Anche l’Università di Macerata ha partecipato alla Cerimonia del ricordo e delle scuse, che si è tenuta a Pisa nel cortile del Palazzo della Sapienza, a 80 anni di distanza dall’adozione del primo provvedimento antisemita del regime fascista.
«Un’iniziativa doverosa, attraversata da un sentimento di partecipazione intenso e coinvolgente», è stato il commento del rettore Francesco Adornato, che ha rappresentato l’ateneo maceratese, sottolineando la forza di un gesto tanto semplice quanto significativo come l’abbraccio commosso tra il rettore dell’università di Pisa Paolo Mancarella e la presidentessa delle Comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni. In questo modo solenne le università italiane hanno riconosciuto le proprie responsabilità per l’applicazione delle leggi razziali che, solo in ambito universitario, hanno portato all’allontanamento di 448 docenti e all’espulsione di 727 studiosi, oltre a colpire un migliaio di studenti.
L’intera accademia italiana era presente e ha fatto ammenda per gli atti che hanno visto il mondo universitario silente e complice verso le scelte del regime che giunsero fino all’emanazione delle leggi razziali. «Ci sono giorni in cui è bene che il presente incontri il passato, oggi abbiamo voluto che fosse uno di questi», ha ribadito Mancarella. Prendendo poi la parola, Noemi Di Segni ha sottolineato che «oggi, in questo ateneo, dinanzi a noi – rappresentanti delle comunità ebraiche in Italia – con emozione e solennità sono state pronunciate parole e riflessioni importanti che abbiamo ascoltato con il cuore e con la mente. E’ importante oggi non solo studiare la storia, e saper dire a voce alta – questa è verità, questo è accaduto a cittadini italiani, questo è successo nel nostro Paese, questi furono i comportamenti dell’accademia e della comunità degli scienziati».
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L’università non deve farsi perdonare solo l’atteggiamento complice e silente di fronte alle leggi razziali (con le quali Mussolini peraltro tradì vilmente i molti italiani di ascendenza ebraica, compresi intellettuali e accademici, che lo avevano sostenuto) ma anche la sudditanza e l’opportunismo della precedente adesione totale al giuramento di fedeltà al fascismo, cui si sottrassero poco più di una decina di docenti e tra questi quel gigante dimenticato di Antonio De Viti de Marco, che insegnò pure a Camerino e Macerata e fu grande amico, nella vita e nelle idee, del nostro (non sufficientemente ricordato e studiato) Maffeo Pantaleoni.