Il ministro Alfano questa mattina a Cingoli
di Maurizio Verdenelli
“Angelo, pensa a miei figli, ti raccomando” furono le ultime parole del maresciallo Sergio Piermanni, colpito a morte dal ‘clan dei catanesi’ davanti la stazione Fs a Civitanova, alle 4 del mattino del 18 maggio 1977. Un’eredità lasciata all’allora brigadiere Angelo Albanesi che le rivelò a chi scrive dopo anni: “Non le avrei mai dimenticate quelle parole: ero pieno di dolore e di rabbia. Così riuscii a sopraffare gli assassini di Sergio della cui morte mi sono sempre ritenuto un po’ responsabile. Ero infatti andato io a cercare quella mattina alle 4 un fotografo che stampasse i negativi trovati nel portabagagli della ’volvo’ della banda. E lui, il fotografo, abitava nel palazzo del maresciallo Piermanni. Una maledetta coincidenza! Sergio, che era a riposo, non ci pensò due volte a saltare in auto con me alla ricerca di chi aveva ucciso qualche ora prima a Porto San Giorgio l’appuntato Alfredo Beni e ferito il brigadiere Veleniro Di Toro Mammarella”. Si sarebbe concluso solo quattro ore dopo, alle 8,15, in un residence di viale Alcyone a Francavilla a mare il più terribile fatto di sangue mai avvenuto nelle Marche dal dopoguerra ad oggi. Concluso con la cattura di Carlo Alè, luogotenente della gang che aveva terrorizzato il Torinese. Il col. Bario, comandante dei Carabinieri di Chieti, sorprese Alè senza dargli il tempo di impugnare l’arma che aveva sul comodino.
Foto di gruppo per Angiolino Alfano con le autorità
“Ci spararono a raffica. Le pallottole, rimbalzate sul tettuccio della Volvo, avrebbero ferito ad un occhio il brigadiere, bucato la parete di fronte e schiantato il cuore dell’appuntato Alfredo Beni. Un colpo solo, mortale. Eravamo tutti, quella sera, al ‘Caminetto’ di Porto San Giorgio. Festeggiavamo la mia nomina al comando dei Carabinieri di Fermo, dove ero da due mesi. Beni era tornato da poco dalla ‘sua’ Fiuminata, dopo un riposo” ha ricordato il generale Rosario Aiosa questa mattina, nel corso di una cerimonia che ha visto i vertici dello Stato in una Cingoli blindata e passata al setaccio pure con l’ausilio dei cani poliziotto. Con il ministro all’Interno, Angelino Alfano (“quando Beni veniva ucciso io facevo la 2. Elementare”), il comandante generale dei Carabinieri, gen. C.A. Leonardo Gallitelli e il Capo della Polizia, prefetto Alessandro Pansa. Poi i comandanti di tutte le forze armate e di pubblica sicurezza nelle Marche: con Cc e Ps, Finanza, Aeronautica, Marina militare, Vigili del Fuoco. Ed inoltre: la magistratura marchigiana, prefetto e questore di Macerata. A rappresentare il Governatore Spacca, l’assessore Paola Giorgi. Inoltre il presidente del Consiglio regionale, Solazzi, i consiglieri Francesco Massi e Giacomo Bugaro. Poi il presidente della Provincia, Antonio Pettinari, l’assessore cingolano Lippi, una ventina di sindaci delle zone interne. Un gruppo folto guidato dal sindaco di Macerata, Carancini continuando con Fiuminata (Ulisse Costantini), Martini (San Severino ), Treia, Montecavallo e pure Staffolo (Patrizia Rosini). Non è passata inosservata, nei due gazebo innalzati per le autorità sulla piazza, la presidentessa della Maceratese, Tardella.
Mai Cingoli aveva ospitato, con una pallida eccezione nel 1960 del presidente del Consiglio, Tambroni, un tale summit per ricordare l’eroico appuntato al cui nome è stata intitolata la bellissima palazzina in piazza Unità d’Italia, di proprietà del comune, finita di restaurare nel maggio del 2008 (il ‘grazie’ di Saltamartini al suo predecessore, Gianfilippo Bacci, presente). Che il Balcone delle Marche, in una mattina sfolgorante d’estate, possa essere all’epoca della crisi l’esempio concreto di come adesso l’Italia abbia bisogno di alti esempi, di sacrifici e di ‘eroi’ (non a caso), lo ha segnalato il ministro dell’Interno. “Lo Stato c’è, anche e soprattutto oggi qui a Cingoli per non dimenticare il sacrificio di eroi immolatisi e perché l’esercizio del diritto alla sicurezza non sia solo nome vano senza soggetto” ha detto Alfano dicendosi ‘molto felice’ per quell’occasione per la quale aveva dettato lui l’agenda. “Mi ha telefonato dieci giorni fa, annunciandomi che avrebbe preso parte all’intitolazione della casermagiovedì 17 luglio” rivela il sindaco, l’ex sen. Filippo Saltamartini, una vita nella Polizia. “Gli ho risposto: obbedisco. Avevo voluto il taglio del nastro dopo le elezioni, perché non si dicesse poi che io avessi voluto specularvi elettoralmente…”. Addirittura, seppure non confermato, si faceva il nome di Ignazio La Russa per l’intitolazione ad un eroe del nostro territorio. “Eroe, medaglia d’oro al valor militare come Piermanni, come Corinto e Chiarelli, come Alfredo Costantini, morto a 23 anni, anch’egli di Fiuminata come Beni” ha detto il col. Marco Di Stefano, comandante provinciale dei carabinieri.
Prima che la grande lapide fosse scoperta e benedetta da mons. Pio Pesaresi. “Graduato capo equipaggio di unità autoradio, nottetempo nel corso di conflitto a fuoco con malviventi, visto un sottufficiale cadere proditoriamente colpito, si slanciava, sparando, contro il feritore, attirando così sulla propria persona la furia omicida. Colpito al cuore, immolava La sua ancor giovane esistenza martIre del dovere e del suo nobile altruismo. Chiaro esempio di cosciente sacrificio” recita la lapide. Sul lungomare sangiorgese quella sera di maggio del ’77 -“quei sei entrati nel ristorante dove cenavamo erano troppo sospetti, così quando uscirono dissi ai miei uomini di ‘riconoscerli’: e in quel momento si scatenò l’inferno” ricorda ancora Aiosa, ferito gravemente e salvato da un intervento del prof. Landi ad Ancona – quando morì, Alfredo Bruni aveva 46 anni ancora non compiuti, una moglie Elena Cecchini, e tre figli: Filippo, il più grande, Francesca ed Emanuele, nato da poco. Elena Beni come Giovanna Piermanni, non si è più risposata: oggi, insieme con il maggiore dei figli, era a Cingoli. A lei, profondamente commossa, ‘l’ossequio particolare’ a cominciare dal sindaco Saltarmartini. Che, da ex dirigente di Ps (sua moglie, Agata, che non ha potuto essere presente alla cerimonia, è vice questore di Ancona) ha ricordato i 43 funerali di colleghi uccisi, ed ha invocato un terzo rinascimento dello Stato contro la mafia e la criminalità organizzata. Da parte sua il gen. Gallitelli ha parlato di quarto Risorgimento, da perseguire con forza e passione in difesa della Patria, indicando nella ‘protezione ravvicinata’ che una caserma offre, la presenza dello Stato e la sicurezza dei cittadini sul territorio. Quella di Cingoli –ha detto inoltre il col. Di Stefano- è una delle 40 caserme in provincia: “420 carabinieri, ed ogni giorni, 100 servizi esterni, 75 chiamate al 112 e ad oggi dall’inizio dell’anno, 97 arrestati e 1.200 persone denunciate”.. Nel nome di Beni e tutti gli italiani morti per questo Stato e i suoi cittadini, il gen. Gallitelli ha ‘abbracciato’ virtualmente, tra gli applausi, gli uomini di Ps con il prefetto Pansa “ai quali ci lega una salda comunione di fini, affetti e sentimenti”.
Che Cingoli, 10.000 anime, un ‘esempio per l’Italia di adesso’ lo ha indicato Saltamartini che ha ricordato come ci sia ‘un’impresa ogni cinque abitanti’ e come il papa cingolano Catsiglioni scrivesse al filosofo Rosmini che ‘non si può più solo occuparsi della salvezza delle anime ma pure di quella sociale…’. Da qui la ‘preghiera’ ad Alfano perché valuti le richieste di tutti i lavoratori di in divisa che non scioperano ma che aspettano ‘equità’, considerato il ‘blocco stipendiale dal 2004’. In Piazza Unità d’Italia, con la fanfara della Scuola Marescialli di Firenze, con un picchetto armato, i labari di Provincia, Fiuminata e Cingoli e delle associazioni d’arma, lo speaker capitano Domenico Candelli (comandante della compagnia di Civitanova ) ha scandito i vari momenti di una cerimonia che iniziata con un’ora di ritardo, alle 11,19, si è conclusa nello spazio di un’ora. Con i ragazzi della Pallamano cittadina, dell’Avis con la presidente Floriana Crescimbeni, circa 150 cingolani e pure qualche imprenditore (di nome) che non hanno fatto mancare calore, simpatia ed applausi. “E’ un paese laborioso, questo –ha aggiunto Saltamartini che praticamente aveva contattato ogni famiglia nei giorni scorsi- che lavora ogni giorno. Uno di questi mi ha detto, signor ministro, di recarti questo messaggio: sono contento per la presenza dell’on. Alfano ma purtroppo non posso esserci perché devo lavorare per il fisco….”.
Una ‘palla’ ripresa dal ministro: “Il sacrificio di Beni per la Patria è di grande importanza perché come ci ha insegnato Sciascia se la memoria non ci illuminasse il futuro, la memoria non avrebbe futuro. Non solo di PIL vive lo Stato, ma di eroismi come quelli di Beni e dei ‘servitori’ che seppure non siano in divisa, psicologicamente, si sentono ugualmente impegnati, come fu per Piermanni. Questo è il patrimonio immateriale dello Stato che genera fiducia nei cittadini: se così non fosse la morte dell’appuntato marchigiano sarebbe stata vana. Noi siamo impegnati con il profondo del cuore nel cambiamento, anche con un’azione sul fisco, dando ragionevoli speranze soprattutto ai giovani”. Poi la visita in caserma e in comune, perfettamente restaurato dopo il terremoto del ’97: lo Stato, anche per una foto in fascia tricolore, si è ritrovato per una mattinata a Cingoli, sul Balcone delle Marche, l’Adriatico in vista.
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lui chi è lo Stato????
Considerato che l’Italia è fuori come un balcone l’idea del Balcone delle Marche come capitale non è male.
Quando ho fatto il corso nel 1996, come allievo carabiniere ausiliario a Chieti ho conosciuto l’allora Maresciallo M.A.S.U.P.S. Veleniro Di Toro Mammarella, era il mio Comandante di Plotone. Un’ottima persona e un vero professionista. Speriamo che il segnale per i catanesi sia chiaro, oggi come allora lo Stato, insieme ai cittadini non omertosi nelle Marche, è presente e tangibile.