Il sindaco di Corridonia Nelia Calvigioni, in una sala consiliare gremita di ammiratori, ha consegnato sabato scorso la cittadinanza onoraria al prof. Giovanni Carnevale, per i suoi studi sulla presenza dei Franchi in Val di Chienti e sulla loro capitale Aquisgrana a San Claudio di Corridonia. Il sindaco, dopo averne ricordato la profonda cultura, ha parlato del suo amore per la ricerca storica locale che alla fine degli anni ‘80 si è incentrata sulla chiesa di San Claudio. Gli studi l’hanno portato alla scoperta che un edificio similare esisteva in Francia a Germiny des Prés, nei pressi di Orleans e che il Vescovo Théodulf aveva scritto di averlo fatto costruire a somiglianza della Cappella Palatina di Carlo Magno. Essendo la chiesa di Aachen, in Germania, totalmente diversa da quella francese, perché goticheggiante, avendo invece quella di San Claudio la stessa pianta della chiesa francese, Carnevale è arrivato alla conclusione che questa sia la cappella Palatina di Aquisgrana. Il sindaco ha ricordato infine che, sul giornale della Provincia di Macerata nel 1992 e successivamente con 12 libri scritti negli ultimi 25 anni, il professore ha ribaltato la collocazione degli avvenimenti dell’Alto Medioevo.
Subito dopo ha preso la parola Alberto Morresi, presidente del Centro studi San Claudio al Chienti, per congratularsi con il Consiglio Comunale di Corridonia che con lungimiranza ha attribuito a Giovanni Carnevale l’ambito riconoscimento. Il professore, nonostante il peso degli anni, sfida ancora il tempo lavorando e scrivendo ed è certo che prima o poi le sue tesi diverranno per tutti verità: “Una giornata significa che conclude in un certo senso in maniera ufficiale anni e anni di ricerca, ma servono ancora molto tempo e molto impegno di studiosi e appassionati per trovare ulteriori conferme alle mie tesi”.
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Speriamo davvero che “proseguino”.
https://www.youtube.com/watch?v=3qrD1dh_j7E
E pensare che invece “continuino” sarebbe andato bene.
professore, ci seduchi…
Ipotesi condivisa, vuoi vedere che….
Sedotta dai paesaggi, Elisabeth de Moreau di Andoy decide di installarsi in Italia centrale, nelle Marche….
Fa in seguito la conoscenza di un padre salesiano Giovanni Carnevale, che studia da 20 anni la presenza dei franchi nella valle del Chienti. E nonsi tratta di alcuni franchi che passavano per caso,ma dei carolingi. Carlo Magno non aveva dunque nulla da vedere con Aquisgrana. È nato e morto in Italia centrale, nella proprietà di famiglia, Aquisgranum.
Profondamente colpito da questa rivelazione,l’autore farà le prime verifiche di questa teoria scapigliata.
https://www.edilivre.com/catalog/product/view/id/381781/s/charlemagne-la-contre-histoire-elisabeth-de-moreau-d-an/#.WMbcdUg2tH0
Ma sapete chi è il Prof. Carnevale?
Penultimo di sette figli, è nato il 4 agosto del 1924 a Capracotta , un grazioso paese dell’alto Molise nella Val di Sangro in provincia di Isernia.
Vi è vissuto fino a compiere gli studi elementari. Successivamente andò a frequentare le cinque classi di ginnasio ad Amelia, in Umbria, concludendoli a Frascati presso Roma.
A Lanuvio, sempre nei pressi di Roma, portò avanti per due anni gli studi di liceo classico ma non poté concluderli perché, essendo l’Italia in guerra, in loco cominciarono i bombardamenti degli alleati.
La Val di Sangro, ove sorge Capracotta, separava gli eserciti belligeranti ed il paese rientrava nella zona a controllo americano. I tedeschi, prima di abbandonarlo lo distrussero sistematicamente.
L’armistizio e la successiva entrata in guerra dell’Italia contro la Germania aveva visto la disgregazione dell’Italia in due parti.
Passato il fronte dopo lo sbarco degli americani ad Anzio e costituitasi la linea gotica nell’alta Italia, perdurante ancora il conflitto, Capracotta si ripopolò dagli abitanti sfollati che la ricostruirono com’era e dov’era. Correva l’anno 1944.
Pur essendo l’Italia ancora in guerra, Giovanni Carnevale completò da autodidatta gli studi liceali conseguendo la maturità classica nel liceo “Tacito” di Terni. Subito dopo, sempre perdurando il conflitto sulla linea gotica, si iscrisse alla facoltà di lettere presso l’Università “La Sapienza” di Roma.
Nel 1947, si recò in Piemonte nella Casa Salesiana di Bagnolo, dove frequentò regolarmente i quattro anni del corso di Teologia che furono completati nell’anno 1951
Fu ordinato sacerdote nel Veneto presso Abano Terme il 29 giugno del 1951.
Ormai sacerdote, conseguì subito la laurea in lettere presso l’Università di Roma con il massimo dei voti. Sostenne la tesi di laurea in archeologia cristiana, con uno studio sull’archeologia ravennate del V e VI secolo. Immediatamente dopo seguirono le relative due abilitazioni in lettere e storia dell’arte.
Si tenga presente che vigeva allora la riforma Gentile e l’abilitazione in lettere consentiva i seguenti insegnamenti: Storia della lingua e della letteratura italiana, storia della lingua e della letteratura latina, storia della lingua e della letteratura greca, storia antica, medioevale e moderna e geografia nei licei.
Queste materie, insieme alla storia dell’arte, costituirono oggetto di insegnamento per tutta la carriera del professor Carnevale, alcune continuativamente ed altre saltuariamente.
Insegnò per i primi 10 anni nel liceo scientifico salesiano di Faenza, tutti gli altri, fino al pensionamento per raggiunti limiti di età, nei licei salesiani di Macerata: prima al classico e, dopo la sua chiusura, nei licei linguistico e scientifico.
Va chiarito che negli ultimi anni da docente, a Macerata insegnò anche storia della lingua e della letteratura tedesca, perché nel frattempo era ritornato ad un vecchio amore per lo studio delle lingue.
Si era iscritto all’Università Bocconi di Milano per il corso di laurea in lingue, ma il tempo a disposizione lo costrinse ad interrompere.
A Macerata, questo desiderio di ampliare il suo orizzonte culturale anche nel campo linguistico rifiorì. Si iscrisse allora presso l’Università di Macerata, alla facoltà di lingue per il corso di laurea in Francese e Tedesco ed anche questa volta si laureò con il massimo dei voti.
Questo gli permise di concludere la sua straordinaria carriera di docente insegnando tedesco e storia dell’arte presso il liceo linguistico salesiano di Macerata.
Il fatto che non ha mai ritirato dalla segreteria dell’Università di Macerata il diploma di laurea in lingue testimonia che questo amore per le lingue era più un hobby personale che la volontà di acquisire un ulteriore titolo di studio.
Nel 1994 cessò di insegnare anche se sporadicamente chiamato a delle supplenze.
“La mia vita non la considero tanto come un professore, la considero come un Salesiano che attraverso la scuola formava la gioventù secondo Don Bosco, quello è stato il mio ideale di vita”
Il suo amore per la ricerca storica ed archeologica per l’alto medioevo Carolingio andò crescendo con il diminuire degli impegni scolastici ridottisi ormai al solo orario scolastico.
L’archeologia locale lo appassionava sempre di più ed il suo interesse si incentrò sostanzialmente sull’edificio di San Claudio che dagli studiosi locali era stato assegnato al secolo XII ed era stato confrontato con edifici similari esistenti solo qui in loco.
La preparazione storica del Professore lo portava a considerare errata la datazione di San Claudio per quanto riguarda il secolo XII ed a stimolare la ricerca per una più precisa datazione, che chiarisse anche perché edifici similari a San Claudio esistessero solo nell’area Picena.
Una svolta decisiva fu la constatazione che un edificio similare a San Claudio esisteva in Francia a Germiny des Prés, nei pressi di Orleans e che questo edificio era stato costruito a somiglianza della Cappella Palatina di Carlo Magno. Per tutti fin d’ora era indubbio che il duomo di Aachen in Germania fosse la Cappella Palatina Carolingia anche perché da secoli vi si custodiva le reliquie di Carlo Magno.
Questo fece sorgere i primi dubbi che Aachen fosse da identificare con Aquisgrana perché Germiny des Prés non aveva nulla in comune, architettonicamente parlando, con Aachen. Un’ulteriore decisiva svolta fu segnata dalla lettura in una fonte: Carlo Magno aveva fatto costruire la sua cappella Palatina da maestranze reclutate in oriente, mentre Aachen è già goticheggiante.
La conoscenza della lingua tedesca permise al Professore di consultare direttamente le fonti Carolinge in quella colossale opera tedesca che va sotto il nome di “Monumenta Germaniae Istorica” e cogliere in essa un dato ormai incontestabile: le fonti erano state male interpretate dalla storiografia germanica dell’ottocento romantico, le quali poiché l’Imperatore da secoli era ad Aachen avevano dato per scontato che quella fosse l’antica Aquisgrana.
Da allora si sono susseguite 10 pubblicazioni in cui appare con evidenza scientifica che la storia dell’alto medioevo va riscritta daccapo.
La sua profonda conoscenza di così innumerevoli discipline: la lingua tedesca, il greco, il latino, il francese, la Teologia, l’archeologia le materie letterarie, la storia dell’arte ed ancora, la sua formidabile memoria e la capacità di correlare gli eventi ha reso e rende ancora il professor Giovanni Carnevale decisamente uno storico di altissimo livello.
Nonostante il peso degli anni sfida ancora il tempo lavorando e scrivendo circondato dalla stima, dall’affetto e dall’aiuto dei suoi fidi collaboratori, determinato più che mai che più prima che poi le sue tesi diverranno per tutti verità.
…Galileo fu condannato per aver scoperto una grande verità che allora nessuno accettò…!
http://centrostudisanclaudioalchienti.blogspot.it/p/g-carnevale.html
Speriamo davvero che gli oscurantisti non “proseguino” a condannare i Galileo.
però è strano che un prete, storico di altissimo livello, appassionato ricercatore di verità, dedichi la vita a occuparsi della residenza di Carlo Magno di dodici secoli fa e non per esempio a verificare le tesi del vangelo di san Luca: il censimento di Quirino, la grotta di Betlemme, la strage degli innocenti… queste cosine così che sanno tanto di bufala…
Qualche storico teutonico dovrebbe spiegare a noi bifolchi cosa cazzo stava a fare nelle foreste e tra le paludi di quella che sarebbe diventata la Germania di oggi questo Genio che fece l’Europa unità già 1200 anni fa, quando, invece, tutta la vita politica, economica e sociale si svolgeva nell’Italia Centrale di oggi, con il Papa a portata di mano, con i Saraceni che insidiavano le nostre terre, con Bisanzio e i regni musulmani a pochi giorni di mare…
Nessuno ha mai fatto i calcoli in giorni di viaggio del Papa per andare a trovare Carlo Magno ad Aquisgrana (ad Aachen), o a Reims, nel Natale dell’804, in pieno inverno. Il corteo papale doveva essere almeno di 1000 persone, con i carri per le vettovaglie e il fieno per i cavalli e i bovi da traino, le tende, le cucine, eccetera.
E dopo soli otto giorni Carlo Magno disse al Papa di sloggiare e di ritornare a Roma, ripassando le Alpi con i valichi impraticabili. Roba da pazzi…
Mentre invece, se Aquisgrana fosse stata in Val di Chienti, il viaggio del Papa sarebbe stato meno problematico e più sicuro, pure in pieno inverno e con gli Appennini innevati.
Gli storici dovranno pure spiegare come mai Carlo Magno faceva coltivare nella Germania dell’epoca vegetali che solo nel clima mediterraneo potevano essere coltivati…
La cosa che, però, mi interessa è molto più pratica. L’amministrazione Calvigioni ha dato un riconoscimento politico e ideologico al professor Carnevale per i suoi studi su l’Aquisgrana e la Cappella Palatina qui in Val di Chienti. Ci puzza iniziare a sfruttare la cosa economicamente e turisticamente?
Dico: in Italia abbiamo la maggioranza delle opere d’arte esistenti nel mondo. Le altre popolazioni europee hanno robetta in confronto a noi. Eppure sanno sfruttare alla grande le poche cose che hanno. Vogliamo lasciare alla Germania il turismo di due milioni di persone all’anno per andare a visitare una Cappella Palatina fasulla come quella di Aachen? Vogliamo cominciare a fare venire i turisti da noi a San Claudio? Poi a Macerata, a Corridonia? a Recanati e a Genga? Vogliamo farci invadere in tutta la provincia di Macerata, di Ascoli, di Ancona e di Pesaro? Vogliamo farci conoscere per la nostra cultura, per la bellezza dei panorami, dei monumenti storici, per la nostra Storia, che parte dai Piceni, o Popuni, giunge a Roma, ai Franchi, ai Comuni, alle Signorie, e così via?
Vogliamo dimostrare ai turisti che abbiamo ottimo vino, pure “cotto”, come lo beveva Carlo Magno? Che abbiamo piatti sani, genuini e prodotti alimentari unici al mondo?
Ragazzi, il turismo significa produzione e quattrini. Vogliamo continuare a sputarci sopra, solo perché qualche intellettuale e storico non vede al di là della punta del naso? Che non capisce che la Storia è stata manipolata per gli interessi imperiali dei Teutonici e della Chiesa, la quale, pur di levarsi dalle scatole quei rompiballe di imperatori tedeschi, ha cancellato per secoli e fino ai nostri giorni ogni ricordo di Carlo Magno dalle nostre terre e dai nostri archivi?
Giovanni Carnevale non è più quel povero pazzo che peccava di fantasia. Molti oggi stanno continuando le ricerche e trovano nuove cose…
Carnevale ha rivoluzionato la Storia.
Oggi c’è un nuovo ricercatore che sconvolgerà gli storici con una strabiliante scoperta!?! Non posso dire di più… Ma di sicuro farà venire un coccolone ai nostri storici di regime e soprattutto a quelli tedeschi.
Specie in Germania dovranno fare ospedali apposta per curare gli storici di regime, ben gli sta!
Cari Criticoni, quando parlo di sfruttare la Storia di Carlo Magno qui da noi è per motivi molto pratici, economici e di occupazione.
Ad esempio, ha offerto il rinfresco al prof. Carnevale una nota ditta di Osimo, che produce pasta fresca e soprattutto olive ascolane farcite con ingredienti tradizionali, con pesce, pollo e curry, gamberi e zucchine, porchetta, vitello e tartufo mix di verdure, eccetera… A Corridonia ha offerto una oliva ascolana con ciabuscolo, una novità che ha chiamato olive “Carlo Magno”. C’erano anche olive farcite con formaggio e pera: una goduria…
Mi sono abbuffato! Poiché, ogni tanto invito gente a casa, sarà mia premura ordinare ad Osimo le olive all’ascolana di questa ditta… Ecco, cosa significa dare un seguito concreto alle fantasie (concrete) del prof. Carnevale. Lo avete capito, cari Criticoni?
forse è verosimile che, come Berlusconi si è costruito ville in Sardegna e nei Caraibi, il Magno Carlo abbia pensato bene di tirare su una chiesona in val di Chienti, ma che Trodica o Petriolo siano state capitali del Sacro Romano Impero è un po’ dura da credere.
Per un assaggino di olive all’ascolana così molti storici germanocentrici si convertirebbero alla vera storia.
E se le olive all’ascolana, vista la vicinanza con le grandi capitali del SRI del Magno, fossero di origine carolingia. Qui ci soffermiamo troppo sul cercare tombe che possono essere anche al Lambro, al Fiastra, sul Monte Vettore, non lontane dal Chienti, però dalla parte fermana, rischiando di non trovarle mai, magari perché alcune Cappelle Palatine sono state distrutte dai Visigoti, Visigonfi e Visitarlati. E’ su quel Palatine dal latino ” Palatus ” che approfondirei gli studi per trovare in noi il sacro fuoco e il reale sangue tedesco pieno di colesterolo e trigliceridi. L’uso dell’olio bollente, è stato usato prima per friggere le ” olive all’aquisgraniana ” o per soffriggere quei temerari che osavano attaccare con l’ausilio delle scale i castelli per prendersi le castellane? Nella risposta a questa domanda è nascosta la verità della storia, quella con la U maiuscola.
Se si sfarfalla, che si sfarfalli per bene. Leonida Rubistein
“C’E’ DEL MARCIO NELLA MARCA”
Il titolo di questa piccola nota parafrasa, è evidente, un celebre verso dell’Amleto di Shakespeare per introdurre in modo “leggero”, con un filo di humour, un tema molto serio: a modo suo, tragico. Da qui il riferimento, in apparenza gioioso, al massimo tragediografo dell’Europa moderna.
C’è del marcio nella “Marca”: la nostra bella, gloriosa marca d’Ancona, che ha dato il nome alla regione delle Marche, la patria di Matteo Ricci e di Giacomo Leopardi, la terra tanto ricca di devoti santuari, di splendidi monumenti, di magnifici panorami, di splendidi vini. In una grande città marchigiana, sede di un’illustre Università, si sta svolgendo un corso di aggiornamento di Storia medievale dedicato ai professori di scuola secondaria e tenuto da illustri docenti: durante il quale, tuttavia, si è tentato di “sdoganare” la bislacca, peregrina teoria partorita dall’ingegnosa mente di un erudito locale, un peraltro degnissimo anziano sacerdote. Che cioè Aquisgrana, la città di Carlomagno e della Santa Cappella, la capitale simbolica d’Europa (ricordate il Premio Carlomagno istituito decenni fa all’alba di quell’Unione Europea ch’è ormai al tramonto?) sia non già dov’è sempre stata, nell’attuale Repubblica Federale Tedesca, bensì in una località picena. Alcuni docenti di scuola media superiore hanno abboccato all’amo, e rischiano magari di trasmettere questo contagio pseudoculturale ai loro ignari allievi. Peraltro, la diceria circolava da tempo.
Risum teneatis, amici. Invece no. Perché non c’è assolutamente nulla da ridere. E io, poi, in tutto questo che cosa c’entro?
Nulla. Io non c’entro proprio nulla. Solo che sono un cittadino onesto e un pubblico funzionario consapevole dell’importanza di esser tale in una società civile che va male anche perché troppi suoi colleghi non fanno correttamente il proprio dovere. E un vecchietto ingenuamente donchisciottesco, un diciannovenne rimasto tale da 684 mesi che si ostina a combattere contro i mulini a vento.
Ed ecco i fatti. Da circa una settimana vengo bersagliato da e-mail che mi pervengono appunto dalla bella città marchigiana in questione (per il momento non farò nomi). Colleghi e colleghe che si rivolgono a me disorientati e sgomenti riferendomi come durante il corso di aggiornamento non solo si sia sostenuto e divulgato la peregrina teoria di un’Aquisgrana nelle Marche (dove quindi il grande imperatore vero o supposto “Padre dell’Europa” avrebbe risieduto e sarebbe stato sepolto all’evidente secolare insaputa di papi, cardinali, arcivescovi, vescovi, abati, imperatori, re, nobili, mercanti e pellegrini, tutti ostinatamente volti a cercarlo nella Germania renana), ma si siano addirittura offesi e intimiditi coloro che reagivano esprimendo incredulità o chiedendo almeno prove plausibili dell’incredibile assunto.
Ho risposto ad alcuni di questi colleghi, consigliando loro di render pubblica la cosa, di coinvolgere i docenti universitari locali, al limite di sollecitare inchieste scolastiche e ministeriali. E’ impensabile che docenti impegnati in un corso di aggiornamento si trovino dinanzi a simili enormità.
Ovviamente, sono arrivate a questo punto anche le repliche dei paladini della marchigianità carolingia: alcune offensive e (nelle intenzioni) perfino intimidatorie, altre sinceramente offese e recriminatorie (ma come si permette, lei è un barone borioso, s’informi, venga qui a discuterne con noi se ne ha il coraggio, esca dalla sua Turris Eburnea eccetera). E’ buffo che certa gente sopporti tranquillamente, senza dar mostre di essersene neppure accorta, il silenzio sprezzante dei veri baroni che, quelli sì, non perderebbero nemmeno un minuto del loro prezioso e strapagato tempo con questo Lunpenproletariat di manovali della screditata scuola secondaria, mentre poi dimostra astio e rancore su chi li giudica invece degni di attenzione e in diritto di ricevere magari una smentita, ma accompagnata da impegno e da rispetto.
E allora, cari e saccenti colleghi marchigiani di scuola media convinti di aver la verità carolingia in tasca, me voilà. Ho risposto a una di voialtri, una signora che non posso purtroppo qualificare come “gentile” e non posso definir “cara” ma che comunque stimo una collega. Lunedì 13 contavo di restar al mattino nella bella Bologna per riposarmi e farmi i fatti miei per poi prendere, a metà pomeriggio, il treno per Sant’Elpidio. Invece ne prenderò uno al mattino presto e verrò, a spese del mio portafogli e del mio tempo, gratis et amore Dei et Italicae scholae, a discutere con voi nell’ora e nella località che voi – compatibilmente con gli orari e gli itinerari ferroviari, che sono costretto a rispettare – avrete la bontà d’indicarmi. Salterò se necessario pranzo e cena: parleremo di Carlomagno, esamineremo insieme le vostre ipotesi, se ne sarò convinto farò pubblica e doverosa ammenda (avere su ciò al mia parola d’onore di professore e gentiluomo) e se invece saprò dimostrarvi l’infondatezza del vostro assunto non pretenderò alcuna scusa: ma sarò pago dell’avervi dato una piccola lezione di serietà, di correttezza, di serenità, di rispetto e di umiltà. Siete in grado di accettare la sfida? FC
(fonte http://www.francocardini.it/minima-cardiniana-164/#more-608)
Sarebbe interessante sapere da loro se i fieri “paladini della marchigianità carolingia” hanno accettato la sfida di Franco Cardini.
Probabile che i capovolgitori della storia non abbiano avuto tempo da perdere con Franco Cardini, d’altra parte è evidente come essi si “muovino” a ben altri livelli scientifici.