di Filippo Davoli
Ci sono artisti che tutti i giorni non perdono occasione di mettersi in luce per quello che fanno e che dicono. Artisti che, grazie ad una sapiente azione di automarketing, hanno trovato ogni sorta di compiacente sostegno, e son sempre lì a suonarsela e a cantarsela.
Ci sono invece artisti che preferiscono il nascondimento operoso, che quasi nemmeno si sa che abitano nella tua stessa città (mentre invece è così) e che il mondo intero conosce e stima. L’appartenente a questa seconda categoria, abituato a dedicarsi alla propria ricerca nelle penombre amate della biblioteca o nelle stanze insonorizzate della propria casa, generalmente nel suo borgo è quasi sconosciuto, nessuno sospetta; ma appena varcata la siepe la situazione si ribalta. E il mondo, come si sa, è un po’ più grande di un borgo, quale che sia.
Roberto Passarella è uno di questi artisti del nascondimento operoso. Persona squisita e gentile, di rare umiltà e affabilità, che non diresti mai – incrociandolo – di essere in presenza dell’artista che è. Il sottoscritto ha avuto l’enorme fortuna di conoscerlo tramite suo padre, bandoneonista di fama mondiale (che vive a Macerata, pur essendo uruguayano): quell’Hector Ulises Passarella che tutti noi abbiamo amato ascoltare col suo bandoneón nella colonna sonora de Il Postino, diretto dal grande Luis Bacalov, senza sapere che ci abitava a pochi metri da casa e che quell’omino che incontravamo al supermercato era in realtà il gigante erede naturale di Astor Piazzolla, e come tale universalmente riconosciuto.
Con Roberto Passarella siamo diventati buoni amici, così – all’atto di iniziare le pubblicazioni di Quid Culturae – gli ho chiesto se gli faceva piacere collaborare con noi. E lui ha accettato con entusiasmo (un attestato di stima nei nostri riguardi che reputo superiore al dovuto: l’entusiasmo maggiore è stato il nostro).
Lui si schermisce, ma io so perfettamente chi abbiamo a bordo: un giovanissimo talento della composizione e direzione orchestrale, bandoneonista anche lui, che il 6 giugno suonerà e dirigerà in Vaticano, presso il Palazzo della Cancelleria, in omaggio a Papa Francesco e a J.G.Artigas , la sua Messa Qoelet per bandoneón, quartetto di voci, quartetto d’archi, percussioni e voce recitante. Tra i cantanti, un altro talentuosissimo giovane amico: il basso Massimiliano Ricucci.
Anche la voce recitante è una presenza amica: si tratta di Maurizio Boldrini. Voce da brivido, maestro di intere generazioni di aspiranti attori, particolarmente sensibile (e in maniera molto efficace) alla mai facile dicitura della poesia. Eppure, nonostante tutto, un altro appartato.
Tornando a Passarella: sorprende che, a soli venticinque anni, Roberto abbia già composto ed eseguito in pubblico un Oratorio dedicato a Caravaggio (con testi dello scrittore Matteo Ricucci), un lavoro teatrale (Arthur, fierezza d’eros, rappresentato per la regia di Rodolfo Craia, con gli inserti musicali eseguiti dallo stesso Roberto insieme alla violinista Serena Cavalletti e alla pianista Cristiana Tappatà), tre quartetti d’archi, due sinfonie e svariati altri pezzi da camera. Tuttavia, la cosa non sorprende il sottoscritto, ben consapevole che il vento buono dell’arte, quando soffia, soffia dove preferisce lui; in questo caso specifico, ha proseguito un discorso: un intero patrimonio di civiltà, di passione e storia, di dolore, di amore, di umanità e di cultura, si è come trasmesso da Passarella padre a Passarella figlio, amplificandosi.
Il concerto del 6 giugno, che sarà eseguito in Prima mondiale assoluta, è stato organizzato dall’ambiasciata uruguayana presso la Santa Sede.
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