di Luca Patrassi
Una colpa medica per un episodio del 2003, un’azione tendente ad ottenere il risarcimento dei danni e una sentenza del tribunale che nel 2010 condanna in solido l’allora Usl 14, quella di Recanati, e un primario ospedaliero al pagamento di circa 800mila euro alla parte ricorrente. Una vicenda come ce ne sono state decine, quando si tratta di colpe mediche si evocano aspetti che hanno riflessi sulle persone e sulle casse dei coinvolti, privati o enti pubblici che siano. Al di là della vicenda che ha purtroppo toccato nel 2003 la famiglia di un paziente, a colpire, nella lettura dell’ultima determina pubblicata qualche giorno fa all’albo pretorio dell’Asur Marche ora guidata dalla dottoressa Nadia Storti, è l’aspetto burocratico che conferma ed “esalta” tutti i luoghi comuni sull’argomento. Il Tribunale di Macerata condanna l’allora primario di un importante reparto ospedaliero e l’azienda sanitaria al pagamento di 800mila euro di danni. E’ il 2010. Le sentenze si rispettano, ma con calma. Nel dicembre 2013 il direttore Asur pro tempore scrive al primario invitandolo ad adempiere al pagamento per la sua parte. Il medico in questione nulla risponde, e tantomeno paga, ed a giugno del 2014 l’Asur paga la cifra indicata nella sentenza, “fatto salvo il diritto di rivalsa”. Come scritto negli atti. Passano appena 3 anni e quattro mesi e nell’ottobre del 2017 il direttore protempore dell’Asur regionale firma un “mandato professionale al fine di esercitare l’azione di rivalsa”. Passano altri due anni, o quasi, e il 17 luglio del 2019 il direttore regionale Asur formalizza il conferimento dell’incarico professionale per gli atti giudiziari. Il 16 ottobre dello scorso anno il Tribunale di Macerata autorizza la procedura esecutiva autorizzando il pignoramento di 1/5 della parte eccedente l’assegno sociale, aumentato della metà, della pensione dell’ex primario. L’Asur deve riavere dal medico in questione circa 440mila euro. Nei giorni scorsi il direttore generale protempore ha autorizzato il pagamento della parcella all’avvocato per l’ultima puntata giudiziaria, poco meno di 7mila euro. Come è finita? Non è dato sapere, ma è possibile dedurlo. Di recente il medico in questione è morto, possibile dunque che non gli sia stato pignorato neanche un euro, visto che non sembra si possa pignorare la pensione al coniuge eventualmente superstite. Una domanda, però, andrebbe fatta ai burocrati protagonisti – protempore, perché ogni due o tre anni cambiano – della questione. Così, per capire come (non) funziona.
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