Overtime, la voce “Mondiale” di Caressa:
lezioni di vita tra Pirlo, Sacchi e Allegri

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Da sinistra, Fabio Caressa e Marco Ardemagni

di Leonardo Giorgi (foto di Andrea Petinari)

La vita come la “maledetta” di Pirlo: «L’esecuzione perfetta di un’idea è più importante di un’idea stessa. Andrea osservava Juninho tirare le punizioni e aveva capito che per fare gol la cosa importante era far scendere la palla all’ultimo minuto. Così nacque quella maledetta, dopo migliaia di palle sparate altissime a Milanello. Tutti abbiamo un talento, dobbiamo solo lavorare per farlo venire fuori». Fabio Caressa racconta così le storie di calcio e di uomini raccolte nel suo libro “Sono tutte finali”, presentato ieri sera in piazza Cesare Battisti a Macerata per la terza serata del festival Overtime.

fabio-caressa-overtime-festival-2019-foto-ap-6-325x217Insieme a Marco Ardemagni, conduttore di Caterpillar, Caressa è stato protagonista di una chiacchierata seguita da centinaia di persone, tra domande sul calcio di ieri, quello di oggi e sugli infiniti pezzi di storia sportiva segnati dalle sue parole. «La famosa “maledetta” – spiega Caressa – deriva da una mia telecronaca. Il Milan affrontava una Juve che aveva perso per infortunio sia Buffon che Abbiati, tanto che dovette mettere tra i pali Chimenti. Ci fu una punizione per il Milan e Pirlo per la prima volta riuscì a fare gol con quella tecnica. La palla scese tutta d’un tratto davanti al povero Chimenti, rimbalzò a terra e andò in rete. Lì dissi “questa è una palla maledetta” e rimase il nome». Come Pirlo, altri geni del calcio sono tra i protagonisti del libro del telecronista di Sky. «Tra gli allenatori, due più di altri hanno cambiato il calcio per sempre: Sacchi e Guardiola. Come tutti i geni nella storia, hanno cominciato a vedere il mondo da una prospettiva diversa. Sacchi vedeva il campo dall’alto, Guardiola invece ha visto il tempo. Lo ha rallentato nel tiki taka e lo ha velocizzato all’estremo nel recupero palla». Visioni agli antipodi del “cazzeggio creativo” di Massimiliano Allegri, a cui Caressa ha dedicato un capitolo nel manoscritto. «Allegri ha capito che in una partita parte una fase diversa e più intensa del gioco dal 75esimo. E, come nella vita di oggi dove la tecnologia ci fa fare più cose nello stesso tempo, è importante mantenere la qualità del nostro lavoro alta fino alla fine. Per questo Allegri divide fin dall’inizio la partita in 14 giocatori, non 11. Sono 14 titolari. E inoltre Allegri è ben consapevole che spesso un problema si risolve nei momenti di ozio. Ti fermi, stacchi con la testa, stai con gli amici, entri in contatto con una realtà diversa e all’improvviso trovi una soluzione». fabio-caressa-overtime-festival-2019-foto-ap-2-325x217Tra una breve lista di alcuni dei giocatori che più lo hanno emozionato («Maradona, Messi, Totti, Del Piero, Cruijff, Trezeguet, Zidane e Ronaldo il Fenomeno») e il livello attuale delle squadre in corsa per la Champions League («Difficile fare previsioni a ottobre, ma tra le prime quattro vedo Bayern Monaco, Juventus, Barcellona e Liverpool»), Caressa ricorda la notte dopo la finale dei Mondiali di Germania del 2006. «Ero nel pullman per tornare in Italia e pensavo tra me e me: “Bene, ho 39 anni e ho raggiunto l’apice della mia carriera. Non potrò più rivivere un momento del genere”. Ma lì mi sono subito detto di puntare a migliorarmi ogni giorno. E’ stato il modo giusto per andare avanti e rinnovarmi. La prima cosa che feci fu riascoltare la telecronaca e capire gli errori che avevo fatto, così da lavorare subito su quelli. Per quanto riguarda la Nazionale, vedo gli Azzurri di Mancini nella top 4 del prossimo Europeo». In conclusione, prima di fermarsi a firmare le copie del libro e a farsi foto con il pubblico, Caressa ha riassunto con poche parole il senso della sua fatica letteraria: «L’importante è ricordarsi di avere sempre coraggio delle proprie idee».

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Caressa con il sindaco di Macerata, Romano Carancini

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