di Paola Nicolini*
Crescere è un gioco bellissimo e Giocare è un diritto universale che va riconosciuto a tutte le bambine e a tutti i bambini del mondo.
Il gioco è una cosa tanto fondamentale nello sviluppo umano da essere indicato esplicitamente come un diritto nella Convenzione sui Diritti dell’Infanzia all’Art. 31, 1 – 2, che così recita:
Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.
Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali.
Per secoli il gioco è stato visto come un’attività disistimata quanto al suo significato e al suo valore, legata alla spensieratezza, al divertimento, alla ricreazione e per il suo carattere non finalizzato. Confinato nella sfera del tempo libero, spesso ha assunto la funzione di premio, di ricompensa e di rinforzo di condotte positive, mentre il suo valore intrinseco è stato negato e il suo significato autentico disconosciuto. Studi e ricerche in campo psico-pedagogico e non solo, tuttavia, hanno mostrato il valore propulsivo dei formati di gioco per lo sviluppo cognitivo, linguistico, sociale ed emotivo-affettivo, nonché per tutti i tipi di apprendimento. Il gioco infatti si caratterizza per la dimensione di divertimento che lo accompagna, in quanto per sua natura il gioco sussiste fintanto che i giocatori hanno interesse e voglia di giocare, essendo basato su una forma di soddisfazione e di motivazione intrinseche (a differenza del lavoro, che invece si basa sulla necessità di raggiungere un risultato estrinseco e di norma deciso dall’esterno).
Se dunque giocare fa crescere bene, a tutti i bambine e le bambine andrebbero riconosciuti ampi spazi e momenti di gioco, mentre sempre più la vita infantile assume le caratteristiche di quella di un lavoratore, costretto a uscire di casa la mattina e a tornare la sera avendo attraversato diverse occasioni e attività non sempre divertenti, per lo più non scelte secondo proprie motivazioni, in cui l’impegno verso il raggiungimento di un prodotto o di una prestazione la fanno da padrone, in barba alle motivazioni intrinseche e al piacere di fare. Questo è tanto più vero per bambine e bambini con disabilità, perennemente impegnati a dover recuperare i traguardi non raggiunti, le tappe di sviluppo alle quali arrivano in ritardo, costantemente valutati secondo lo standard di un percorso di crescita considerato tipico, che ha come conseguenza il non prendere in considerazione come a sé stanti le loro a-tipicità.
Questo è tanto vero che se un genitore o un educatore o un insegnante volesse scegliere un gioco o un giocattolo adatto al divertimento e al piacere di una bambina o di un bambino con disabilità, avrebbe pochissime possibilità di trovarne sul mercato sia perché pochissimi sono i rivenditori specializzati in quest’ambito, sia perché pochi sono i giocattoli che “rappresentano” personaggi con disabilità. Le eccezioni si contano sulle dita di una mano o poco più.
Da questa considerazioni e dalle tante richieste e suggestioni arrivate all’azienda Clementoni S.p.A. da genitori e insegnanti in relazione all’uso dei giochi da parte di bimbe e bimbi con diverse abilità, nasce il progetto “Diverse abilità in gioco”. Prende così le mosse una collaborazione tra l’azienda e due Atenei italiani quali l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l’Università di Macerata, chiamati a sostenere un processo di comprensione e di consapevolezza, da parte dell’azienda, sulle qualità richieste a giochi e giocattoli per supportare i percorsi di sviluppo di bambine e bambini con disabilità.
La Clementoni ha inteso affrontare il compito volendo mettere a disposizione del pubblico informazioni precise sulla validità dei giochi presenti all’interno del proprio catalogo, se utilizzati da bambini e bambine con disabilità. In tal modo sarà possibile identificare i giochi e i giocattoli più utili e adatti, trovandoli a disposizione nei punti vendita diffusi sul territorio, senza doversi impegnare in difficoltose ricerche. La ricerca, presentata in più consessi di tipo scientifico, si avvia ora alla sua fase conclusiva, grazie anche al coinvolgimento e all’attiva collaborazione con l’Anfass di Macerata.
L’azienda sarà in grado a breve di offrire un servizio informativo scientificamente supportato per i genitori e gli insegnanti, basato su una solida metodologia di analisi multi-metodo e utile a sostenere una più consapevole e mirata scelta dei giochi offerti dall’azienda per bambini e bambine con disabilità. Il catalogo, in via di ultimazione, sarà via via arricchito e completato, seguendo la produzione e i suoi continui aggiornamenti.
All’interno della settimana che l’Università di Macerata dedica ai temi dell’inclusione, nella giornata del 6 dicembre i primi risultati di questo articolato progetto saranno presentati presso la sede dell’Anffas a Macerata, all’interno di un convegno programmato per la mattina e di workshop che si terranno nel pomeriggio di fronte al negozio Tuttoincluso, di recente apertura nel centro di Macerata e gestito dall’Anffas.
La stampa è invitata a prendere parte all’iniziativa.
Le attività di ricerca si sono svolte grazie al lavoro di docenti, dottorandi e studenti delle due università coinvolte, coordinati dalle Professoresse Antonella Marchetti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Paola Nicolini dell’Università di Macerata, coadiuvate dai dott.: Noemi del Bianco (UniMc), Sara D’Angelo (UniMc), Livia Kazantseva (UniMc), Tamara Lapucci (Clementoni), Giulia Messere (UniMc), Federica Nardi (UniMc), Matteo Papantuono (UniMc), Francesca Sangiuliano Intra (UniCatt), Arianna Zanchi (UniCatt).
*Paola Nicolini Università di Macerata psicologa e psicoterapeuta – docente di psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione
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Visto quanto scritto ho l’impressione è che si stia inventando l’acqua calda. In particolare mi chiedo chi impedisca ai bambini di giocare (e di studiare).
Nell’agosto del 1980 feci il primo corso di Istruttori minibasket a Madonna di Campiglio, docente il Prof.Maurizio Mondoni. Ebbene già veniva trattata l’importanza del gioco nella vita del bambino.”giocare è una cosa seria”.
Questi erano gli argomenti che trattavamo il aula nelle lezioni teoriche:Il gioco è il lavoro del bambino, egli afferra il mondo che lo circonda, toccando, muovendo,prendendo, manipolando gli oggetti.Nel gioco, deve essere permesso a tutti i bambini di sviluppare idee, saggiare le proprie capacità, di capire e commettere errori.
Per il bambino il gioco e una attività seria di cui non può fare a meno, toglietegli il gioco e lo avrete ferito in profondità, privandolo di una esperienza necessaria per la sua crescita.
Infine l’adulto (istruttore)deve essere attento a queste situazioni:
CI SONO PICCOLI OCCHI CHE OGNI GIORNO OSSERVANO QUELLO CHE TU FARAI….
E GIOVANI ORECCHIE CHE OGNI GIORNO ASCOLTERANNO QUELLO CHE TU DIRAI….
E MANI INESPERTE CHE VORRANNO IMITARE CIO’CHE TU MOSTRERAI….
C’E’UN BAMBINO CHE OGNI GIORNO SOGNA DI DIVENTARE COME TE.
TU SEI L’ESEMPIO PER UN PICCOLO UOMO CHE VUOLE CRESCERE NEL MODO IN CUI SEI CRESCIUTO.
E PER QUESTO NON DUBITA MAI DI TUTTO QUELLO CHE FAI.
I SUOI OCCHI SONO SPALANCATI SU DI TE E LA SUA MENTE E’ CONVINTA CHE TU HAI SEMPRE RAGIONE………..
SII UNA BUONA GUIDA PER CHI VUOLE CRESCERE E DIVENTARE GRANDE.