(Foto di Guido Picchio)
L’indicazione di quell’ora “fatale” (2,33) diventò per molto tempo, addirittura, l’insegna di un bar a Gualdo, mentre a Serravalle di Chienti aprì di lì a poco, diciassette anni fa e per un arco di tempo piuttosto lungo,il ‘bar sisma’ accanto ad una pompa di benzina. La gente dell’altopiano e dintorni non vuole ricordare più ora che le ferite sono andate via via rimarginandosi; soprattutto gli adulti sembrano aver rimosso quella notte lunga un giorno (dalle 2,33 alle 11,30) del 1997 che nel subconscio collettivo appariva senza domani. Nei villaggi di lamiera, il container della farmacia doveva richiedere continuamente scorte di ansiolitici. Ed anche la montagna intorno, agli occhi terrorizzati dei terremotati, pareva aver iniziato una lunga, lenta ma inesorabile discesa ‘agli inferi’: che stesse cioè sprofondando nella terra che s’apriva, percossa da decine e decine di microscosse, quelle che avevano preceduto per tutto il mese di settembre, quelle due micidiali, l’una a distanza di appena nove ore d’altra. Due scosse che cambiarono il mondo che sull’altopiano legavano insieme Marche ed Umbria: Camerino, Serravalle, Fabriano, Colfiorito, Nocera, Foligno ed ancora più lontano lungo la valle umbra fino ad Assisi, colpendo ed uccidendo all’interno della Basilica di San Francesco. Quella notte morirono due anziani coniugi a Collecurti: non vollero fuggire. Si abbracciarono ed attesero. Li trovarono così, senza vita, sotto le rovine del tetto della loro casa.
Due scosse (non si seppe mai con precisione quale fu il grado della scala Mercalli: settimo? ottavo? Oppure e forse nono?) due stilettate e fu la fine. “Quando salii a Colfiorito, la mattina, con la mia telecamera ripresi ciò che era rimasto di Cesi e degli altri borghi dell’epicentro, la seconda ‘botta’ arrivò che ero già tornato in redazione. Seppi poco dopo che pure di quei poveri resti filmati, brandelli di case e di chiese, non c’era più nulla” ricorda il collega Gabriele Censi. Fotografare la ‘disperazione’ di una popolazione impaurita ed in fuga: mestiere terribile che Guido Picchio portò a termine, giorno dopo giorno, mese dopo mese di assiduo pendolarismo. Immagini che fecero il giro il mondo, pubblicate sui grandi giornali internazionali. Se un giorno qualcuno scriverà la storia del ‘grande’ terremoto umbro-marchigiano, l’impegno di questo fotoreporter dovrà essere ascritto tra quelli che principalmente fecero conoscere al mondo, commuovendolo, la tragedia di una popolazione da sempre in una ‘terra di mezzo’, contesa da nessuno, aspra e dimenticata seppure antica più dell’uomo (un milione d’anni fa sull’altopiano vivevano i mammuth e tigri dai denti di sciabola) e bellissima.
Il simbolo della rinascita fu la ricostruzione della chiesetta di Madonna del Piano. Stasera alle 21 don Mario Minnicucci, il parroco di Serravalle, dirà messa. Per ricordare e dire grazie. Già perché la ricostruzione post sisma fu un modello, purtroppo ineguagliato. Non conobbe malversazioni, né (quasi) ritardi, né infiltrazioni mafiose. Il sindaco di Serravalle, Venanzo Ronchetti divenne, per impegno, abnegazione, onesta, senso di sacrificio (volle per sé il container più ‘scassato’ che tutti rifiutavano) ed onestà, il primo cittadino più famoso d’Italia. “Quella notte la strada per Cesi non c’era più. Salimmo, io e il geometra Mariano Cerreti, per una strada di campagna poi utilizzata da tutti. Alle 4 venne da Roma un alto funzionario, efficientissimo: ripristinò tutte le comunicazioni radio interrotte. Alle prime luci dell’alba ecco il sottosegretario Barberi, ecco D’Ambrosio, ecco Pigliapoco. Per me sei mesi senza dormire mai. Fu papa Wojtyla (cui il 10 ottobre sarà dedicato il ponte di Villa Potenza a Macerata ndr) con la presenza, la parola, lo sguardo a trasmettermi una forza sconosciuta, che mi permise di andare avanti e concludere il mio lavoro. Poco prima di quel 3 gennaio 1998 (il giorno a Cesi di san Giovanni Paolo II.) avevo maturato l’intenzione di dimettermi, poi cambiò tutto” ricorda Venanzo che sta dando alle stampe un libro di memorie (“Il ragazzo e l’altopiano”, Ilari editore).
Tuttavia pure la ricostruzione –modello è una ricostruzione incompleta, seppure opere importanti si realizzano, in tempi di Patto di Stabilità, grazie ai fondi regionali per il terremoto del ’97. “Manca ancora il 10%” dice Ronchetti “Si tratta di seconde case fuori dai piani di recupero, ex scuole nelle frazioni, chiese, beni monumentali”. Nel 2007, a dieci anni, un evento ha ricordato ‘quella notte del 1997’, presente l’allora neo-eletto Presidente Giorgio Napolitano. Che da ministro dell’Interno aveva saggiamente cooperato alla ricostruzione in uno sforzo che aveva visto Provincia (Pigliapoco), Regione (il presidente D’Ambrosio, gli assessori Silenzi e Di Odoardo), Stato (il presidente Ciampi, i premiers Prodi e D’Alema, il capo della Protezione civile Barberi) lavorare e produrre risultati eccellenti. Mai si erano visti ‘pezzi’ così importanti dello Stato in visita regolare e costante ai cantieri della ricostruzione: tanti nomi che neppure ai tempi dell’ex sindaco di srrravalle, il prof. Giuseppe giunchi, il celebre medico di papi e Capi di Stato…“Da parte dell’amministrazione comunale serravallese è motivo d’orgoglio ricordare che i 145 miliardi di lire dell’epoca stanziati per la ricostruzione furono assegnati senza un reclamo, un ricorso, una ricostruzione. Quale il segreto? Ad ogni gara invitavamo ogni volta quindici ditte diverse ed usavamo per l’assegnazione il metodo della media ponderata: impossibile ‘prevedere’ o combines…noi controllavamo anche gli stati di avanzamento” dice l’ex sindaco “Altro motivo d’orgoglio fu l’aver trasferito, già a natale, i terremotati dalle tende ai 300 containers e quindi, dal giugno alle casette di legno”.
Tuttavia per mettere la parola fine manca ancora quel dieci per cento…Il Presidente Napolitano, nel 2007, parlò di un’agenda con ancora cinque punti da realizzare. Chiediamo a Ronchetti: Sono rimasti sulla carta, forse…?. “Purtroppo, sì” è la risposta. Tuttavia bisogna accontentarsi…sotto i cieli italiani. Sul numero in edicola di “Orizzonti della Marca”, edito a Camerino, il direttore Giuseppe De Rosa scrive: “Vengono i brividi a pensare quale sarebbe stata la nostra attuale condizione se l’orologio geologico avesse spostato anche solo di un’ineziai, diciamo un decennio, la sua ora. Basta vedere a che punto è L’Aquila dopo il terremoto del 6 aprile 2009…”. “Al suo posto Serravalle di Chienti, Camerino, Nocera Umbra, Foligno –nomi presi a caso dalla geografia del sisma- non sarebbero sopravvissute”.
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Anche se ero molto piccola mi ricordo tutto alla perfezioneil palazzo in cui aabitavo oscillava come fosse stato un ramoscello portato via dal vento le persone passavano una sopra l’altra per paura di sentire un altra scossa violenta
Ci sarebbero tante cose da dire sullo sperpero dei soldi, sulla ricostruzione in zone dove il terremoto non si e’ neanche sentito, poi magari sull’epicentro c’e’ ancora qualche casa ancora da sistemare. E’ meglio non dire nulla.
Tutto vero quel che dici, Stella. Ma, mi raccomando, non andare a raccontare agli aquilani quanto è andata male la nostra ricostruzione…
Il 23 aprile 2009 il Consiglio dei Ministri no. 46, svoltosi all’Aquila, approvando un pacchetto di misure di emergenza approvava anche la progettazione e realizzazione, nei comuni terremotati, di moduli abitativi destinati ad una utilizzazione durevole e rispondenti a caratteristiche di innovazione tecnologica, risparmio energetico e protezione dalle azioni sismiche, nonché delle opere di urbanizzazione e dei servizi connessi, al fine di garantire adeguata sistemazione alle persone le cui abitazioni sono state distrutte o dichiarate non agibil.
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Tali moduli abitativi, in molti casi, si sono rivelati peggiori di quanto preventivato: brutti casermoni (in “stile impero”, forse il progetto di queste case popolari aquilane è stato ricopiato -male- dai progetti dello stesso periodo) dove, in pochi anni, si sono riscontrate le stesse magagne (se non peggori) delle normali civili abitazioni, nonostante dovevano essere costruiti con innovazione tecnologica e risparmio energetico…