Le nostre “quote rosa” fanno fatica a sbocciare

Gli uomini dominano in Regione, in Provincia e nelle civiche istituzioni di Macerata e Civitanova. E le “sindache”? Soltanto quattro su 57 Comuni

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di Giancarlo Liuti

 Per la prima volta nella storia d’Italia il diritto delle donne di votare ed essere votate per il Parlamento fu esercitato nel 1948, quando ne furono elette 44 (7 %) alla Camera e 5 (1,4%) a Palazzo Madama (da notare che di quella sparuta pattuglia fece parte anche la maceratese Maria Pucci, e questo è un fiore all’occhiello del quale potremmo vantarci). Stante il “maschilismo” che persiste nel nostro Paese, il cammino verso la cosiddetta “uguaglianza di genere” in ogni campo – la politica, certo, ma soprattutto il lavoro e i tradizionali ruoli all’interno delle famiglie – non è stato e non è facile, anche se sulla spinta del fenomeno culturale di emancipazione femminile che riguardava e riguarda tutti gli aspetti della società esso è stato lento, sì, ma continuo, specialmente a partire dagli anni ottanta. Nelle elezioni del 1987, infatti, quella percentuale salì al 12,7, nel 1994 al 16,1, nel 2008 al 20,3 e l’anno scorso al 31,3, con 197 deputate su 630 e 91 senatrici su 315. Non siamo ancora al 50 per cento, un traguardo al quale si è tentato di arrivare con la proposta, poi respinta dalla Camera, di introdurre per legge le cosiddette “quote rosa” (iniziativa finalizzata a giusti ideali, ma col sospetto che fosse un pretesto per far fallire l’intesa Renzi-Berlusconi sulla nuova legge elettorale). E vedremo cosa accadrà in Senato. A mio avviso, comunque, la progressiva affermazione della donna sta scritta nell’evoluzione naturale dei tempi e andrà avanti anche in mancanza di “quote rosa”. Però ripeto: questo cammino, sul quale, specie in Italia, pesano costumi e pregiudizi secolari, non sarà facile. Matteo Renzi, ad esempio, ha piazzato un buon colpo formando un governo di 16 ministri con 8 donne e 8 uomini, ma poi ha dovuto far marcia indietro non inserendo neanche una donna fra i 9 viceministri e nominandone solo 8 fra i 35 sottosegretari.

 Veniamo a noi e diamo uno sguardo alla realtà di casa nostra. Una realtà che nelle pubbliche istituzioni è ancora ben lontana dalla “parità di genere”. Lo scorso anno dei 16 deputati eletti nella circoscrizione delle Marche soltanto 6 sono donne: le maceratesi Irene Manzi (Pd) e Laura Boldrini (Sel, che poi ha optato per la circoscrizione siciliana), la pesarese Alessia Morani (Pd), le jesine Valentina Vezzali (Scelta civica) e Donatella Agostinelli (CinqueStelle), la fabrianese Patrizia Terzoni (CinqueStelle). Molto meglio per gli 8 senatori: 4 uomini e 4 donne, la pesarese Camilla Fabbri (Pd), la senigagliese Silvana Amati (Pd), le fabrianesi Maria Paola Merloni (Scelta civica) e Serenella Fucksia (CinqueStelle). Nella nostra provincia, ma per puro caso, il “fifty-fifty” è stato rispettato con l’elezione al Senato di un uomo (Mario Morgoni, Pd, Potenza Picena) e alla Camera di una donna (la già citata Irene Manzi, Pd, Macerata). Da non trascurare, comunque, che la segreteria provinciale del Pd è andata alla morrovallese e renziana Teresa Lambertucci.

 E in Regione? Peggio. Dei 42 consiglieri eletti nel 2010 solo 7 sono donne, pari al 16 per cento. E fra gli attuali 8 assessori le donne sono 3: Sara Giannini (Pd, Morrovalle), Paola Giorgi (Cd, Sassoferrato) e Maura Malaspina (Udc, Petritoli). E nell’Amministrazione provinciale di Macerata? Ancora peggio. I consiglieri sono 24, ma le donne appena 4: Giuseppina Bruno (Pd, Civitanova), Noemi Tartabini (Fratelli d’Italia, Civitanova), Rosalba Ubaldi (Udc, Porto Recanati) e Gabriella Winni Mazzoli (Pd, Camerino). E in giunta? Gli assessori sono 6, ma solo uno di sesso femminile: Paola Mariani (Pd, Monte San Giusto).

 Netto primato maschile, inoltre, nelle istituzioni civiche delle due maggiori città. A Macerata i consiglieri comunali sono 40 e le donne si limitano a 4: Gabriella Ciarlantini (Verdi), Francesca D’Alessandro (Macerata è nel Cuore), Anna Menghi (Lista Menghi) e Deborah Pantana ( Pdl, ora Forza Italia), mentre gli assessori donna sono soltanto 2 su 8: il vicesindaco Federica Curzi (Pensare Macerata) e Stefania Monteverde (Sel). Un po’ meglio la situazione di Civitanova, con 5 donne su 24 consiglieri: Mirella Emiliozzi (CinqueStelle), Belinda Emili (Federazione della Sinistra), Mirella Franco (Pd), Lidia Jezzi (Pd) e Roberta Rutili (Pd). Ma in giunta – 7 assessori – c’è solo Doriana Mengarelli (profilo tecnico). Lì, di donne, c’era pure Antonella Sglavo (Sel), poi costretta a dimettersi per l’infortunio su Facebook con quello sgangherato intervento “mussoliniano”.

 Ma il minimo assoluto in fatto di presenze femminili lo si registra nei 57 Comuni del Maceratese, dove sono in carica soltanto 4 donne: Nelia Calvigioni (lista civica) a Corridonia, Piera Debora Mancini (lista civica) a Petriolo, Simonetta Scaficchia (lista civica) a Bolognola e Rosalba Ubaldi (Udc) a Porto Recanati. Dunque il 7 per cento. Esattamente come sessantasei anni fa nel Parlamento nazionale. Quote rosa? No, quote nere. A Macerata ci fu un’eccezione nel 1997, quando a capo di uno schieramento di centrodestra fu eletta sindaco Anna Menghi, quasi un record nazionale per i capoluoghi di provincia. Ma che fosse una clamorosa eccezione lo si capì dopo appena due anni, quando lei venne inopinatamente defenestrata dalla sua stessa maggioranza.

 La prossima primavera i cittadini maceratesi torneranno a votare e fra i nomi che circolano nel “totosindaco” ce ne sono, per ora, due femminili: Deborah Pantana di Forza Italia e la presidente del calcio biancorosso Maria Francesca Tardella, ipotetico leader – apolitico ma non tanto – di un eventuale agglomerato di liste civiche. Staremo a vedere. La pecora cammina, si dice da noi a proposito di qualcosa che pur lentamente va avanti. Però attenzione: il montone non molla.

 

 



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