di Giancarlo Liuti
Nella speranza, non so quanto fondata, che le faglie impazzite del Monte Vettore la smettano finalmente di rovinarci i giorni e le notti e sapendo che nelle case, nei bar e in strada si parla soprattutto di terremoto provo a trattare questo argomento in un modo diverso da quello della nuda e cruda cronaca quotidiana. Come? Rivolgendomi alla poesia. Non alla mia, che non ne sono capace. A quella in dialetto di Giordano De Angelis, dal quale ho ricevuto tre quartine datate la prima 3 aprile 1944, la seconda 24 agosto di quest’anno – l’inizio del sisma – e la terza come epilogo morale e, in senso alto, politico che le riguarda entrambe.
Non tutti ricorderanno quel giorno del ’44, allorché Macerata fu colpita dalle bombe degli aerei alleati e vi furono vittime, ma tutti ricordiamo, purtroppo benissimo, le scosse telluriche cominciate due mesi fa e ostinate a continuare, per ora senza vittime ma, nell’intera provincia, con profonde ferite nel cuore delle persone e nelle loro cose più care. Ho già detto che la prima quartina s’intitola “3 aprile 1944”. Eccola.
“Quasci a vvisà, lasciò ‘na striscia nera.
Cingue aroplani sopre a Macerata.
E fu ccuscì che vinne vombardata,
de Pasqua ‘u lunnidì, Pasqua de guera”.
Poi la seconda, intitolata, ripeto, 24 agosto 2016:
‘Sta òrda none, non c’è statu avvisu.
Ma, comme allora, senza chjede gnende,
per portà aiutu è corsa tanda jende:
c’è statu un teremotu all’imbruvvisu”.
E la terza, che vuol essere un ammonimento:
“Me domanno: e se certi sindimendi,
fatti d’amore e solidarietà,
l’òmu ce l’èsse senza stà a spettà
li teremoti o li vombardamendi? …”.
Come sempre l’amico Giordano prende le mosse da reali vicende della vita quotidiana per trarne giudizi sulla società in generale vista e giudicata secondo i suoi principi etici e, ripeto, in senso alto politici. Un uomo di sinistra? Si direbbe di sì, ammesso che questa parola – “sinistra” – abbia ancora un significato da collegare alla nostra vita individuale e sociale. Ma c’è qualcos’altro: la straordinaria “disciplina” del suo poetare. Osservateli bene: sono tutti endecasillabi e per ogni quartina – quattro versi – lui s’impone anche la cosiddetta “rima incrociata”: mentre il primo verso fa rima col quarto, il secondo e il terzo fanno rima fra loro. Mi si dirà che sottolineando questi particolari vado troppo per il sottile e magari annoio i lettori. Ma mi piace sottolinearli perché nella nostra società attuale la parola “disciplina” sta scomparendo dal vocabolario e rischia di non esistere più.
E qui non parlo solo del modo di scrivere versi ma di qualcosa di più ampio e profondo, ossia del costume ormai generale per cui ognuno si comporta come gli pare, pensa come gli pare e crede in quel che gli pare. Ciascuno di noi è, insomma, “uno”. E mettersi insieme – in partiti politici, in associazioni e in comunità a conferma di una coscienza nazionale o almeno cittadina – per affrontare i problemi non solo economici di questa problematicissima epoca sta diventando qualcosa di obsoleto, fastidioso e quasi contro natura. Viva l’individualismo? E sia. Ma attenzione: il troppo individualismo minaccia di trasformarsi in un autolesionismo che finisce per recar danno anche alla vita dei singoli individui.
Oltre ai gravi danni in tante zone il terremoto fa soprattutto paura
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Stamattina, voglio fare un po’ di straordinario. Io di mestiere faccio il libero pensatore. E’ un bel mestiere, lo fai quando vuoi e soprattutto sei libero di pensarla come ti pare e non sei obbligato a dividere i tuoi pensieri con nessuno oppure se vuoi, una volta smesso di lavorare, scambiarli con altri liberi pensatori. Non bisogna però, confondere il libero pensatore con qualsiasi altro modo di usare il pensiero che abbia a contaminarsi con le storture di tutti i giorni, come il lavoro, sia manuale che di concetto, l’intellettualismo che non ho mai ben capito che cosa significhi. Per fare un esempio per me mia nonna quando mi elargiva considerazioni tratte dalla sua esperienza le trovavo molto più interessanti di quelle dei tanti giornalisti, scrittori e via dicendo che si ammantavano di questa intellettualità che sembra voglia definire il pensatore al di là delle opinioni comuni e bla bla bla. Il libero pensatore, non fa niente dalla mattina alla sera oltre che cercare di nutrirsi, divertirsi praticando qualche hobby, avere cura della propria persona se lo si desidera ,oppure passeggiare, ascoltare musica od assistere ma da lontano alle solite quotidiane miserie della vita per cercare di non rimanere intaccati dalla sozzura che di solito viene emanata dai più. Un esempio di quest’ultima affermazione la troviamo seguendo i nostri politici che per la maggioranza mi fanno più schifo del vomito di parole che cercano di rigettarci addosso per contagiarci. Tornando a me, prendo dall’articolo di Liuti il dubbio se la parola “ sinistra “ si possa ancora collegare ad un determinato pensiero politico. Per me no. Stessa cosa vale pure per la destra. E il problema che si viene a creare è questo: Se non c’è più sinistra così come non c’è più la destra va da sé che non ci possa essere più neanche un centro. Un centro è qualcosa che si trova a meta tra due direzioni opposte che convergono, oppure come il nocciolo di una pesca che si trova più o meno alla stessa distanza di ogni punto equidistante del frutto preso in questione che può essere anche un cocco, una banana, insomma il frutto che più dà la sensazione di che cosa sia un centro senza bisogno di scomodare figure geometriche o calcoli astrusi. Quindi a questo punto mi trovo a pensare che non ci sia più politica perché non c’è più niente a rappresentarla se non il sentir dire: io sono di destra, io di sinistra e io invece di centro o nelle misteriose combinazioni centro X e centro Y . Ed ecco quindi nuovo lavoro per me se voglio uscire da questa impasse per cercare di capire se c’è un modo di uscire da questa pastoia e chiedermi chi e che cosa sono quelli che siedono nel parlamento e che ancora si siedono a sinistra che non c’è, lo stesso per il centro che come detto sopra non sta al cento di niente ecc. ecc. Ed ecco la bellezza di aver scelto di fare questo mestiere dove in qualsiasi momento posso smettere di lavorare anche se ho deciso di fare degli straordinari e questo momento è arrivato, pausa caffè, un buon sigaro e poi si vedrà, cerchiamo di non dare per forza una scaletta alla nostra giornata, lasciamo sempre un po’ di spazio alla sorpresa o al fato nella speranza che abbia in serbo qualcosa di piacevole. Buona Domenica.
E quest’attimo
bengalico
squillante
non cambierei con nulla,
nemmeno con…
Ma dal fumo d’un sigaro
come un bicchierino di liquore
si è allungato il viso alticcio di Severjànin
Come osate chiamarvi poeta
e, mediocre, squittire come una quaglia?
Oggi,
bisogna
a mo’ di frangicapo
conficcarsi nel cranio del mondo!
Voi,
turbati dal solo pensiero
di ballare con eleganza,
osservate in qual guisa me la spasso
io,
truffatore di carte
e uccello di piazza!
Da voi
che siete fradici d’amore,
da voi
che nei secoli grondaste lacrime
io mi staccherò,
incastrando il sole
come un monocolo nel mio occhio divaricato.
Bello l’articolo e belle, come sempre,le poesie dell’amico Giordano.
Quanto alla difficoltà nell’aggragarsi in formazioni politiche volte alla cura degli interessi collettivi, pesa, è vero, il crescente individualismo, ma pesa ancora di più la metamorfosi dei partiti avvenuta negli ultimi decenni, che ha trasformato le formazioni partitiche in strumenti per facili e veloci arricchimenti personali.