Pillola contraccettiva per i cinghiali:
“Anche nei parchi marchigiani”

SOLUZIONE - La richiesta di Daniele Baldini della Lac (lega abolizione caccia) dopo la notizia della sperimentazione in Toscana di un farmaco messo a punto dalla ricercatrice Giovanna Massei

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cinghiali

 

di Monia Orazi

Una pillola contraccettiva per i cinghiali, in sperimentazione in Toscana, potrebbe risolvere il problema dell’eccessiva popolazione presente nelle aree protette, rendendo inutile la caccia e facendo diminuire i risarcimenti che ogni anno la Regione Marche si trova a dover sborsare per incidenti automobilistici e danni all’agricoltura. A chiedere la sperimentazione nelle Marche, del farmaco messo a punto dalla ricercatrice italiana Giovanna Massei, che lavora in Inghilterra, è la Lac Marche (Lega abolizione caccia). “Questa notizia potrebbe condizionare pesantemente il futuro stesso della caccia in Italia, specialmente di quella al cinghiale, che poi è quella praticata ormai dalla stragrande maggioranza dei cacciatori – osserva Danilo Baldini, delegato Lac Marche – si tratta della sperimentazione, in atto nel Parco regionale della Maremma, di una pillola anticoncezionale, da destinarsi alla popolazione di cinghiale presente nell’area protetta”. Per farla assumere all’animale la si mette nel cibo, dentro appositi dispenser che si trovano nei boschi. I risultati della sperimentazione sarebbero incoraggianti, con una riduzione della popolazione di cinghiali.

Daniele Baldini

Daniele Baldini

“Se, come i ricercatori ed i biologi sono convinti, la sperimentazione nel parco della Maremma avrà effetto, determinando una drastica riduzione della riproduzione e quindi della popolazione dei cinghiali, allora la “cura” potrà essere applicata anche ad altre aree protette in Italia – afferma ancora Baldini – è naturale, quindi, che se la pillola darà i risultati sperati, determinando nel giro di pochi anni una radicale diminuzione dei cinghiali sul territorio nazionale, con evidenti benefici sia per l’agricoltura che per la sicurezza stradale, a quel punto non avrà più senso praticare la caccia a questo animale”. Per Baldini è proprio la caccia al cinghiale a determinare l’incremento degli animali: “Come è dimostrato indiscutibilmente dai dati scientifici e statistici forniti dall’Ispra, la fortissima pressione venatoria degli ultimi decenni nei confronti di questa specie ha fatto sì che essa si riproducesse più volte nello stesso anno, ed in modo più prolifico, causando quindi un aumento esponenziale del numero dei cinghiali in Italia, ormai senza più alcun controllo”. Soltanto sui Sibillini nel 2014 sono stati pagati 247 mila euro di risarcimento ad agricoltori per la presenza di cinghiali, con una stima reale dei danni di 345 mila euro, secondo l’archivio delle denunce presentate alla Forestale. Nel 2012 il Parco Nazionale dei Sibillini ha avviato un programma triennale per la gestione del numero dei cinghiali, al fine di evitare danni. La popolazione di cinghiale stimata nel 2014, era di circa 3200 individui, in diminuzione rispetto ai 4800 individuati nel 2013, ma al di sopra del numero considerato ottimale dal piano di gestione, che è pari a duemila, duemilacinquecento cinghiali al massimo. Il piano prevedeva l’abbattimento dei capi di cinghiale in eccesso, un nuovo piano di gestione coprirà i prossimi tre anni. “Per quanto riguarda la Regione Marche, come Lac, chiediamo intanto che il farmaco venga immediatamente testato anche nel parco nazionale dei Sibillini e nei parchi regionali di Frasassi e Gola della Rossa e del Conero, ovvero in quelle aree protette dove da anni viene praticata la caccia di selezione al cinghiale”, conclude Baldini.



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