di Giancarlo Liuti
Sta finendo un anno del quale non si può dire che male. Per la crisi economica, certo, che ha colpito gran parte dell’Occidente e ancor più l’Europa. Peggio ancora, però, ha colpito l’Italia, sulla quale hanno pesato, oltre alla crisi, alcuni suoi propri fattori negativi: l’enorme debito pubblico che le sta sul groppone da circa quarant’anni, la massiccia presenza della criminalità organizzata le cui risorse finanziarie sono quasi paragonabili a quelle statali, l’altrettanto massiccia evasione fiscale e, da ultimo, il paralizzante risultato delle elezioni di marzo, con tre partiti – Pd, Cinque Stelle e Pdl – di forza quasi pari e di quasi impossibile conciliabilità fra di loro. Un pessimo anno, dunque, anche per la politica, alla quale si è finiti per attribuire la colpa di ogni sciagura ignorando l’oggettiva serietà della situazione. I governi? Messi in piedi per mero stato di necessità, formati da forze con diverse, se non opposte, visioni del mondo e privi di un convinto e compatto sostegno parlamentare, gli esecutivi di Monti e Letta si son trovati alle prese con problemi – in primis, ripeto, la crisi economica e il debito pubblico – le cui soluzioni erano e sono a tal punto complesse da determinare incertezze, ripensamenti, errori e una sorta di rassegnata impotenza. Ogni passo apparentemente proficuo, infatti, si ritorce nel suo contrario: i tagli alla spesa pubblica vanno a colpire i servizi sociali, le misure a favore delle attività produttive fanno crescere la spesa pubblica, una dura lotta contro l’evasione fiscale e l’economia sommersa fa crescere la disoccupazione, gli azzardi di bilancio sono impediti dai vincoli europei, il tutto in una confusione di proposte confliggenti fra loro in cui il bandolo della matassa, posto che ci sia e lo si trovi, basta sfiorarlo e subito si sfilaccia.
Questi macigni – mondiali, continentali e, alcuni, tutti italiani – gravano anche sulle istituzioni periferiche regionali, provinciali e comunali, il cui personale politico avrà i suoi difetti (costa troppo, provoca o tollera sprechi, si comporta anch’esso da “casta”) ma i trasferimenti statali sono stati decimati e far quadrare i conti senza aumentare le imposte locali o, altrimenti, deludere le legittime aspettative degli amministrati è diventata pressoché una chimera. Vi siete mai chiesti per quale ragione non c’è nessun presidente di regione, nessun presidente di provincia e, soprattutto, nessun sindaco che oggi, a prescindere dal colore politico, non veda crollare il gradimento dei suoi amministrati? Possibile che siano tutti degli inetti, degli irresponsabili e dei mangiapane a tradimento come ce li mostrano i “vaffa” di Beppe Grillo e i catastrofismi di una considerevole parte dell’informazione televisiva e stampata? Mi rendo conto di essere una “vox clamantis in deserto” e di passare per un ottuso difensore della politica, ma non è questo il punto. Ammettiamo pure che la politica, così com’è, faccia perfino schifo. Non fingiamo, però, che quei macigni non ci siano e non contribuiscano a determinare le incertezze, i disorientamenti e il degrado qualitativo dei reggitori della cosa pubblica, perché quanto più i problemi sono irrisolvibili tanto più appaiono inadeguati coloro che dovrebbero risolverli.
Veniamo alla situazione in cui versano, a Macerata, i centri istituzionali del potere politico, cioè la giunta e il consiglio comunale. Tre anni fa Carancini vinse dapprima le primarie del Pd, poi quelle di coalizione del centrosinistra e infine le elezioni, ricevendone una piena legittimità democratica a governare la città. Con quale messaggio ai cittadini? L’ormai famosa “nuova storia”, che nelle tematiche dell’ambiente e del freno alla cosiddetta “cementificazione selvaggia” interpretava esigenze emergenti a livello non solo nazionale e si poneva in una discontinuità evolutiva e non necessariamente polemica rispetto alle precedenti giunte Meschini, anch’esse di centrosinistra. Com’era formata, all’inizio, la coalizione vincente? Da ben sette gruppi: quattordici consiglieri del Pd, tre dell’Italia dei Valori, due di Pensare Macerata, due dei Comunisti Italiani, uno dei Verdi, uno della Federazione di Sinistra, uno della Sinistra per Macerata. Totale: ventiquattro su quaranta, più che sufficienti a garantire, in teoria, una stabile e concorde maggioranza. E com’era formata l’opposizione? Da sei gruppi: nove consiglieri del Pdl, due di Macerata nel Cuore, due dell’Udc, uno della Lista Conti, uno della Lista Ballesi, uno della lista Anna Menghi. Totale: sedici su quaranta, più che sufficienti all’esercizio di quella funzione di controllo anche severo sulla maggioranza che in democrazia è indispensabile.
Son passati tre anni e il panorama, nei numeri, è cambiato: i tredici gruppi son diventati sedici, con una ulteriore frammentazione che certamente non aiuta a lavorare per il bene comune. Si pensi, nella maggioranza, allo strisciante distacco dei Comunisti Italiani e di parte dell’Italia dei Valori. E si pensi, nell’opposizione, alle sopravvenute distanze nell’ex Pdl fra i sei tornati a Forza Italia, i due dei Fratelli d’Italia e uno del Nuovo Centrodestra di Alfano, senza contare la posizione ultramoderata assunta dall’Udc. Ma il fenomeno più eclatante riguarda il Pd, dove in apparenza nulla è mutato ma in realtà si è fatta sempre più evidente una sorta d’incomunicabilità fra gli “eredi” delle giunte Meschini e i “nuovisti” della giunta Carancini. Su quale tema? L’urbanistica, vale a dire il cemento. La qual cosa ha fatto sì che a quei già detti macigni se ne sia aggiunto uno specificamente maceratese: la lotta intestina, nel Pd, con estenuanti verifiche, faticosi rimpasti e continui ostacoli all’esecutivo da parte della commissione consiliare “territorio e ambiente” presieduta dall’attualmente indagato e autosospeso Luigi Carelli (Pd) e nella quale un ruolo notevole ha avuto l’attualmente indagato e dimessosi Guido Garufi (Centro democratico). Guerra aperta su che cosa? Superfluo ripeterlo: l’urbanistica, dove si annida un virus che il Pd si porta addosso ormai da tre anni. Il sindaco, dicono i suoi avversari, ha un brutto carattere e poca sensibilità politica. Sarà. Tuttavia mi chiedo in che modo un qualsiasi sindaco, anche di ottimo carattere e di sopraffina sensibilità politica, potrebbe far bene il suo mestiere con quei macigni sulle spalle (la crisi economica – ripeto ancora – e i tagli dei trasferimenti statali) e per di più con l’assillo degli sgambetti e dei trabocchetti portatigli da ambienti del suo stesso partito.
Qualcosa del genere ho intravisto anche nelle dichiarazioni di fine d’anno espresse dei capigruppo di quella che dovrebbe essere la maggioranza uscita vincente dalle elezioni (leggi l’articolo). Si dirà che il sindaco e gli assessori sono fisiologicamente portati ad amplificare oltre misura i successi del loro operato (non molti, in verità, ma alcuni non vanno negati, nei servizi sociali, nelle iniziative culturali, nello Sferisterio, nello spegnimento dell’inceneritore, nell’accordo fra Smea e Cosmari). Meno fisiologiche sono tuttavia quelle pur vaghe prese di distanza che qua e là emergono dagli esponenti della coalizione, dove per ragioni di visibilità di gruppo circola l’idea che non sia stato fatto abbastanza e si sarebbe potuto e dovuto fare di più (da segnalare, fra l’altro, che il nuovo capogruppo del Pd non ha mancato di gettare una goccia di benzina sul fuoco interno al partito definendo Macerata una città “urbanisticamente innovativa” e sorvolando sul fatto che “innovativa”, in passato, lo è stata fin troppo e talvolta, come ora sembra ammettere lo stesso Meschini, oltre i confini del lecito). E non meno singolare è che da parte dei Fratelli d’Italia, un gruppo teoricamente all’opposizione, sia stata attaccata la stampa per un supposto “linciaggio mediatico” sulle indagini urbanistiche, la qual cosa avvalora il sospetto di una sotterranea trasversalità di rapporti.
Anche in conseguenza delle inchieste in corso, comunque, è probabile che la posizione di Carancini si sia rafforzata, se non altro rispetto alla “spina nel fianco” – la definizione è sua – dei metodici colpi bassi sferratigli dalla commissione urbanistica, che allo stato attuale delle cose pare aver perso la sua battaglia di primissima fila contro la giunta. Più distensione nel Pd, in un’ottica che a prescindere dal passato tenga conto, in fatto di gestione del territorio, dell’evoluzione dei tempi? Staremo a vedere.
Intanto, se in Italia non accadrà il finimondo, fra quindici mesi avremo nuove elezioni amministrative. Quindici mesi nei quali non sarà facile, per il centrosinistra, riconquistare una fiducia popolare profondamente intaccata dalle polemiche intestine e dalla rabbia dell’antipolitica. Avremo dunque un cambio della guardia, come quello del 1997, quando inaspettatamente vinse il centrodestra di Anna Menghi, che dopo soli due anni fu defenestrata dal suo masochistico schieramento, e non a caso lei oggi parla, anche per allora, di “mafia urbanistica”? Avremo dunque – e stavolta meno inaspettatamente – un altro sindaco del centrodestra, magari un’altra donna, per esempio Deborah Pantana? O addirittura un sindaco grillino? E chi sarà il candidato del centrosinistra? Ancora Romano Carancini, in base alla tradizione del secondo mandato? Tutto, alla fine, sta nelle mani degli elettori, la cui volontà, in democrazia, è l’unica che conti. La speranza, comunque, è che grazie a una prevista e pur lenta ripresa si riduca il peso devastante dei due macigni di cui ho detto all’inizio (la crisi economica e la falcidia di risorse dovuta al debito pubblico) ma soprattutto che si sfarini, a Macerata, il terzo macigno, quello maleodorante dell’urbanistica, che tanti danni ha recato non solo al Pd ma più in generale al decoro della politica cittadina. E allora? Buon anno nuovo, Macerata!
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intervento come al solito da sinistra militante.
La crisi urbanistica è causata dalla sua sinistra caro Litui, sulla crisi economica la sua sinistra ha anche una sua bella fetta di importanza…
Bè invece mi semvra chiaro che le critiche sull’urbanistica sono proprio alla sinistra e trovo l’analisi di Liuti condivisibile e come sempre di alto livello…
Caro Liuti
Carancini, da subito, fu un ‘anatra zoppa: vinse le primarie di colazione per uno sputo, contro Bianchini che non aveva certo dietro di se la poderosa macchina elettorale ex PCI, ex DC ed ex PRI.
Ed anche alle amministrative non è che al ballottaggio fece fuoco e fiamme in quanto molti maceratesi scelsero per il meno peggio.
In 3 anni di amministrazione i successi (in verità pochi, alcuni dei quali solo successi “indiretti”, come la SUAP Giorgini o la chiusura dell’inceneritore, sono avvenuti grazie alla mobilitazione dei cittadini) sono largamente offuscati dagli “inciampi” (dalla cittadella dello sport alle piscine, passando per la politica edilizia locale).
Uno dei pochi satti di reni del Sindaco è starto “l’affaire Lube Volley”, anche se per onor di patria la fermezza espressa all’inizio è diventata poi un piccolo tentennamento e parziale retromarcia (che chi debba sapere già sappia che, per il 2014, a Civitanova la Lube non potrà giocare per mancanza di strutture???)
Insomma la potenzialita della “nuova storia” avrebbe meritato, almeno sulla carta, un bel 8…
Purtroppo tale potenzialità è rimasta largamente inespressa e il componimento, dell’azione politica e di governo, di Sindaco e Giunta (almeno fino ad oggi) non merita che un 5…
un 5 non lontano dalla minima sufficenza, ma neanche tanto lontana dal 4/5 che costringeva gli studenti agli esami di riparazione
Classica difesa ex officio del Sindaco. In una qualsiasi altra città – a fronte di risultati politico/amministrativi così indiscutibilmente negativi da parte di un Sindaco e della sua coalizione, conditi peraltro da varie indagini giudiziarie, da molteplici sospetti e da un clima deteriorato e velenoso – non vi sarebbe questo continuo, disperato tentativo di operare sottili e deboli distinguo a vantaggio di chi governa e che per legge deve sempre fare i conti con “onori ed oneri”. O non sarà forse – la mia è soltanto una supposizione, per carità!? – che per affilare finalmente le penne sarebbe sufficiente che al governo della città vi fosse un’altro tipo di coalizione. A pensar male…