Riforma, la Bcc rompe il muro del silenzio
e scrive al premier Renzi
L’ad Bindelli: “La holding unica non ci piace”

BCC CIVITANOVA E MONTECOSARO - L'accordo di massima trova molti “mal di pancia” all’interno del movimento e il piccolo istituto maceratese spiega i motivi. Lettera al premier: "No alla disinformazione, non c'entriamo niente con Banca Marche"

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Bindelli

Il vice presidente Marco Bindelli

E’ notizia di questi giorni dell’accelerazione dell’iter di riforma del Credito Cooperativo Italiano. L’accordo di massima trova molti “mal di pancia” all’interno del movimento del Credito cooperativo da parte di Bcc. A rompere il muro del silenzio ci prova  una piccola banca di Credito Cooperativo (ma gestita da anni con grande attenzione e ottenendo risultati virtuosi di stabilità patrimoniale e ottimi indicatori), quella di Civitanova  e Montecosaro, che da tempo segue assiduamente il processo di riforma. I suoi vertici hanno persino scritto una lettera al presidente del consiglio Matteo Renzi lamentando che nelle ultime settimane la riforma e il salvataggio delle 4 banche sono stati messi erroneamente in relazione creando disinformazione.
A seguire la questione per la Bcc  di Civitanova e Montecosaro è il vice presidente Marco Bindelli, Amministratore delegato nei mesi scorsi dal CdA a seguire la questione della riforma del Credito cooperativo italiano.

“Innanzitutto – ci chiediamo come si fa ad essere favorevoli al Gruppo unico obbligatorio se non si conoscono i meccanismi che regoleranno la governance della capogruppo, specie se tutti gli indizi inducono a far ritenere che, probabilmente, a gestirla, e quindi a dirigere e coordinare tutte le Bcc italiane, saranno chiamate le stesse persone, che hanno governato sino ad oggi le strutture nazionali del Credito Cooperativo e che (magari) hanno anche mal gestito le loro banche? Qualora vi fossero garanzie in merito a competenza, serietà e trasparenza di coloro che saranno chiamati a coordinare e dirigere le Bcc italiane, anche la nostra banca potrebbe valutare positivamente l’ipotesi del Gruppo unico obbligatorio; ma questo non ci è dato sapere, come ignota è la sorte (post riforma) delle federazioni, delle banche di secondo livello e delle società di servizi che operano in condizioni di antieconomicità. E poi – continua Bindelli – ci sembra ovvio che occorra fissare in modo chiaro e trasparente gli obiettivi che si vogliono raggiungere con una qualsiasi riforma, prima di fare la stessa”.

Il premier Matteo Renzi

Il premier Matteo Renzi

A complicare ulteriormente la matassa sono state individuate anche questioni di presunte violazioni costituzionali:
“L’art 45 – continua Bindelli – così recita: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.”. Se la norma si applica anche alla cooperazione di credito, l’obbligo, di diritto o di fatto, di partecipare ad una Holding Unica per poter continuare ad esercitare il credito come Bcc configurerebbe una violazione della Costituzione, specie in assenza di una norma specifica che consenta la trasformazione in altro tipo di banca senza dover devolvere le riserve patrimoniale ai fondi mutualistici”
“Noi crediamo che un minimo di 2 o 3 Gruppi cooperativi paritetici, posti anche in concorrenza fra loro e dai quali poter entrare e uscire senza eccessivi vincoli, potrà rendere più efficiente l’intero sistema del Credito Cooperativo e risolvere i veri problemi per i quali si rende necessaria una riforma delle Bcc,  la carenza di governance”.

“Una cosa deve essere chiara: – continua il vice presidente  – noi non siamo l’unica Bcc a cui non piace la Holding Unica obbligatoria, basterebbe interpellare le 363 Bcc o meglio i soci delle stesse, ossia i principali soggetti, insieme ai dipendenti, che resteranno incisi dalla riforma”.

Altre considerazioni di Marco Bindelli riguardano il sistema bancario. “La questione è che il Credito Cooperativo non ha nulla a che vedere con le vicende che hanno interessato le 4 banche “salvate”, se non per il fatto che il sistema Bcc ha contribuito al salvataggio di queste versando 225 milioni di Euro, e che le Bcc in difficoltà (che pure ci sono) hanno sempre visto risolvere i loro problemi all’interno del sistema del Credito Cooperativo, senza chiedere un centesimo né ai cittadini né alle altre banche. Più si entra nel dettaglio della riforma e più ci si rende conto della complessità e dei rischi in cui si può incorrere con una riforma frettolosa e non corretta.
Inoltre, non dimentichiamo che il Credito Cooperativo fa certamente gola alle grandi banche d’affari internazionali, notoriamente interessate alla contendibilità dei soggetti bancari, ed un errore in fase di riforma potrebbe significare la consegna di un’altra parte importante del sistema bancario italiano ai mega-gruppi finanziari internazionali”.
Per finire Bindelli invoca una riforma purchè sia frutto di dibattito e coinvolgimento dal basso: “Ad oggi ancora non è noto il progetto bancario ed industriale che si intende perseguire con la riforma delle BCC ed i meccanismi di governance che dovranno interessare la capogruppo o le capogruppo. L’unico progetto concreto ed articolato apparso in questi 12 mesi risulta quello presentato a luglio scorso da Cassa Centrale Banca, mentre il vero elemento innovativo contenuto nei 10 punti della c.d. Autoriforma consegnata da Federcasse alle Autorità è quello dell’autonomia delle Bcc appartenenti al Gruppo in funzione della solidità che ciascuna avrà dimostrato (risk based approach), concetto ampiamente condivisibile e condiviso”.

 



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