di Laura Boccanera
Non solo condivisioni di video e messaggi inneggianti alla Jihad ma anche scritte di suo pugno che ora verranno tradotte per comprendere il significato. Emergono ulteriori dettagli sul 26enne pakistano, Faqir Ghani, residente a Civitanova ed espulso con un provvedimento del ministero dell’Interno martedì (leggi l’articolo). Per lui l’accusa è di terrorismo internazionale. Disposto il rimpatrio è arrivato in Pakistan in meno di 24 ore. Lì è stato consegnato alla polizia del suo Paese dove vivono ancora il padre e la moglie. Dovrà rispondere delle contestazioni a suo carico e relative ad alcuni video e attività sul web inneggianti la guerra santa. La notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno tra quanti lo conoscevano: i ragazzi della Croce verde, dove il 26enne era volontario (leggi l’articolo) ma anche alcuni vicini di casa, in via Cialdini, dove il ragazzo viveva con i genitori. Una vita condotta in maniera esemplare e due profili su Facebook: uno in lingua pakistana, con il suo nome e cognome reale e un altro, con uno pseudonimo e in lingua italiana usando il nome di “No or”. E’ con questo profilo che gestiva le amicizie italiane, tra cui anche numerosi militi della Croce verde. Tra le condivisioni di quest’ultimo profilo non ci sarebbe nulla di sospetto: immagini con frasi sull’amore e l’amicizia e qualche foto della sua attività come volontario, alcune addirittura dei preparativi per l’albero di Natale.
Ma il profilo messo sotto controllo dalla polizia era l’altro: qui compaiono immagini con scritte che ricordano i passi del Corano e le sue ripartizioni, le sure, frasi riguardanti le donne e l’importanza di rimanere coperte in pubblico, e una foto dove appare la scritta “Il libro del diavolo” dai contenuti da decifrare. Tutto nella lingua Urdu, la lingua del Pakistan, il suo Paese. Queste alcune delle condivisioni che Ghani ha fatto a partire dal 2012, visibili al pubblico collegandosi alla sua bacheca. Foto e scritte apparentemente senza nessun legame con i jihadisti e la guerra santa ma che al massimo possono vederlo come un integralista, vicino alla sua cultura e alla sua religione. Tra le foto condivise quella di un bambino che appoggia sulla spalla un kalashnikov, immagini di moschee, fiori e animali. Il resto è privato, in mano agli inquirenti e al ministero dell’Interno, ulteriori accertamenti sono in corso. Tra l’altro, gli investigatori stanno provvedendo alla traduzione delle frasi e dei video condivisi dal ragazzo. Faqir Ghani era stato in Pakistan prima di Natale, aveva messo sul suo profilo anche una foto del volo. Agli amici italiani aveva detto che tornava nel suo Paese per un matrimonio. Anche il datore di lavoro di Ghani, titolare di un suolificio, non immaginava che potesse essere proprio lui la persona espulsa. Tanto che questa mattina ha chiamato la Croce verde per sapere se si trattasse proprio della stessa persona. Dallo scorso dicembre sono nove, oltre a Ghani, gli stranieri espulsi in Italia perché sospettati di avere legami con il terrorismo. A Civitanova il 26enne ha un fratello e una sorella che lo hanno raggiunto a Roma prima dell’imbarco per il Pakistan. L’avvocato Maurizio Nardozza, che difende il pakistano, dice: «Stiamo preparando il ricorso il ricorso in Cassazione, contro il provvedimento di espulsione. Ancora non sappiamo che reato gli è stato contestato e questa è una lesione del diritto di difesa. Ghani non è un terrorista».
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