di Donatella Donati
Una ventina di anni fa, non ricordo esattamente la data, ero sul rapido Milano-Bari e andai all’una a mangiare nella carrozza ristorante. Trovai nella carrozza un unico cliente Dario Fo seduto nel senso del viaggio. Nel sedile accanto e di fronte tante carte e un libro. Io sedei più avanti ma in faccia a lui. Troppo curiosa per non poter osservare quello che faceva. Un cameriere ci portò da mangiare il pranzo fisso che allora si serviva. Ad ogni portata Fo storceva il naso e faceva borbottii di insoddisfazione cercando con gli occhi anche il mio consenso che evitai di dargli. All’arrivo del caffè apostrofò il cameriere: “Ma ancora non vi hanno insegnato come si fa un caffè?”. Allora intervenni educatamente e mormorai: “A me sembra buono”. “Si possono avere gusti da degenerati”, replicò Fo con veemenza nei miei confronti. Feci una pausa e trovai una risposta: “Se essere degenerati significa uscire dal genere dei brontoloni come lei, sono una degenerata”. Fu l’inizio di una conversazione simpaticissima. Fo volle che sedessi davanti a lui, si scusò blandamente dell’offesa ma ricordò tutto il suo passato di attore dal tempo in cui nell’avanspettacolo che precedeva il film si divertiva con il suo burlesque e il suo grammelot.
Lo rividi a Macerata perché andai a salutarlo quando recitò al Lauro Rossi, mi abbracciò e mi disse: “E’ ancora offesa?”. Questo originale ricordo è riaffiorato subito alla notizia della sua morte. Fo aveva l’istinto della teatralità e viveva la sua vita come uno spettacolo di cui sapeva far vedere cose straordinarie. Mi ritengo fortunata di essere stata chiamata da lui degenerata. Non mi è piaciuto invece l’articolo ipocrita di Adriano Celentano sul Corriere della Sera con la retorica di sapere cosa c’era sotto la professione di non fede di Fo. Certe questioni sono intime e riservate e non si può credere di poter sollevare veli di mistero a proprio comodo per fingere una vita diversa e una coscienza diversa. Recentemente in un dibattito che ho avuto con il cardinale Angelo Comastri sui rapporti tra la chiesa e Leopardi, Comastri, che è uno dei rappresentanti più sinceri e profondi del cattolicesimo, si è limitato a dire che Leopardi si poneva degli interrogativi sul mondo e l’universo ma non gli ha messo in bocca nessuna risposta come in modo un po’ volgare ha fatto Celentano.
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……siamo alla frutta! La Signora è contenta di essere stata considerata “degenerata” da un cafone!!! Una domanda! Se Dario Fò non fosse stato un maledetto comunista avrebbe avuto ugualmente successo???
Un grande uomo di spettacolo originale ed un intellettuale senza ombra di dubbio ; ma non riesco a percepire quanto potesse invece essere ritenuto grande sul piano strettamente letterario tanto da ricevere un Nobel . Basti la considerazione che le sue opere potevano solamente essere poste in scena ed essere rappresentate solamente da lui … e difficilmente potranno essere rappresentate con tanta facilità in futuro : credo che questo sia il limite che si pone sul piano dell’analisi e del valore letterari delle sue opere .