L’inaugurazione della mostra
La natura che tenta di riprendere il controllo sull’opera spesso cieca e violenta dell’uomo, un’Ofelia che immersa nelle acque gelide viene soccorsa da una proiezione di sé stessa, oltre agli scatti delle modelle e alle opere di still life che hanno fatto la storia di Vogue. Questo il percorso della mostra inaugurata ieri a Montefano subito dopo la cerimonia che ha visto l’assegnazione del Premio Ghergo alla carriera al celebre Piero Gemelli, fotografo, designer e architetto, e ai due giovani talenti marchigiani Matteo Natalucci (di Osimo) e Federica Mazzieri (di Treia). La mostra delle opere dei tre premiati rimarrà aperta fino al 3 giugno a cura dell’associazione Effetto Ghergo, la cui presidente è Claudia Scipioni.
Galimberti premia Gemelli
Un fil rouge che si riconnette alla bellezza sempre ricercata da Arturo Ghergo, il noto fotografo delle dive nato a Montefano: nel suo studio di via Condotti, a Roma, sono passati attrici e papi, politici ed esponenti della società bene dell’epoca. Nello Spazio Ghergo sono conservati anche gli scatti di Ingrid Bergman, Sophia Loren e Alida Valli. Madrina della premiazione Sabrina Colle, al fianco di Maurizio Galimberti, che ha idealmente passato il testimone del premio alla carriera vinto nella scorsa edizione a Gemelli. Assente quest’anno Vittorio Sgarbi, compagno di Sabrina Colle, impegnato nelle votazioni a Roma. «Non è la bellezza che salverà il mondo – ha commentato Sabrina Colle – ma è il mondo che deve salvare la bellezza: il Premio Ghergo deve andare avanti. Siamo qui con dei talenti della fotografia per difendere la nostra meravigliosa Italia». «Sta accadendo qualcosa di incredibile – ha aggiunto Cristina Ghergo, figlia di Arturo e nella giuria del premio – in cui non avrei mai sperato: ogni anno la mostra è più ricca, si sta creando un museo con le opere dei premiati che si aggiunge alla permanente di Arturo Ghergo, il fotografo delle dive».
Cristina Ghergo e Gemelli
«Nella fotografia – ha spiegato Gemelli – per me l’interesse è per l’oggetto che diventa traduzione del mio messaggio. Chi fa fotografia deve avere la capacità di imporre il proprio linguaggio senza dar conto dei critici, ma quello stesso linguaggio deve ovviamente essere in grado di reggersi da sé». «Le Marche sono una delle regioni pilota della fotografia – ha sottolineato Galimberti – e sono molto affezionato a questa realtà, come già ho dimostrato con il mio progetto sul cappellone di Tolentino: «San Nicola remade», la mostra ora ospitata a Monza, andrà presto anche a New York. Per me è bello essere ambasciatore della fotografia fatta nelle Marche nel mondo».
Il premio a Natalucci
Il premio a Mazzieri
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