M. Cristina Pasquali e il sindaco di Macerata Parcaroli
di Francesca Marchetti
“I miei dodici anni in Etiopia nel Corno d’Africa e dintorni” è il titolo del secondo libro di Maria Cristina Pasquali, docente maceratese che racconta eventi, incontri, situazioni ed episodi di solidarietà avvenuti durante la lunga permanenza nella capitale Addis Abeba.
Dodici anni di esperienze vissute sulla propria pelle in un Paese che ormai da tempo accoglie gli italiani come forieri di novità e sviluppo, nonostante i difficili trascorsi storici che tutti conosciamo. Maria Cristina Pasquali arrivò ad Addis Abeba nel 1998 su incarico del ministero Affari Esteri e per tutto il tempo è stata professoressa di lingua inglese nella locale scuola italiana annessa all’ambasciata della capitale etiope.
Il libro è un diario/racconto corredato di foto e descrizioni suggestive che evocano il caleidoscopico mondo etiope e la sua grandiosa natura. Numerosi gli aneddoti di vita in un Paese molto diverso dal nostro: dagli aiuti umanitari delle Ong e delle missioni, di cui l’autrice è stata diretta testimone e poi promotrice, all’atmosfera internazionale che si respira nelle vie di Addis Abeba, ai rapporti con gli etiopi.
Maria Cristina Pasquali in Etiopia
L’insegnante e giornalista nelle pagine del libro racconta i viaggi che ha realizzato nel Paese che la ospitava ma anche in quelli confinanti, arrivando a scoprire villaggi isolati e panorami mozzafiato.
Professoressa, qual è il filo conduttore del libro?
«Direi la mia curiosità per l’Etiopia, che mi ha permesso di trovarmi in situazioni forti e sorprendenti, in tanti diversi ambienti, e di conoscere molte persone. Non mi sono mai fermata agli stereotipi che circolano su questo Paese perché non corrispondono alla verità; sono davvero poche le informazioni che abbiamo sulla vita in Etiopia, specialmente nella capitale. Il mio libro è una piccola finestra su questa realtà.
Ho avuto la fortuna di frequentare Ambasciate raffinate ma anche piccolissimi villaggi primitivi immersi nella natura. Ho conosciuto piloti che giravano il mondo, alte autorità, cooperanti e ambasciatori, ma sono stata anche al fianco dei missionari e della gente locale in tanti momenti di solidarietà. Nel libro c’è ad esempio la storia di “Gino”, italo-etiope che io e le mie figlie Alessia e Giorgia abbiamo aiutato nella ricerca del padre biologico.»
Come è entrata in contatto con le missioni umanitarie presenti sul territorio?
«I frati cappuccini di Recanati sono presenti in Etiopia dal 1960 nella regione Wolayta. Ho incontrato padre Tommaso Bellesi nella parrocchia cattolica di Addis Abeba grazie all’aiuto di padre Gianfranco Priori (conosciuto come frate Mago) che con i volontari stava viaggiando verso sud seguendo le poche strade che c’erano. Padre Tommaso mi ha accolta con calore, dato che siamo entrambi maceratesi, mi aggiornava sulle novità in arrivo grazie ai missionari e io iniziai a collaborare con loro. Ricordo che grazie a lui riuscii anche a riconsegnare una chiave a mia madre a Macerata in tempi record.
Successivamente coinvolsi una suora che si interessò alle attività della parrocchia dell’Immacolata di Macerata e ho seguito il progetto poi promosso a Wolisso e dintorni, a sud della capitale. Successivamente recentemente ho favorito il gemellaggio tra i Lions di Macerata e i Lions Cosmopolitan di Addis Abeba che hanno portato avanti altri progetti sempre in quella zona.»
Attualmente come sono i rapporti tra Italia ed Etiopia?
«Quello che ho potuto constatare in tanti anni è che i rapporti già da tempo si sono rappacificati, dopo le vicende del colonialismo italiano e dopo le asperità del regime totalitario Derg. Gli italiani sono ben visti dalla gente locale, grazie ai consistenti programmi di cooperazione avviati negli anni ’70. Sono numerosi i progetti scolastici e culturali che tentano di alleviare situazioni difficili come quella dei bambini di strada. Ho insegnato in una scuola finanziata dalla cooperazione italiana che contava più di 800 alunni e alunne».
In attesa che si torni a viaggiare, come possiamo avvicinarci alla cultura etiope?
«La cucina tipica è sicuramente da scoprire, anche se nei ristoranti etnici vicini a noi i sapori vengono un po’ “alleggeriti” per incontrare di più il gusto italiano. Personalmente amo i prodotti artigianali, soprattutto coperte, abiti e sciarpe decorate, la cui lavorazione è avanzata rispetto ad altri Paesi africani. Ad Addis Abeba andavo ad acquistarli nel bellissimo quartiere di botteghe artigiane».
Parco dell’Università Addis Abeba (Wiki)
Cosa le è mancato di Macerata in quegli anni e cosa le manca oggi di Addis Abeba?
«Mi manca molto il clima mite tutto l’anno, nonostante le forti piogge estive, e l’atmosfera internazionale, gli incontri con le più disparate personalità, il veder crescere la comunità nonostante la situazione politica e civile. In Etiopia mi mancava un po’ la cucina tradizionale, la mia famiglia e le dolci colline dei paesaggi, simboli delle mie radici maceratesi. Sono molto soddisfatta delle mia esperienza africana, credo che chi nasce in provincia debba viaggiare e aprire la mente, esplorare luoghi e culture, e poi, se vuole, tornare».
Il libro è in vendita alla casa editrice Edizioni Simple nella sede di via Trento 14, telefono 0733 265384, o si può richiedere direttamente all’autrice scrivendo all’indirizzo email mariacristina.p2505@gmail.com
Copertina del libro di Maria Cristina Pasquali
Non solo chi nasce in provincia
fatto bene
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Complimenti, Cristina.