Natalia Conestà
«Manca la prevenzione, una cabina di regia che conosca la salute pubblica e la sensibilizzazione dei pazienti». Natalia Conestà, coordinatrice provinciale ed esponente regionale di Democrazia Solidale e membro dell’assemblea nazionale di Demos, lamenta questa carenza nella nuova amministrazione della Regione e scrive una lettera al governatore Francesco Acquaroli, soprattutto per offrire cinque punti da attuare in maniera rapida: «rinforzare le Usca e documentare come lavorano, fornire informazioni chiare tramite linee guida di comportamento, tranquillizzare i pazienti con una mirata campagna mediatica ed effettuare visite domiciliari e dare un supporto e-medicine costante».
Francesco Acquaroli
«Come Demos Marche – scrive Conestà rivolgendosi ad Acquaroli – non possiamo non cogliere la sua volontà di restare vicino ai cittadini marchigiani in questo periodo di seconda ondata Covid-19. Così come non possiamo non riconoscerle la volontà di ascoltare i vertici della sanità marchigiana e tutto il personale medico e non medico in prima linea. Tuttavia, si protrae nella nostra sanità l’approccio “ospedaliero” e non quello preventivo, di cui pur si parla, ma resta solo nelle parole. Non parliamo qui tanto di prevenzioni in senso di frenare la trasmissione dell’infezione, per cui già si sta lavorando. La prevenzione continua con l’approccio “domiciliare”. Infatti, sono di queste ore le lamentele di chi avendo fatto ricorso all’ospedale per restare in osservazione, lamenta di stare in dei container nell’ospedale di Macerata e di quanto questo non sia dignitoso. Certo non è dignitoso ma è per evitare il contagio all’interno dell’ospedale dove sono ricoverati altri malati, e questo va spiegato, in quanto è una soluzione emergenziale. Sarebbe molto più dignitoso, però, che i pazienti possano restare a casa sotto osservazione del medico di base attraverso le Usst (Unità Speciali di Sorveglianza Territoriale) in stretto coordinamento con le Usca (Unità Sanitarie di Continuità Assistenziale)».
L’ingresso del Covid center di Civitanova
Dopo questa premessa, la biologa specializzata in sanità pubblica con trent’anni di esperienza internazionale con l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Istituto nazionale di sanità, Organizzazioni non governative (tra cui Save The Children e Medici Senza Frontiere), entra nel merito e approfondisce le lacune da lei osservate. «Manca una cabina di regia che conosca la salute pubblica e manca la sensibilizzazione dei pazienti che per paura di repentini cambiamenti della loro salute chiedono di essere ammessi in ospedale. Da qui l’ingolfamento di molte strutture ospedaliere. Che il Fiera-Covid non fosse risolutivo lo avevamo detto la scorsa primavera, a chi pensava di liberarsi dal Covid nei corridoi degli ospedali (non solo quindi per l’ubicazione contraria agli standard sanitari nazionali e dell’Oms in quanto sarebbe essere adiacente ad un ospedale) – prosegue -. Ci troviamo, ora, davanti a riflessioni tipo: “manca un modulo per coloro in terapia che hanno bisogno di essere monitorati… ma passare questo tempo in un container è un’offesa alla dignità della persona” oppure “il Covid Center è per i pazienti in terapia intensiva o semintensiva”. Grazie, lo avevamo previsto, così come avevamo previsto che la disobbedienza alle più normali regole di prevenzione e l’istigazione a non seguire le regole da parte di taluni, sarebbero state dannose alla nostra libertà (non la mascherina) e alla nostra economia».
Natalia Conestà a Civitanova, ex candidata al Consiglio regionale Demos
Natalia Conestà arriva alle proposte offerte ad Acquaroli. «Non le scriviamo per ricordarle questo (poiché lei è una persona intelligente e lo sa benissimo), ma per chiederle di intervenire immediatamente come segue: rafforzare le Usca (numero di medici disponibili formati e strumentazione per il monitoraggio dei pazienti a casa), documentare come lavorano le Usca per tranquillizzare i pazienti, dare una informativa chiara attraverso linee guida di comportamento e a chi indirizzarsi, campagna mediatica volta a rassicurare i pazienti chiedendo di restare a casa e supporto di e-medicine costante e di visite domiciliari – si legge nella lettera -. Se durante l’estate si fosse fatto quello che il nostro appello del maggio scorso chiedeva, cioè un centro di salute pubblica che avrebbe dovuto occuparsi dei punti di cui sopra, e se i vertici dell’Asur ci avessero degnati di riceverci e di rispondere alla lettera in allegato, saremmo più preparati. Ci duole, perché sapendo cosa si può fare non lo facciamo e stiamo sempre a guardare da chi parte sta questo o quello – si avvia verso la conclusione Natalia Conestà -. La scrivente è dalla parte della salute dei cittadini e di tutte le persone di buona volontà come, per quanto l’ho conosciuta, credo lo sia Lei, signor Presidente e alcuni dei suoi collaboratori. Purtroppo, l’approccio ospedaliero è stato sempre più redditizio dell’approccio preventivo, nel breve termine e per alcune categorie di sanitari, dispiace dirlo, ma nel lungo termine l’approccio preventivo paga con buoni risvolti su persone e economia. Proprio per questo un tale “switch” richiede un nuovo approccio che può essere fatto solo da personale abituata a lavorare in salute pubblica, intesa come modello: la sanità non è solo ospedale e la salute non è solo sanità. Non per nulla l’Emilia-Romagna e il Veneto, regioni più aperte all’innovazione, hanno gestito meglio la pandemia. Non meravigliamoci, quindi, se in alcuni Paesi il Covid è più sotto controllo che da noi».
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