di Marco Cencioni
«Aveva costruito la parrocchia dello Spirito Santo a Tolentino, viveva nel nome della preghiera e nella povertà: la sua missione era quella di fare del bene». E’ don Rino Ramaccioni, per anni parroco di San Catervo, a ricordare don Francesco Cocilova, il sacerdote di 79 anni originario di Cingoli e attualmente co-parroco al Sacro Cuore a Macerata, morto questa mattina dopo essere stato travolto da un’auto mentre si trovava in sella alla sua bicicletta in contrada Santa Caterina a Montelupone (leggi l’articolo). I due uomini di chiesa si erano conosciuti a Macerata, nel 1965, dove erano stati consacrati insieme al vescovo Giancarlo Vecerrica. Poi si sono ritrovati a Tolentino, una città che non potrà mai dimenticare l’operato del sacerdote che ha edificato la chiesa dello Spirito Santo, una delle due a resistere al terremoto e a diventare centro di accoglienza per gli sfollati.
«All’inizio andava sulla cyclette – ricorda Don Rino – poi un giorno prese una bicicletta e ogni volta che poteva saliva in sella per un giro. “Mi godo l’aria del mattino”, diceva sempre prima di partire per una pedalata in zona Colle, Paterno e Regnano. Era un uomo appassionato, come tutti con i suoi pregi e difetti: aveva sposato in maniera forte la comunità e ne era parte integrante mantenendo sempre il suo stile. Aveva insegnato religione alle scuole medie e per dieci anni aveva lasciato in banca ciò che aveva guadagnato, si vergognava a spendere quei soldi – racconta don Rino – Poi un giorno li ritirò tutti e li usò per costruire la parrocchia. Addirittura, cinque anni fa, mi ha contattato per fare una donazione. Voleva costruire in Burundi una chiesa che somigliasse, in piccolo, a quella dello Spirito Santo: non l’abbiamo potuta portare a termine per via della guerra civile, sono stati fatti solo i muri».
Un amore, quello che don Francesco Cocilova provava per Tolentino e per la parrocchia che aveva edificato dal nulla, immenso. «E’ stato buon profeta, ha intuito dove la città sarebbe cresciuta e si è lanciato nella costruzione di una chiesa nel quartiere Repubblica, che era nuovo per i tempi – ricorda don Andrea Leonesi, vicario diocesano – . Era, per tutti, un uomo di Dio. Definire la sua vita spartana era poco, ha dedicato tutte le sue forze alla costruzione della parrocchia e lo ha fatto con una passione immensa, realizzando un’opera che non è stata scalfita dal terremoto, di grande aiuto per la città nel momento più difficile. Poi è stato trasferito al Sacro Cuore a Macerata, in tanti lo cercavano per la confessione. Nessuno sapeva il suo nuovo itinerario in bicicletta, quello tolentinate lo conoscevano tutti. Purtroppo, questa mattina, abbiamo appreso quale era il suo nuovo giro in sella alla tanto amata bici. Siamo in attesa di conoscere il luogo del funerale – conclude Don Andrea – dopo gli accertamenti di rito il corpo verrà restituito ai familiari e se non dovesse celebrarsi a Tolentino ci organizzeremo con don Sergio Fraticelli per celebrare una funzione».
Il centro di accoglienza allestito nella parrocchia dello Spirito Santo a Tolentino dopo il terremoto (foto di Andrea Petinari)
E’ il sindaco, Giuseppe Pezzanesi, ad esprimere il cordoglio della città. «Sono profondamente dispiaciuto, rappresentava il dinamismo di fare religione. Era solare, sempre gioioso e cordiale ma duro quando occorreva. Il suo essere testardo e cocciuto lo rendeva di un’umanità splendente. Impossibile non ricordarlo in sella alla sua lambretta, con i sandali anche di inverno. Ha vissuto a modo suo l’incarico che gli ha assegnato il buon Dio, inseguendo con forza il bene dei meno abbienti. Il suo era un carattere eclettico, creativo, fuori dalle righe proprio perché estremamente semplice. – sottolinea il primo cittadino – Il ricordo dell’energia che metteva nel fare le cose resterà per sempre vivo nei cuori di una città che non lo potrà mai dimenticare. E non solo perché è stato l’artefice della chiesa dello Spirito Santo ma per il modo con cui ha portato a termine l’opera. Veniva in comune tutti i giorni, organizzava iniziative per raccogliere offerte, non si dava mai pace. Era determinato a fare il bene di tutti. Ha realizzato il teatro, l’oratorio, una mensa, un centro di ritrovo, e la chiesa, l’unica assieme a quella di via Trento e Trieste a resistere al sisma e luogo che ha poi accolto tantissimi sfollati. La notizia della sua scomparsa ci addolora profondamente, a nome dell’intera comunità ci stringiamo attorno ai suoi cari».
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Lo diceva sempre durante le messe, ed era il suo motto.