Muore a 59 anni, donati gli organi:
una speranza per cinque persone

ATTO D'AMORE - Un uomo è deceduto lunedì all'ospedale di Camerino, la famiglia ha acconsentito al prelievo: i cardiochirurghi di Bergamo, i chirurghi prelevatori del fegato da Torino e quelli dei reni da Ancona hanno lavorato per 30 ore in modo da raggiungere l'obiettivo

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«Con un atto di immensa generosità ha salvato una vita e ha migliorato quella di altre quattro persone»: a comunicarlo Daniela Corsi, sub-commissario dell’Area Vasta 3. Il protagonista di questa storia è un 59enne, morto lunedì all’ospedale di Camerino. L’uomo, proveniente dalla terapia intensiva di Torrette ad Ancona, era arrivato all’ospedale dell’entroterra in stato di coma. Il quadro clinico però era repentinamente peggiorato a seguito di una nuova emorragia cerebrale sin quando il reparto di Rianimazione, diretto da Angelo Leo e dalla coordinatrice locale donazione Tiziana Ciccola, ha accertato la morte cerebrale.

La famiglia, già sensibile al tema della donazione, ha acconsentito al prelievo di organi e cornee. E così a Camerino sono arrivate ben tre equipe chirurgiche: i cardiochirurghi di Bergamo, i chirurghi prelevatori del fegato da Torino, e quelli dei reni da Ancona. La donazione infatti è un processo complesso che richiede la collaborazione tra diversi professionisti per diverse ore: medici, infermieri, Oss, con tecnici di neurofisiopatologia, di radiologia, biologi e persino autisti, centralinisti e personale delle pulizie dalle 6 di ieri mattina e per 30 ore hanno collaborato alla realizzazione di questo grande obiettivo.

Il trapianto consente ai pazienti una qualità della vita che nessuna altra terapia sarebbe in grado di garantire. «Voglio esprimere un grande ringraziamento ai familiari del nostro cittadino per la grande generosità dimostrata», conclude Daniela Corsi. «La donazione – ha detto l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini – è soprattutto cultura della solidarietà. Si tratta sostanzialmente di restituire un pezzo di vita a chi corre il pericolo di non averla più. Quindi è un gesto di umanità, condivisione dei valori e carità cristiana. Sono riconoscente ad Angelo Leo e Tiziana Ciccola, a tutto il personale sanitario e non per aver regalato una speranza a ben cinque persone».

 



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