPI o ad altre sigle di sinistra, e poi parliamo di delusione o, ancor peggio, di fascismo e di chi lo ha praticato in quelle piazze!!! Sul fatto, poi, che bisogna ringraziare anche chi per un solo giorno ha imbracciato il fucile e magari senza rischiare nulla, posso dire che, per quel che mi ricordo, i miei “vecchi” mi raccontavano sempre che molti dei “partigiani” che, dopo la “liberazione”, hanno imbracciato un fucile e messo un fiocco rosso al collo, fino alla sera prima vestivano la camicia nera!!! Che poi in Italia ci sia stata una sola dittatura, e cioè il fascismo, non deve far dimenticare il “biennio rosso” e le stragi della guerra civile (comprese quelle avvenute anche dopo la fine della guerra), manovrata, in Italia e per i partigiani comunisti, mi pare di ricordare, dal buon Iosif e anche dal caro Tito, e la strage di Porzus ne è la prova più evidente, credo. Per cui, mio caro Iddas, le auguro che nella sua vita, oltre a dire di essere antifascista (anche io lo sono e di sicuro), possa dire con orgoglio di essere anche anticomunista. Cordialmente. gv
C’è da dare un nuovo profilo da collocare nella descrizione de ” L’Antifascista perfetto”. Non vorrei che anche la Meloni fosse antifascista.