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di Marco Cencioni
(foto e video di Andrea Petinari)
«Non so da dove sono partito ma sono molto contento di dove sono arrivato». Il luogo a cui si riferisce Vinicio Capossela è Macerata e il palco del Lauro Rossi dove si mette in ginocchio davanti al pubblico che lo applaude non appena entra in scena. E’ subito magia. Complice l’affetto dei fan. Il cantautore irpino, ieri sera, si è accomodato su una sedia e si è concesso agli spettatori, regalando una serata che non avrebbe dovuto mai terminare. Torna a Macerata per Musicultura, presentando “Il paese dei coppoloni”, libro scritto in 17 anni, con cui è risultato lo scrittore più votato per l’edizione 2015 del “Dante al Premio Strega” – assegnato dai circoli di lettura dei comitati italiani ed esteri della società Dante Alighieri – e per partecipare, stasera, alla prima del festival. Il suo arrivo coincide con i 25 anni di carriera che ha scelto di festeggiare anche nel capoluogo.
Capossela, stimolato dalle considerazioni del conduttore John Vignola, ha scavato a mani nude nella memoria popolare per trasformare in parole la tradizione, come fa quando crea la sua musica, per raccontare il suo viaggio attraverso miti e leggende che porta nel cuore dell’Irpinia, dove ci sono le sue origini, ma che non si ferma nella sua terra. Lo ha fatto partendo dalla fisarmonica, il primo strumento che ha acquistato, passando per gli Stati Uniti, definiti un «ottimo posto dove stare da soli in modo epico», per arrivare al mare «luogo non del tutto contaminato dall’uomo», al mito, alla tante facce della Grecia, al politeismo della sua musica e della sua filosofia di vita. Dopo il suo ultimo lavoro sulla terra ellenica, “Rebetiko Gymnastas”, e a 11 anni di distanza dal suo primo apprezzato romanzo “Non si muore tutte le mattine”, Vinicio è tornato sugli scaffali delle librerie con l’opera fatta di sentieri dove la caratterizzazione dei personaggi è curata come quella che mette in note quando descrive le sue storie.
Quando arriva a parlare della “patafisica” – la scienza delle soluzioni immaginarie – e della sua ammirazione «per tutti quelli che si adoperano per arrivare alla conquista dell’inutile con coriacea applicazione e tanta fantasia» ricorda il velocipedastro, manubrio di due metri che come fanale aveva un segnale della ferrovia, che ha fatto la sua unica apparizione pubblica nel 2000 a Macerata: «ha vissuto il suo momento di gloria allo Sferisterio e deve restare allo Sferisterio». Dopo aver risposto alle domande del poeta e giornalista Ennio Cavalli e a quelle degli studenti dell’università di Macerata, guidati nella “Vinicio Capossela Task Force” dal professor Marcello La Matina, il cantatore calitrano ha “celebrato” anche al Lauro Rossi le nozze d’argento con la musica. Lo ha fatto prima accompagnato nella lettura di un brano del suo libro dalla fisarmonica di Roberto Picchio e poi ha “pettinato” il pianoforte cantando il brano meno poliedrico, ma più commovente, della sua vita artistica ricca di sfumature. Con “Ovunque proteggi”, la canzone dell’abbraccio, ha salutato il pubblico che stasera, sicuramente, tornerà di nuovo a stringersi attorno a lui, alle sue parole e alla sua musica.
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