L’Argentina raccontata da Carlos Pallotti,
specialista dell’industria software
«I miei nonni emigrati da Montanello»

L'IMPRENDITORE di origine maceratese intervistato da Maria Cristina Pasquali, sottolinea come i marchigiani emigrati si sono rivelati persone laboriose, corrette e molti hanno avuto successo. Dall'economia del Paese alla gioia per la vittoria del campionato di calcio, passando per Papa Bergoglio

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Carlos Pallotti

 

di Maria Cristina Pasquali

Un viaggio in Argentina per noi italiani è molto più di una usuale esperienza di viaggio. Quello tra Italia e Argentina è un autentico vincolo di sangue. Me ne sono resa conto sulla mia pelle durante il mio recente emozionante viaggio in questo Paese. Il sentimento di accoglienza verso gli italiani si percepisce ovunque, anche se non ti hanno mai visto prima ed in effetti sembra proprio di stare a casa nostra. Qualcuno ha voluto anche scrivere commenti commoventi sui miei post Facebook.
“Un gusto haberte recibido junto a mi familia en mi casa!!”, “Cuando quieras volver estaremos esperando por ti!!” “ Italia Argentina, un solo corazon!”. Circa il 50 per cento degli argentini ha origini italiane e gli italiani che sbarcarono in Argentina alla fine dell’Ottocento e dopo le due guerre mondiali, lasciarono lo Stivale in cerca di fortuna rivelandosi persone corrette e laboriose, diventando spesso anche persone di grande successo.

Questo è stato il caso della famiglia Pallotto di Macerata, un ramo della quale emigrò alla fine dell’Ottocento mettendo le proprie radici e prosperando in Argentina. Come ama sottolineare Carlos Pallotti, specialista dell’industria del software in Argentina ed ex Segretario dei servizi tecnologici della Nazione, originario di Macerata e precisamente di Montanello: «Da una famiglia di contadini maceratesi semianalfabeti, la seconda generazione era già formata da laureati che poi hanno assunto posizioni ragguardevoli nel paese. Mio padre era un ingegnere chimico e i miei zii erano insegnanti e direttori». Ho incontrato a Buenos Aires Pallotti che avevo già intervistato in occasione di una sua visita a Macerata nel 2013.

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Pallotti con Maria Cristina Pasquali

Pallotti, nonostante la presenza consistente di emigrati laboriosi, i problemi economici rimangono ancora molto seri per l’Argentina, che è di fatto fallita molte volte nella sua storia, più di qualsiasi altro paese al mondo. Ha un’inflazione vicina al 100 per cento e oltre un terzo della popolazione che vive sotto la soglia della povertà. Come si spiega?
«In Argentina la classe politica si è rivelata spesso incapace un po’ come in Italia. A differenza dell’Italia però molte più fabbriche ed imprese sono statali ed è nella gestione di esse che lo Stato mette mano. Molte imprese appartenenti allo Stato hanno cattivi amministratori e generano deficit molto rilevanti. Il tasso di disoccupazione è elevato e lo Stato deve sovvenzionare molte persone che non hanno reddito. E il bilancio va in deficit. Ma in Argentina le cose vanno ancora peggio non essendoci il controllo dell’Europa.
In Italia l’Europa controlla i bilanci e non consente agli stati membri di andare sotto una certa quota di deficit prestabilita. Inoltre l’Argentina (come gli Stati Uniti) stampa senza controllo e limiten la sua propria moneta e questo diminuisce il valore del peso creando un’ inflazione tremenda. Prima con mille pesos si compravano due chili di carne ora solo mezzo kilo. Il valore dell’euro e del dollaro è schizzato alle stelle. Vengono cambiati a più di 400 pesos al cambio nero, cioè più del doppio del cambio ufficiale».

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La famiglia Pallotto

E’ questo il motivo per cui molti giovani argentini se ne vanno dal loro Paese e vengono a chiedere la cittadinanza in Italia?
«I giovani argentini fanno fatica a trovare un’occupazione adeguata alle loro qualifiche spesso universitarie ed emigrano in Europa per chiedere la cittadinanza del paese di origine dei loro antenati, ma lo fanno anche per poter viaggiare negli Stati Uniti senza visto. Inoltre mentre voi siete invasi da africani e asiatici che svolgono i lavori che ormai gli italiani non accettano più, così noi siamo invasi da tanti sudamericani più poveri, spesso laureati e qualificati, ma disposti a svolgere mansioni umili pur di lavorare. In modo particolare questo è il caso dei venezuelani. Lo stipendio di un operaio va dai 300 agli 800 dollari. Un impiegato massimo mille dollari. Ma il costo della vita è la metà di quello italiano. Comunque ormai l’emigrazione è un fenomeno globale e molti giovani diventano nomadi, soprattutto quelli che hanno professioni digitali».

pallotti_mari_cristina_pasquali-4-293x400Che tipo di lavoro cercano?
«La maggior parte degli argentini amano fare gli imprenditori. Questa è la differenza con l’Italia dove il posto fisso è ancora piuttosto ambito. Tutti in miei figli hanno attività in proprio e lavorano molte ore al giorno per far quadrare il bilancio e se vivessero in Italia farebbero lo stesso, nonostante le difficoltà burocratiche tasse e balzelli che potrebbe imporre lo Stato. E’ la loro vocazione che viene dall’amore per il lavoro ereditato dai loro antenati emigranti, insieme all’orgoglio di riuscire a superare l’indigenza in cui versavano. Inoltre, anche con le difficoltà che attraversa il paese in materia finanziaria, per un imprenditore è più facile sviluppare una nuova attività in Argentina che in Italia.
Nonostante l’attuale critica situazione economica in Argentina esistono colossi imprenditoriali che fatturano bilioni e bilioni di dollari. Ma esiste anche l’assegno familiare che parecchie famiglie ricevono da generazioni. A volte preferiscono fare un figlio in più per aumentare la quota dell’assistenza statale. Come in Italia queste persone ogni tanto lavorano in nero per arrotondare. C’è gente che non trova lavoro, ma anche gente che non ama il lavoro fisso, come dappertutto».

Quanti marchigiani sono emigrati in Argentina?
«In Argentina abbiamo 1 milione e cinquecentomila marchigiani. Parte degli antenati della mia famiglia emigrata da Macerata alla fine dell’ottocento rientrò in Italia, ma quelli che sono rimasti qui , come già menzionato, alla seconda generazione avevano già una laurea e si sono distinti in molti campi (ingegneria, insegnamento, medicina, farmacia, imprenditori, ect). Mio padre era ingegnere. La moglie del proprietario dell’ Hilton a Buenos Aire e di origine marchigiana. Molti imprenditori anche calciatori sono di origine marchigiana. Marta Gabriela Michetti, vicepresidente della Argentina dal 2017 al 2019, ha antenati a Macerata».

pallotti_mari_cristina_pasquali-1-325x239Come saprà ora l’Europa attraversa un periodo molto critico a causa della guerra in Ucraina e anche l’Italia ne subisce i contraccolpi in termini economici e di insicurezza. Che idea se ne è fatto?
«Per noi è sostanzialmente una guerra lontana che non ci tocca da vicino, quindi non crea una grande preoccupazione nel paese. Visto che si tratta di una guerra di potere tra la Russia e gli Stati Uniti personalmente mi aspettavo che l’Europa non si schierasse e che al contrario si impegnasse a lavorare per la pace.
Il Papa Bergoglio non possiede il carisma né l’ influenza politica che aveva Papa Wojtyla, il quale proprio il giorno che venne firmato l’accordo tra Argentina e Inghilterra per le Malvine venne a Buenos Aires e riunì migliaia di giovani e persone nella plaza de Mayo per dare un segno tangibile di appoggio all’ Argentina e per questo gli argentini lo adorarono. La piazza era invasa dai cattolici e non cattolici argentini che lo acclamavano».

E come vede lei Papa Bergoglio eletto al soglio pontificio proveniente dall’Argentina?
«Bergoglio non era disistimato qui prima di diventare Papa, ma neppure acclamato. A lui non è mai piaciuto stare al centro dell’attenzione, ma non è mai venuto a trovarci in Argentina, dopo la sua elezione, neppure per dimostrare vicinanza ai nostri problemi e questo sicuramente dispiace agli Argentini. Certo Voytila avrebbe agito diversamente.
Penso anche che questi siano tempi difficili per la Chiesa cattolica. Papa Benedetto era molto dogmatico. Francesco vorrebbe essere più un pastore che un Papa tradizionale. La chiesa perde molti fedeli anno dopo anno in America Latina, dove si trova il maggior numero di cattolici nel mondo. Molte persone si rivolgono a nuovi culti cristiani, che si sostanziano più facilmente nella causa dei poveri ed attraggono di più».

Durante i campionati mondiali di calcio del Qatar tutti gli italiani hanno fatto il tifo per l’Argentina e hanno esultato per la sua vittoria. Poi Messi è di discendenza maceratese e qui non si parlava d’altro….
«Anche in Argentina c’è stata una esplosione di felicità e i festeggiamenti sono durati a lungo. È stata una gioia immensa, un grandissimo orgoglio… quasi un riscatto dalle nostre sventure,una lunga festa, molto attesa da tutti i miei connazionali. Anzi la ministra del Lavoro argentina Kelly Olmos aveva dichiarato nel mese di dicembre che la priorità dell’Argentina ora era «vincere il Mondiale, più che combattere l’inflazione». Si è poi dovuta scusare, ma questa dichiarazione la dice lunga sullo stato delle cose in Argentina. Il calcio nel nostro paese è una passione enorme. Forse paragonabile solo a quella vissuta intensamente dal popolo napoletano o dal sud Italia. La passione per la squadra nazionale unisce i ricchi ai poveri in un abbraccio. Per un inglese, francese o americano è difficile da capire, ma è così».

A proposito di calciatori qual è l’opinione degli Argentini e sua, sulla fine di Maradona?
«La fine di Maradona era prevedibile. Anche in Argentina come altrove c’è chi lo ama a prescindere, e chi lo considera un calciatore formidabile, ma un uomo fallito. Maradona era diventato un mito ed essere “Un Dios” per uno che proveniva da una famiglia deprivata e dai quartieri più disgraziati di Buenos Aires, dove aveva appena frequentato le scuole elementari, era troppo per lui. Molto diverso è Messi (forse perché è di origine della provincia di Macerata) , una persona umile, di basso profilo ed attivamente sostenuta dalla sua famiglia. Penso non perderà mai il contatto con la realtà. ( Colgo l’occasione per salutare la mia cara Macerata che già conosco, i Maceratesi e Cronache Maceratesi )
Maradona comunque rappresenta una faccia dell’ Argentina, Messi l’ altra. Due idoli molto diversi ma entrambi molto amati».

Carlos Pallotti, imprenditore argentino-marchigiano: “Collaboriamo per crescere insieme”



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