di Filippo Davoli
Non ho mai capito bene perché, quando si viene invitati a qualche convegno o presentazione, le date previste coincidono tutte quante o – se non si accavallano – costringono ad autentici tour de force da un capo all’altro della Penisola.
Un tempo avevo assunto la forma di un elastico: andavo su e giù per l’Italia, approfittando degli impegni letterari per salutare i buoni amici che, grazie a Dio, ho un po’ in ogni angolo della nostra nazione. Poi mi sono progressivamente cristallizzato, sedimentato, anche un po’ invecchiato. Arrugginito nella schiena, ma non nelle intenzioni. E soprattutto felicemente desideroso di ricominciare e di rilanciare ogni volta, perché trovo terribilmente noioso (quando non tragico) dimenticarsi che siamo transitori e chiudersi il cielo sopra sposando per sé un’etichetta, un biglietto da visita, un ruolo.
Così, dopo anni di silenzio operoso nella biblioteca e sulla pagina bianca, al di là dei fotoritocchi e delle digressioni di costume ospitate dagli amici di CM (che non mi stancherò mai di ringraziare per avermi dato un nome nella mia città, in tempi per me di vacche magrissime), l’impegno militante letterario – sebbene mai interrotto nelle segrete stanze – ricomincia ufficialmente dalla nascita di Quid Culturae.
Civitanova Marche, Teatro Cecchetti, 9 maggio ore 17:30
Sono reduce da un week end denso, come dicevo in apertura, di appuntamenti: venerdì 9 a Civitanova Marche, a far presentare il mio “I destini partecipati” da Nicola Bultrini, al quale è toccata l’incombenza di subire la mia presentazione del suo “La specie dominante”. Ci siamo divertiti: con Nicola ci conosciamo da almeno venticinque anni. Lo mise sulle mie tracce l’amico milanese Franco Loi, che oggi prefà il suo bel libro edito da Aragno. Sorprendentemente non ci conoscevamo, pur essendo lui originario di Civitanova Marche (sebbene residente a Roma). Ne nacque una bella frequentazione, fatta di reciproca stima e consolidata nel tempo.
Aldo Caporaletti e i responsabili del Liceo di Scienze Umane che ha sede nell’allora “Stella Maris” ci hanno confezionato un pomeriggio gradevolissimo, con gli studenti che hanno letto e commentato nostri testi e noi due chiamati a giocare la più naturale e al contempo difficile partita della nostra carriera: parlare l’uno dell’altro, ma in praesentia. Con il soccorso di un ospite d’eccezione tra il pubblico: il poeta Umberto Piersanti di Urbino, presso la cui Università è docente di Sociologia della Letteratura. Il pretesto dei nostri libri ci ha permesso di ricordarci (perché fa sempre bene…) cos’è la poesia e cosa non lo è affatto; e poi la larga esperienza delle testimonianze marchigiane, i guasti dell’avanguardia e di certo minimalismo di maniera, sciatterie scambiate per la difficile arte della semplicità, l’intramontabile fiume del “Grande Stile” della Lirica italiana, la risibilità dei generi e delle generazionalità come categoria di giudizio, endecasillabi e alessandrini, e chi più ne ha più ne metta.
Alle 17:30 di un giorno lavorativo, nella Civitanova Marche che non è – per definizione d’altri – l’Atene delle Marche, come pretende d’essere invece il capoluogo, avere una sessantina di persone di tutte le età come uditorio fa molto ben sperare.
Perugia, 10 maggio
Non possiamo fermarci insieme a cena a Civitanova: sabato mattina ci attende un altro spostamento, nella vicina Umbria. Per la precisione a Perugia, città dove vive e lavora il direttore responsabile di Quid Culturae nazionale, Gaetano Fiacconi. Per me, che con lui dirigo il nuovissimo e fiammante nostro portale, Fiacconi è praticamente un fratello. Giornalista ma anche artista (ha all’attivo numerose personali e collettive, ma anche la pubblicazione di testi dedicati all’arte e alla storia della “sua” Umbria), sebbene – come dicevo – mio amico e sodale da una vita, ritengo sia importante che anche i ragazzi della redazione di Quid possano conoscerlo da vicino: non ne mancherà modo anche in seguito, ma visto che l’11 siamo attesi ad Otricoli (TR) per una lettura dedicata alle stelle, Perugia diviene una sorta di sosta naturale.
La spedizione perugina comprende, oltre al sottoscritto, Davide Tartaglia (prossimo alla pubblicazione della sua bella opera prima per i tipi di Italic), Edoardo Salvioni (topo bibliografo e brillante ricercatore della nostra testata) e Luca Albanesi (che incarna una nota aria rossiniana: Largo al factotum).
Perugia è sempre una gran bella città: alcuni affermano che di notte è ormai impraticabile per l’alto tasso di delinquenza (la ribalta nella cronaca nera per il caso di Meredith potrebbe confermarlo), ma la sua storia vibrante, le vestigia architettoniche, finanche la vivacità studentesca che in questo sabato 10 maggio invade la piazza e il corso per raccogliere fondi destinati alle iniziative goliardiche, confermano ai nostri occhi il giudizio di partenza: a Perugia si respira una bell’aria comunque. Dal minimetro che collega la periferia al centro ai tavoli del mitico caffè Sandri, dagli scaffali di poesia e critica ben documentati della Feltrinelli agli affreschi che fanno capolino dai portoni a coppo, un pomeriggio perugino ristora dagli affanni quotidiani e permette di “complottare” felicemente qualche ghiotta news per l’attività della nostra rivista.
Otricoli, 11 maggio – “Notte di stelle e di poesia”, ore 21:00
Abbiamo fatto bene a rinfrancarci una giornata a Perugia: Otricoli si trova infatti all’estremo lembo sud dell’Umbria, al confine con il Lazio, nei pressi di Amelia e Narni. È un borgo miracolosamente intatto, con le sue trame medievali bene in luce, i vicoli, i ponticelli che tagliano i palazzi immettendo in cortili da favola, oppure in slarghi aperti e sterminati sulle colline e sulla pianura.
Arriviamo verso le 20:00. Ci accolgono Saverio Bafaro (poeta e critico calabrese che lavora a Roma, ma vive qui ed ha organizzato la lettura), Loredana Savelli (sua ospite, proprio come noi), Niccolò Carosi (poeta anch’egli, ma con all’attivo una bella esperienza editoriale insieme al cantautore siciliano Fabio Furnari, anch’egli ospite). Manca all’appello il critico letterario Matteo Mario Vecchio: ha la febbre a quaranta e non ha potuto lasciare la sua Milano. Peccato.
La location prevista per la nostra lettura è una specie di miracolo: il fondo scena è la parete immacolata di una casa sulla cui sommità svetta una finestra accesa. A destra un vicolo che chissà dove porta, a sinistra uno di quei panorami vertiginosi di cui dicevo. Puntato verso il cielo un telescopio: non solo con funzione simbolica di riferimento alla serata dedicata alle stelle, ma anche – se non fosse tutto nuvolo… – con l’intenzione di agevolare un contatto tra i versi stellari e stellati dei poeti (ognuno di noi proporrà quattro classici e quattro suoi testi dedicati alle stelle) e le abitanti del cielo, le spettatrici numero uno, le ospiti d’onore.
Contrariamente alla giornata estiva di Perugia, la serata otricolese si fa ricordare per un freddo canaglia (complice la totale apertura sul panorama): buon per me che, freddoloso come sono, ho portato un bel maglione di lana e l’inseparabile cappottino nero.
Il pubblico si accartoccia su sé stesso ma non se ne va, qua e là probabilmente qualcuno abbraccia anche chi gli sta a fianco in cerca di riparo; intanto, sulla predella variamente illuminata, si susseguono le nostre voci e i testi degli autori: Mario Luzi, Michelangelo, Amelia Rosselli, Piero Bigongiari, Rimbaud… (non ho mai amato tanto i caldi riflettori come stavolta), e poi Tartaglia, Davòli (si dirà Dàvoli o Davòli?), Savelli, Carosi, Bafaro… e gli intermezzi di Furnari…
Una bella serata: le stelle (dive appartate dietro la nuvolaia diffusa) saranno state contente. Manchiamo però alla cena, abbiamo deciso di rientrare direttamente a Macerata e la strada da fare è parecchia, giusto un caffè (e il sottoscritto un vorace assaggio di salumi e formaggi del posto: irresistibili, già dagli odori). Come nelle migliori gite scolastiche, il viaggio di ritorno è costellato di canti a squarciagola sulle note delle canzoni italiane degli anni ’70 e ‘80 (da Nada a Nicola di Bari, passando per Mina, Alan Sorrenti e Loretta Goggi): gli stoni vistosi serviranno se non altro a tenere sveglio il nostro Luca, che è alla guida.
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Se “la vita è l’arte dell’incontro”, come Filippo è solito ricordarci, dopo questo weekend sono sempre più convinto che la poesia, l’arte e la letteratura sono strumenti unici per accedere a questa vita. Certo, la poesia non è la vita -che è molto più grande- ciononostante rimane un veicolo privilegiato attraverso cui questa vita si sfalda, mostra la sua trama nascosta fino a rendersi trasparente, penetrabile.
Fortini, in una sua intervista diceva: “anche la poesia più apparentemente privata chiama in vita una parte della coscienza collettiva, allude al valore non individuale del linguaggio, produce un senso”.
Ecco, credo che in questi tre giorni abbiamo fatto esperienza, nell’umiltà, del privilegio di partecipare a questo senso, a questo linguaggio capace di accomunare l’uomo di ogni latitudine che miracolosamente la poesia mette ancora in moto.