Lo confesso, Stavo pensando a tutt’altro. Pensavo a Mattei ed in particolare a quello che (di molto) era emerso sulle tracce del Grande Enrico in giro per l’Italia dopo la pubblicazione de ‘La Leggenda del Santo petroliere’ (Ilari editore). E stavo valutando anche l’importanza di una fotogallery del tutto inedita per un nuovo libro, quando Emanuele Tacconi tirò fuori altre immagini che con il fondatore dell’Eni non c’entravano per nulla oppure c’entravano tantissimo considerato che su quei tormentati ‘fronti’ (Africa e Federazione Russa) Mattei era ‘di casa’ ed ancora è ricordato, appunto, come ‘Il Santo Petroliere’, tanto che il suo braccio destro, l’ing. Egidio Egidi ebbe modo di scrivermi prima di morire improvvisamente che mai titolo gli era sembrato tanto azzeccato per il suo ex ‘principale’. Così anche con l’approvazione della comunità delle Clarisse di Matelica, che ebbe in Mattei il proprio laicissimo e venerato ‘protettore’ (“Anche il Grande Enrico sarebbe d’accordo”), decisi di prendermi una ‘vacanza’ dal Matelicese nato ad Acqualagna e dare la precedenza a quelle foto che non chalance Emanuele Tacconi mi aveva messo sotto gli occhi. Coincidentemente con due grandi, tragici anniversari. Ad inizio aprile i ventanni del genocidio in Ruanda che fece il più alto numero di orfani che la storia dell’uomo ricordi, a settembre i dieci anni della strage di Beslan, in Ossezia del Nord, ad opera di trentadue fondamentalisti islamici penetrati nella scuola che celebrava quel giorno il secondo semestre dell’anno di studi.
In quelle foto (che formano ora il corpo centrale del libro ‘I martiri bambini’, in calendario il 3 maggio, alle 16 alla loggia del Grano, nella rassegna Macerata Racconta) non c’è spazio per il sensazionalismo ma per la testimonianza e la speranza. Quando le ha scattate, Emanuele, appena reduce dai campi profughi siriani in Turchia, non pensava assolutamente ad una pubblicazione. E neppure che in migliaia di immagini, all’improvviso (dopo un’intervista a chi scrive) sparissero, solo quelle ben numerate ed in ordine come lui metodicamente vogni volta fa, quei quattro/cinque scatti che documentavano tra le tende un’estemporanes scuola di ‘guerra’ che alcuni vecchi tenevano davanti ad un’attentissima platea di ragazzini, con tanto di esercitazioni pratiche. Quelle foto non ci sono più, dissolte (o fatte dissolvere da qualcuno rimasto ignoto). ‘Malesh’ commenta in conclusione nel suo intervento Tacconi. Insciallah!
Dalla prefazione di Emanuele Tacconi:
“Non sono un fotografo e nella mia vasta raccolta di fotografie scattate in tanti anni di viaggi nei posti più dimenticati del mondo ci sono foto tecnicamente ben fatte. Molto meglio di queste pubblicate in questo libro ma quest’anno in occasione del decimo anniversario della strage di Beslan condividere queste foto vuole rappresentare un modesto contributo per commemorare la memoria delle 386 vittime di cui 186 bambini. Una strage troppo presto dimenticata, cosi come tante altre, cosi come l’attuale dramma dei profughi siriani. Un dramma sempre più grave di cui si parla sempre di meno. Purtroppo il dramma della Siria non è l’unico. Qualche giorno fa in occasione della presentazione del libro “Il mercenario”, al protagonista, Mr. Tullio Moneta, fu chiesto cosa ne pensasse dei bambini vittime della guerra. Lui pronto ha risposto “Andiamoci piano con i bambini vittime della guerra. I bambini nelle zone di guerra sono pericolossissimi” – riferendosi ai bambini soldato. E’ vero. Confermo. Ma a mio avviso quei bambini sono doppiamente vittime. Vittime per dover subire tutto ciò che di negativo si può subire nel vivere in un paese in guerra, doppiamente vittime perché costretti a compiere azioni indescrivibili e delle quali porteranno, per il resto della loro vita, i segni indelebili nella loro pelle e nella loro psiche. Con estrema violenza, sia fisica che psicologica, i bambini vengono costretti ad arruolarsi e questo costituisce una delle più gravi violazioni delle norme che regolano i diritti dell’infanzia nel mondo.
Sia per cultura sia perché terrorizzati dalle dure punizioni che subiscono in caso di insubordinazione, i bambini sono devoti ai loro superiori e incoscientemente affrontano qualsiasi pericolo e si prestano a qualsiasi tipo di abuso. Le stime non sono certe ma si presume che tra i 250.000 e i 300.000 bambini nel mondo sono impegnati in azioni di guerra. Dato inquietante quello del Myanmar dove si stima che oltre 75.000 bambini siano stati arruolati sia nell’esercito regolare che nei vari gruppi armati. In tutto il Medio Oriente i bambini costituiscono una risorsa irrinunciabile per i gruppi islamici radicali. In Palestina costituiscono il 70% dei partecipanti all’intifada. Ma il problema più grave rimane in Africa. In Sierra Leone i bambini soldato hanno avuto un ruolo di primissimo piano durante i dieci anni di conflitto. In Sudan circa 100.000 bambini combattono una guerra civile che dura da 20 anni. In Angola il 36% dei bambini hanno preso parte, al seguito delle truppe, ai combattimenti. In Liberia circa 20.000 bambini hanno prestato servizio al fianco delle varie fazioni. Il famigerato Lra (l’Esercito di Resistenza del Signore) e’ famoso per essere costituito al 100% da bambini. E poi ci sono l’Uganda, la Somalia, il Congo, la Repubblica Centrafricana, la Costa d’Avorio, l’Angola e il Mozambico ad incrementare queste tristi statistiche. E le bambine? Le bambine, a livello globale, costituiscono oltre il 30% delle forze armate degli eserciti che impiegano bambini tra le proprie fila e sono le più esposte ad abusi sessuali che le rendono vulnerabili ad un’altissima esposizione alle malattie sessualmente trasmissibili tra cui l’HIV e a devastanti e irrimediabili danni a livello psicologico.
In occasione del ventennale del genocidio tra hutu e tutsi avvenuto in Rwanda dove in 100 giorni sono morte almeno un milione di persone e dove ancora oggi circa il 70% dei bambini soffrono di malnutrizione voglio ricordare il pensiero di Gloriose. Una delle tante testimonianze dei bambini che hanno sofferto quel terribile evento. “Quando questa foto è stata scattata, ancora credevo che tutto si sarebbe aggiustato e che i miei genitori fossero ancora vivi e che mi avrebbero dato una vita felice. Vorrei invitare la comunità internazionale e altre organizzazioni umanitarie ad aiutare altri bambini che ora stanno vivendo la stessa situazione che ho vissuto io. Sono vittime di situazioni che sfuggono al loro controllo.” Gloriose riuscì a scappare insieme ai suoi fratelli maggiori, Flodouard e Cyprien. Si nascosero fino a quando non furono trovati dai ribelli e portati, in seguito, presso l’orfanotrofio di Byamba. Grazie alle foto scattate dalle organizzazioni umanitarie internazionali che tentavano di ricongiungere i bambini dispersi con i propri familiari, sono poi stati affidati ad uno zio paterno. Gloriose ora studia veterinaria, Cyprien è un militare e Flodouard ha una fattoria.
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Bravo Emanuele!!