di Claudia Brattini
Il mais è arrivato in Europa con la scoperta dell’America, fu proprio Cristoforo Colombo che al ritorno dal suo primo viaggio menzionò un nuovo cereale indicato dagli indigeni dell’isola di Cuba con il nome di “Mahiz”.
Nel 1500 seguì un enorme sviluppo nella coltivazione in virtù del consumo del suo derivato principale: la polenta, che è diventata la principale fonte alimentare nella dieta di tutti i giorni per le popolazioni dell’Europa centrale del secolo scorso.
La farina che si ottiene dalla macinatura è una farina integrale che contiene anche la parte esterna del seme, in altre parole il rivestimento fibroso, e il germe che rappresenta la parte interna. La farina di mais, contiene potassio, fosforo e una modesta quantità di ferro, è naturalmente priva di glutine, e pertanto è adatta anche all’alimentazione dei celiaci.
Quest’alimento che nel passato ricopriva un ruolo predominante è stato lentamente abbandonato, negli ultimi decenni sono state fatte, tuttavia, campagne di raccolta e descrizione delle numerose varietà locali.
Oggi, la polenta sta tornando alla ribalta assumendo un ruolo importante; non è più considerato piatto dei poveri, bensì una proposta alimentare da valorizzare.
Riscoprire gli antichi sapori non solo ci riporta indietro nelle tradizioni familiari ma sostiene l’economia locale in un contesto “a chilometro zero” più sostenibile.
Valorizzazione delle varietà tradizionali di mais ancora presenti nelle Marche. “30 dì, 60 polente”
Quest’antico proverbio marchigiano dimostra quanto in passato fosse comune la polenta nell’alimentazione quotidiana della nostra regione, tanto da essere presente almeno in un pasto il giorno.
La regione Marche ha visto la diffusione del mais dal 1700 e vanta un prodotto autoctono, il quarantino nostrano: una varietà locale tipica del maceratese, nelle due versioni giallo e rosso scuro, prezioso proprio per i diversi ecotipi che racchiude.
Il mais ottofile di Treia è una varietà locale di mais da polenta tipica della zona del maceratese che prende il nome proprio dalle zone in cui da tradizione è coltivato.
Tuttora, infatti, viene coltivato, seppur da pochi agricoltori, in tutta l’area collinare e pedemontana della provincia di Macerata.
Per onorare e celebrare le antiche tradizioni rurali, si organizzano feste e sagre in cui si rivivono ancora oggi le usanze contadine come la trebbiatura, o ad esempio il forte spirito di comunità che pervadeva la fase dello “scartocciare “ le pannocchie, che erano ripulite poi legate le une alle altre e messe a essiccare sotto forma di caratteristiche trecce. Antiche usanze, queste, che venivano accompagnate da canti e balli del folklore locale.
La farina marchigiana, tradizionalmente macinata finemente a pietra, è particolarmente adatta alla preparazione della polenta, dall’odore delicato e il sapore particolarmente gradevole.
Nelle marche, non a caso, la tradizione culinaria ha creato a piatti straordinari in cui la polenta si sposa alla perfezione con diversi condimenti come le erbe “strascinate”, il brodetto di pesce, le salsicce o il sugo di “costarelle” di maiale.
Oltre alla polenta, la farina di mais si può utilizzare anche per preparare dolci e pane. Proponiamo la ricetta per preparare dei panini al mais croccanti fuori e morbidi dentro, con un delicato sapore che ricorda la polenta.
Ingredienti per circa 15 panini:
• 400 g farina 00
• 250 g Farina di mais giallo (quella per polenta)
• 350 g acqua a temperatura ambiente
• 15 g Lievito di birra
• 30 g Olio extravergine d’oliva
• 1 cucchiaino di Zucchero
• 1 cucchiaino e mezzo di Sale fino
• Semi di sesamo (facoltativo)
Mescolare le due farine in una ciotola capiente. Aggiungere il lievito di birra sciolto in mezzo bicchiere di acqua insieme allo zucchero.
Aggiungere l’olio e continuare a impastare, per ultimo unire il sale. Spostare l’impasto su di un piano infarinato e impastare per 5 minuti.
Quando l’impasto sarà omogeneo e si staccherà facilmente dalle mani riporre coperto a lievitare per almeno 2 ore.
Ricavare dei panini, spolverarli di farina di mais e semi di sesamo, lasciarli lievitare ancora per un’ora coperta e poi cuocere in forno preriscaldato a 190 gradi per circa 25 minuti.
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Complimenti alla giornslista, per i contenuti dell’articolo. Un solo appunto, non sono “pochi agricoltori” a coltivare il mais quarantino di Treia, ma un’unica azienda agricola in località S. Maria in Selva di Treia.