Ripresa dopo la pandemia, Miccini:
«Crescita del Pil effimera
Più soldi nelle buste paga dei lavoratori»

ECONOMIA - Le parole del ceo della Giessegi di Appignano, azienda leader nel settore mobili: «Facciamo ancora fatica a superare le vendite del 2019, il che significa che l'aumento del Prodotto interno lordo è legato principalmente al maggior costo delle materie prime». Sul lavoro: «Inutile parlare di salario minimo e reddito di cittadinanza, facciamo in modo che gli aumenti di livello vadano tutti nelle tasche dei dipendenti»
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Gabriele Miccini, ceo della Giessegi

 

«Anche se con il Reddito di cittadinanza si fa fatica a trovare manodopera, io proporrei questo, come ho già fatto con i sindacati nei vari incontri in azienda: che gli aumenti di livello, almeno nel settore privato, vadano tutti al lavoratore. Ad oggi un aumento di livello all’azienda costa 3.600 euro all’anno, al lavoratore ne vanno solo 1.200 euro. Quei 3.600 euro diamoli tutti al lavoratore, in Italia si è sempre parlato di riduzione del cuneo fiscale, ma non si è mai fatto nulla». Sono le parole di Gabriele Miccini, ceo della Giessegi di Appignano, azienda leader nel settore mobili che fa il punto sull’attuale situazione del lavoro e dell’economia in questa prima vera fase di ripresa dopo la pandemia e propone una misura coraggiosa. Perché a suo modo di vedere questo aumento del Pil nazionale è “drogato” da altri fattori. «Non vorrei fare il solito scettico – continua infatti Miccini – ma tutte la materie prima sono aumentate in maniera spaventosa e ho la sensazione che questi 5-6 punti di crescita del Pil siano legati in gran parte a questi aumenti. Infatti noi facciamo ancora fatica a superare le vendite del 2019 e così anche la grande distribuzione. Certo siamo sopra ai livelli del 2020, ma ancora sotto a quelli del 2019. Quindi se i fatturati non aumentano e il Pil cresce, è chiaro che questa crescita è legata più che altro all’aumento dei prezzi. Anche l’edilizia, per esempio, sta crescendo, ma quanta di questa crescita è legata ai vari bonus messi in campo dal governo, in primi quello del 110%? Per me la maggior parte. Per questo non condivido questa euforia per l’aumento del Pil, perché non credo che sia legato al reale aumento dei consumi e della produzione. Tra l’altro con questo continuo aumento delle materie prime, c’è il rischio che anche l’inflazione riparta in modo incontrollato, andando a corrodere ancora di più il potere d’acquisto delle buste paga».  Questo per dire che anche se si vedono timidi segnali di ripresa, i veri problemi da risolvere rimangono ancora tutti sul tavolo e vanno affrontati. «Perché – aggiunge Miccini – è chiaro che questi aumenti delle materie prime metteranno in crisi il nostro settore e non solo e arriveremo al punto di non essere più competitivi sul mercato. Anche se il Pil, in queste condizioni, dovesse aumentare di 10 punti percentuali sarebbe effimero, perché chi vende prodotti finiti, con questi aumenti, avrà utili peggiori, che a cascata andranno a ripercuotersi sui bilanci e sulle tasse che si andranno a pagare allo Stato. La Cina oggi ha il controllo di molte materie prime, mentre noi siamo costretti a importare tutto. Negli anni ’90, tanto per citare un caso, avevamo un’eccellenza nella chimica, la Enimont, oggi non abbiamo più niente e siamo sempre costretti ad andare sul mercato per gli approvvigionamenti, con i cinesi che appunto fanno il bello e cattivo tempo. Questi sono i veri i problemi, che andrebbero risolti alla radice, ma nessuno ne parla, a parte qualche accenno di Draghi. Dall’altra parte invece – sottolinea il ceo della Giessegi – c’è ancora chi parla, come l’ex premier Conte, di salario minimo e reddito di cittadinanza. Tutte proposte e idee inutili che non fanno altro che danneggiare il mondo del lavoro. Ripeto, se davvero si vuole fare qualcosa dal punto di vista del lavoro bisognerebbe, a parità di costi per l’azienda, iniziare a mettere più soldi nelle buste paga dei lavoratori».

(Redazione Cm)



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