Il campanile crollato di Santa Maria in Via
La chiesa di Santa Maria in Via
di Federica Nardi
«Il campanile di Santa Maria in Via non è mai stato controllato prima del crollo, i tecnici non sono mai saliti». «Acqua, neve e polvere sulle opere d’arte» mentre il Comune «non si è attivato neanche per sollecitare una copertura provvisoria». E poi le due lettere del Ministero alla Soprintendenza per accelerare l’intervento. È una lista di fatti e accuse ben precise quella a firma del parroco della chiesa di Camerino, Mariano Blanchi. «In tutta coscienza – denuncia – affermo che né la Soprintendenza delle Marche, né Comune, né Arcidiocesi possono ritenersi esenti da responsabilità nel vergognoso ritardo con il quale si è intervenuti».
LA VICENDA – La chiesa di Santa Maria in Via era stata dichiarata inagibile già dopo il terremoto del 24 agosto. Con le scosse del 26 ottobre il campanile è venuto giù, crollando sopra alcune abitazioni occupate da studentesse universitarie (leggi l’articolo). Con la procura di Macerata che ha aperto un’inchiesta (leggi l’articolo). Da allora la situazione è sempre peggiorata in mancanza di una messa in sicurezza definitiva della chiesa. Tanto che lo stesso sindaco di Camerino, Gianluca Pasqui, il 23 giugno ha parlato di «ritardi imperdonabili» del Mibact che doveva sbloccare il progetto presentato a marzo (leggi l’articolo). Ma il parroco ha una versione diversa da raccontare.
Le macerie di Santa Maria in Via prima della rimozione
I SOPRALLUOGHI – Don Blanchi nella lettera ricostruisce tutti i sopralluoghi. Il primo ad agosto da parte dell’ingegnere del Comune Marco Orioli. «Ha subito percepito la pericolosità del campanile – spiega – l’inagibilità dell’abitazione del parroco era dovuta al pericolo indotto soprattutto dalla situazione statica del campanile che era l’unica via d’accesso alla casa stessa». Nonostante questo «non seguirono adeguati provvedimenti da parte dell’amministrazione», tanto che pure dopo «il campanile fu sempre controllato molto superficialmente. Anche durante il sopralluogo del 18 ottobre di cui noi non abbiamo nemmeno una copia del verbale – continua il parroco – nessun tecnico del Mibact salì oltre il piano della casa canonica e controllò il campanile internamente fino alla cella campanaria, la cui base si spezzò qualche giorno dopo». E il Comune «prese per buone le valutazioni della Soprintendenza senza darsi cura delle preoccupazioni espresse a più riprese dai parroci».
La rimozione delle macerie
L’INCARICO – «Verso le metà di novembre – aggiunge Blanchi – il sindaco mi comunicò per telefono che all’intervento di messa in sicurezza della chiesa di Santa Maria in Via avrebbe provveduto il Comune». Ma il parroco, insospettito controllò al Nucleo interventi speciali. Scoprendo così che non c’era «nessuna traccia di una pratica riguardante Santa Maria in Via». Trascorsi quattro mesi dal 24 agosto «la parrocchia si è vista costretta a prendere iniziativa, contattando l’ingegnere Roberto Gagliardi che aveva curato la messa in sicurezza della chiesa dopo il sisma del 1997», chiedendogli di realizzare un progetto.
LE LETTERE DEL MINISTERO – La tesi del parroco è che il Comune avrebbe dovuto sollecitare la Soprintendenza a dare il via libera al progetto dell’ingegnere Gagliardi che era già pronto. Soprattutto perché era stato preparato «secondo le norme della somma urgenza». A sostegno Blanchi cita due lettere ufficiali del Mibact alla Soprintendenza, datate 4 e 20 aprile, dove il ministero chiede «per quale ragione non si sia lasciato che l’intervento di somma urgenza venisse svolto direttamente dalla proprietà», la cui possibilità era prevista dalla normativa antisismica.
Il crollo del tetto
L’ULTIMO ATTO – L’11 febbraio, dopo gli ulteriori crolli del tetto (leggi l’articolo), «Pasqui mi informò che la Soprintendenza gli aveva comunicato la presa in carico di Santa Maria in Via», con un progetto diverso da quello pronto «affidato a tecnici della stessa Soprintendenza». Ma di lavori nemmeno l’ombra, tanto che i tecnici, secondo la ricostruzione del parroco, sarebbero stati nominati «verso metà marzo, ma potrei sbagliare perché nessun documento è mai arrivato alla parrocchia». Così il 20 marzo Blanchi decide di prendere l’iniziativa e «di inviare direttamente una dettagliata documentazione al Ministero – conclude il parroco – poi tutto si è sbloccato. Dopo la dura lettera del segretario generale del ministero Antonia Pasqua Recchia in meno di un mese e mezzo è stato perfezionato il progetto, approvato e affidato l’appalto. Tutto questo non poteva essere fatto dal Comune?».
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Non ho capito .le istituzione dovevano tutelare l edificio della Chiesa ,stato più ricco del mondo ,che non paga un euro di tasse?
QUALCUNO avrebbe dovuto tutelare noi cittadini e gli studenti che obbligatoriamente dovevano passare sotto un campanile pericolante già ad agosto. Il campanile è crollato ad ottobre demolendo l’abitazione di alcune studentesse uscite alla prima scossa ! Tutti salvi…solo per fortuite coincidenze !