Diverte “Lu matrimoniu
a casa de Mengrè”

RECENSIONE - Al teatro Don Bosco di Macerata è andata in scena la tradizione con la commedia  di Pietro Romagnoli

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di Walter Cortella

Con “Lu matrimoniu a casa de Mengrè” la rassegna Gran Galà del dialetto ha compiuto metà del suo percorso alla ricerca dei dialetti della Marca, in omaggio a Silvio Spaccesi, l’indimenticato attore maceratese che ha tenuto alta la tradizione del nostro teatro in vernacolo. La divertente commedia, scritta qualche anno fa da Pietro Romagnoli e portata alla ribalta dalla Compagnia Lucaroni di Mogliano, è in vista della centesima replica, un bel traguardo che ci dà la misura del successo che incontra da tempo presso il pubblico. La vicenda è ambientata intorno agli anni ’60, nelle nostre campagne ed ha come tema centrale il matrimonio tra due giovani appartenenti a famiglie contadine che, a causa dei comportamenti bizzarri del vecchio Vasì e del nipote Angiulì, si guardano in cagnesco. Anna (figlia di Neno e Peppa) e Valentì (figlio di Rigo e Firmina) si vogliono bene e vorrebbero coronare il loro sogno d’amore ma i dissapori tra le famiglie d’origine emergono proprio nel momento più delicato della preparazione al matrimonio, quello della ripartizione delle spese da sostenere per la cerimonia nuziale. A chi spettano le spese degli abiti degli sposi? Chi deve pagare il pranzo? Chi ha addirittura l’onere di provvedere all’acquisto degli scendiletto?

Peppa-e-Anna

Peppa e Anna

L’autore, per soddisfare queste curiosità che allo spettatore di oggi appaiono a dir poco singolari, si riallaccia alle tradizioni locali di un tempo, in particolare al matrimonio dei suoi genitori. Per solida consuetudine, il corredo nuziale, preparato con amore e tanti sacrifici nel corso di lunghi anni, spettava alla famiglia della sposa. Era un bene importante e costoso e l’usanza imponeva che qualche giorno prima della cerimonia il comò con i cassetti aperti venisse portato in giro per il paese su un carro trainato dai buoi, affinché tutti potessero costatare la consistenza del corredo. Tradizioni d’altri tempi! Da anni ormai il matrimonio si affronta in modo molto diverso, con un rituale ridotto ed il corredo non è più compito delle mamme. All’occorrenza gli sposini comprano quello che serve, cash and carry, e via! Merito, dunque, a Pietro Romagnoli che ha rispolverato tradizioni tramontate per sempre.

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Nonno Vasì e don Vincè

La sua commedia è brillante, ricca di situazioni davvero comiche che tengono il pubblico costantemente sulla corda. Si ride dall’inizio alla fine, con battute argute ma garbate. E poi c’è la forza del vernacolo che dà colore ad espressioni genuine che vanno sempre a segno. Per chiudere in bellezza, c’è un finale a sorpresa con il parroco don Vincè che però non svelerò. Una performance positiva, quella fornita dai componenti del cast che hanno saputo dare consistenza ai singoli personaggi, definiti peraltro con cura dall’autore-regista. Tuttavia, sono da sottolineare le riuscite caratterizzazioni dello stesso Romagnoli (Neno), vittima dell’arcigna moglie Peppa (Cecilia Cesetti), di Maurizio Conti (Rigo, dai mille tic), di Paola Cruciani, nei panni della saccente e pretenziosa Firmina e, infine, Piergiuliano Lignini, il bizzarro nonno Vasì. Una citazione a parte merita Brigitta Ferretti, per la particolare coloritura del suo personaggio, Minella, la matura vicina di casa. Un piccolo ruolo interpretato alla grande. In apertura di serata è intervenuta la dr. Elisabetta Marcolini, presidentessa dell’Avis di Macerata, che ha illustrato brevemente al folto pubblico del Don Bosco le finalità e le molteplici attività della benefica Associazione.

(Foto di repertorio)

Firmina-e-Rigo

Firmina e Rigo



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