Anna De Pace, Gianfranco Cappelletti, Tonino Di Fonso
di Francesca Marchetti
«Non c’è capitale né liquidità, i mezzi sono obsoleti, non possiamo chiedere contributi al Comune perché non è mai stata presentato un bilancio negli ultimi 14 anni. Siamo preoccupati per i nostri soldi». Gli ex dipendenti della Croce azzurra di Porto Recanati questa mattina hanno incontrato la cittadinanza per tentare di chiarire la loro posizione nei riguardi dell’associazione ormai in crisi che hanno lasciato dopo mesi che non percepivano lo stipendio. Tonino Di Fonso, Anna De Pace e Gianfranco Cappelletti (assente il loro ex collega Marinelli) dal bar Giorgio in piazza Brancondi, dati alla mano, hanno reso note le cifre che mettono a repentaglio il futuro dell’associazione.
Gli ex dipendenti si sono detti molto preoccupati per la gestione passata e presente dell’associazione: «Vogliamo far capire alla cittadinanza di Porto Recanati cosa è successo realmente e come stanno andando le cose – ha affermato Gianfranco Cappelletti – Abbiamo invitato il nuovo presidente Michele Tetta, il vice presidente Mauro Monachesi e l’ex presidentessa Orietta Zazzetta anche oggi per un confronto pubblico ma hanno preferito non intervenire». Secondo i dati forniti dagli ex dipendenti, fermo restando che i rendiconti del 2018 e del 2019 non sono ancora stati presentati, e non si sa quindi la posizione economica per quegli anni, il debito con l’Asur ammonta a 130/140mila euro solo se si parla al netto dei crediti da riscuotere, altrimenti il lordo è di 290mila euro. Circa 100mila euro sono i debiti con i fornitori (di cui almeno 11mila euro per il carburante e quasi 20mila per il canone leasing di un’ambulanza). Ma la voce in capitolo più onerosa è sicuramente quella per gli stipendi e i Tfr non versati: se una delle ex dipendenti negli anni scorsi ha fatto causa per avere i 50mila euro che le spettano, i quattro ex dipendenti devono ancora avere 130mila euro di arretrati. Anche i volontari si sono fatti sentire, rivendicando i 20mila euro di rimborsi spese mai ricevuti. Si parla quindi di più di 500mila euro. «Siamo preoccupati per i nostri soldi, sono mesi che lavoriamo senza stipendi e contributi – ha dichiarato Tonino Di Fonso – Dall’estate del 2020 la situazione già difficile è crollata, nessuno ha più redatto nuovi piani di rientro e quelli degli anni scorsi non sono mai stati rispettati. Non abbiamo preso niente nemmeno a Natale, ma siamo stati comunque operativi anche facendo turni straordinari. Due di noi fanno parte della Croce azzurra dagli anni ’80, non vorremmo mai che chiuda, ma continuare così è impossibile, non possiamo riprendere il 118 né i trasporti programmati in queste condizioni. Abbiamo proposto di chiudere l’associazione per poi farla rinascere da zero, con personale formato, serio e affidabile e nuovi mezzi, al servizio dei portorecanatesi, ma non siamo stati ascoltati. Abbiamo cercato di incontrare sia il nuovo che il vecchio direttivo, ma non ci siamo riusciti». La Croce azzurra sta ancora aspettando la valutazione dopo il sopralluogo dell’Asur, ma anche se ci fosse un esito positivo, le prospettive sono incerte. «Non c’è capitale né liquidità, i mezzi sono obsoleti, non possiamo chiedere contributi al Comune perché non è mai stata presentato un bilancio negli ultimi 14 anni – continua Di Fonso – I Durc non sono in regola e finché non viene regolarizzata la questione degli stipendi l’associazione non può contrarre appalti pubblici dal Comune. Non siamo noi a chiedere il pignoramento, ma alcuni fornitori e una donna che aveva fatto causa in precedenza. Siamo anche disposti, se si procederà al pignoramento, a non intaccare il parco mezzi così che, come da statuto, il Comune che ne diventerà affidatario possa reimpiegarlo in una nuova associazione, se ci sarà».
«Dopo aver creduto alle promesse, costretti a dimetterci dalla Croce azzurra»
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