di Gianluca Ginella
Una «piccola Squadra mobile di campagna» che nel corso di 18 anni ha messo a segno operazioni a 360 gradi e che hanno portato anche alla prima condanna nelle Marche per associazione di stampo mafioso. Droga, pedopornografia, prostituzione, rapine «in diciotto anni in questo ufficio non ci si è fermati un momento» dice il vice questore Albini che quella piccola Squadra mobile, capace di risultati al pari di uffici ben più grandi, l’ha diretta per 18 anni. Resterà a capo dell’ufficio fino al 17 giugno, poi dal 18 sarà a capo della Squadra mobile di Lecce (leggi l’articolo).
Entrando in questura, percorsi un paio di corridoi che fanno un percorso a elle, si incontrano delle scale che scendono. Pochi gradini e una scritta sopra alla porta che accede ad un altro corridoio: “Squadra mobile”. Lì i poliziotti che ci lavorano sono divisi in uffici che si occupano delle indagini che spaziano da quelle per droga a quelle sui minori e le violenze, alle rapine. Alla fine del corridoio c’è l’ufficio del dirigente.
Il vice questore Alessandro Albini con sulla sua scrivania fucili e droga sequestrati nel corso di una delle operazioni della Mobile
In quell’ufficio, tappezzato di riconoscimenti e stemmi, ogni mattina da circa 18 anni (esattamente dal febbraio del 2001) entra il vice questore Alessandro Albini. Originario di Roma, 46 anni, quando è arrivato a Macerata veniva da Trapani (era la fine del 2000 e dirigente della mobile lo è diventato alcuni mesi dopo). Chissà se quando è arrivato in città pensava che un giorno, andando ad assumere un nuovo incarico avrebbe detto ciò che dice oggi: «Macerata è casa mia. I miei figli sono nati qui e vivono in questa provincia. Sicuramente ci tornerò spesso. Lascio una terra bellissima, fatta di persone per bene, assetate di legalità e giustizia». Tante le operazioni che in questi 18 anni sono state trattate negli uffici della Mobile. «Ricordo che quando sono arrivato abbiamo iniziato con quelle contro lo sfruttamento della prostituzione sulla costa – dice Albini –. C’è stato il caso Carletti. C’è stata l’indagine Lolita contro la pedopornografia: abbiamo individuato un gruppo di persone che si scambiavano materiale via posta, 14 gli indagati e perquisizioni in tutta Italia».
Un’altra operazione nel 2012 ha portato al sequestro di 180 chili di droga «l’operazione Jadera, svolta insieme alla polizia croata e francese con l’arresto di uno skipper di Civitanova – racconta il capo della Mobile –. A quell’indagine ci avevamo lavorato in quattro. Ricordo gli arresti per il colpo al caveau della Fitist. Le operazioni sullo spaccio dei nigeriani, iniziate ben prima del caso di Pamela Mastropietro, con corpose informative già nel 2016 e 30 indagati: l’operazione Revenant, in cui abbiamo ricostruito migliaia di cessioni di spaccio in città». Poi c’è l’operazione Gustav, quella che ha portato al processo e alle condanne per i fatti della Mafia della movida. «E’ una attività nata e conclusa dalla piccola Squadra mobile di campagna, come la chiamo, grazie ad intuizioni brillanti. Per la prima volta nelle Marche abbiamo accertato che esistono organizzazioni assimilabili a quelle mafiose». Estorsioni, droga, armi, incendi c’era di tutto in quella indagine. A gennaio c’è stata la sentenza di primo grado con condanne per gli imputati, complessivamente a oltre 130 anni. Più recenti sono l’arresto di un albanese trovato in casa con 1,7 chili di cocaina, gli arresti per una rapina in un bar di via Roma con gli agenti che hanno lavorato pure a Pasqua per arrivare a mettere le manette a uno dei presunti responsabili. Altre indagini recenti quelle al pozzo dell’orrore di Porto Recanati con l’inchiesta che poi è passata alla procura di Ancona e i tanti blitz all’Hotel House contro lo spaccio. L’ultimo ieri pomeriggio. «Ho avuto la fortuna di lavorare con ragazzi che hanno una sete di giustizia senza eguali. Questo è un lavoro che si fa con passione, senza non si potrebbe fare. Se ho ottenuto questo nuovo incarico prestigioso lo devo a loro – ha detto albini –. Macerata può stare tranquilla che ci sono persone valide e coordinate da un procuratore straordinario, a cui mi lega un senso di affetto oltre che di profonda stima, che è sempre stato un punto di riferimento. Non c’è una indagine di cui non conoscesse ogni dettaglio».
Nell’ufficio in fondo al corridoio della Mobile, dal 18 giugno siederà un nuovo dirigente, il commissario capo Maria Raffaella Abbate che viene dalla questura di Reggio Emilia. «Non la conosco ma ho avuto modo di parlarci al telefono – dice Albini –. Mi è parsa molto preparata. Le piace quello che viene a fare. Sono certo di lasciare l’ufficio in ottime mani. Si troverà a lavorare con eccezionali, molto valide e preparate. Persone che conoscono il territorio come le loro tasche, tanto che quando accade qualcosa sanno subito dove si possono indirizzare le indagini. Questa è una cosa importantissima». Infine c’è un nuovo incarico: «lo affronto con il massimo impegno e nella speranza di ottenere i risultati avuti qui».
Cambio al vertice della Mobile, Alessandro Albini va a Lecce: «Grazie a chi ha lavorato con me»
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Grazie vice questore Albini a lei, a tutta la sua squadra e a tutte le forze dell’ordine