Due fatti, in questi ultimi giorni, hanno posto in evidenza le profonde differenze caratteriali fra maceratesi e civitanovesi. I primi introversi, predisposti allo scetticismo, all’incredulità, a quella pratica del brontolìo o del mugugno che gli deriva da strani grigiori dell’anima. I secondi, al contrario, estroversi, proiettati all’esterno, inclini ai clamori, alle dispute, al mettersi in luce. Più umbratili, i maceratesi. Più sotto il sole, i civitanovesi. Chissà, forse dipende dal clima. Macerata, infatti, risente delle nebbie dei due fiumi – il Chienti e il Potenza – che le han fatto da genitori, mentre Civitanova è stuzzicata dallo jodio che le proviene dal mare.
Quali sono i due fatti? Nel primo caso la reazione popolare ai dati statistici sulla criminalità forniti dai carabinieri, dai quali risulta che nel 2012 il numero complessivo dei reati è diminuito dal sette e mezzo per cento rispetto al 2011. Nel secondo caso la vicenda della via intitolata a Giorgio Almirante, che ha dato luogo a infuocati dibattiti apparentemente ideologici ma segnati da protagonismi personali e da spettacolarizzazioni di stampo televisivo, fra l’altro con un giovane assessore in carica che si è fatto fotografare mentre butta nel cestino la targa di quella via e in tal modo ha imitato lo showman Berlusconi che, nel varietà di Santoro, ha pulito col fazzoletto la sedia occupata da Travaglio.
Intendiamoci, la faccenda della via Giorgio Almirante merita considerazioni di ben altro spessore. E bisognerà farle. Ma questa storia non è ancora finita, giacché sabato prossimo arriverà, come showgirl, Donna Assunta Almirante (leggi gli articoli), una signora sulla novantina di cui è nota la fondamentale importanza nella storia italiana degli ultimi sessant’anni. Ne riparleremo, quindi, a bocce ferme, ammesso che finalmente si fermino e ammesso che l’imponente servizio d’ordine pubblico previsto per una visita a tal punto scatenatrice di reciproche intemperanze si riveli inutile. Intanto mi si consenta un sospetto che in fondo conferma quanto dicevo all’inizio, ossia che i civitanovesi, alle prese come tutti noi coi pesanti effetti della crisi economica, hanno però quel vitalismo e, direi, quell’ottimismo che li porta, magari per pochi giorni, a dimenticarsene e a distrarsi in più distensivi sketch d’arte varia. Rispetto ai maceratesi, insomma, hanno una marcia in più. E sarebbe sciocco negarlo.
Ma veniamo ai dati sulla criminalità. Nella conferenza stampa di fine d’anno (leggi l’articolo), il colonnello Marco Di Stefano, comandante la tenenza dei carabinieri, ha annunciato che i reati commessi in provincia furono 11.710 nel 2011 e sono scesi a 10.835 nel 2012 (quasi mille di meno), aggiungendo che ciò “possa dipendere anche dall’attività di contrasto messa in piedi dall’arma e dalle iniziative di prevenzione e controllo del territorio”, ammettendo tuttavia che “a ciò non corrisponde la percezione di sicurezza da parte dei cittadini, un valore per noi prioritario”, e concludendo: “Nel 2013, quindi, ci impegneremo ad incidere ancora più significativamente sulla delittuosità affinché la gente senta la nostra vicinanza e si senta più sicura in casa, nel fare acquisti nei negozi e nel parcheggiare le auto”.
Tutto rose e fiori? Mica tanto, visto che i furti sono diminuiti e le rapine no: due in meno quelle in banca, sì, ma cinque in più quelle negli esercizi commerciali e una in più quelle nelle case. D’accordo, inoltre, che non tutti i reati vengono denunciati. E d’accordo che l’identificazione dei responsabili sta al di sotto del cinquanta per cento. Nel complesso, però, il bilancio è positivo, nel senso che dimostra un passo avanti sul fronte della sicurezza, un fronte assai problematico, oggi, con l’aria che tira. La gente è convinta che ormai siamo – tutti, e sempre peggio – nelle mani di ladri e rapinatori? Vero. La cosiddetta “percezione” è questa, e il colonnello Di Stefano l’ha ammesso. Ma stavolta la gente si sbaglia. Niente esclude, intendiamoci, che in fatto di sicurezza si potrebbe fare di più o meglio. E niente esclude che il 2013 si riveli peggiore del 2012. Però quelle cifre dovrebbero suscitare non oso dire un moto di sollievo ma almeno un attimo di riflessione e di autocritica. Qual è stata, invece, la reazione dei maceratesi? Gelida, come sempre. E in molti casi addirittura polemica, quasi insinuando che i dati siano falsi, o addomesticati, o frutto di vanagloria. Ma è possibile, santo cielo, che a Macerata non ci sia mai un pur piccolo e pur breve scatto di soddisfazione per una pur piccola e pur breve luce che si accende? Possibile che, a differenza dei civitanovesi, i maceratesi non riescano mai a distrarsi dalle loro eterne lamentazioni magari inventandosi un brillante show come quello dell’assessore Francesco Peroni e di Donna Assunta?
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Concordo sui carabinieri ma soprattutto sull’analisi maceratesi-civitanovesi, sin troppo lamentosi i prima e sin troppo spavaldi i secondi… Ma domani c’è il derbyyy e la Rata è più spavalda!!!
Dott Liuti
Provo a cimentarmi in una analisi pseudo scientifica per dare una risposta al suo articolo, che per quanto riguarda noi Maceratesi in sintesi altro non e’ che patologia derivante da sindrome depressiva di tipo bipolare .
Nell’eccitamento le energie sono maggiori, i pensieri veloci, originali e ricchi, l’atteggiamento ottimista, propositivo, esibizionista, o provocatorio. L’ambiente è percepito come vicino, gli obiettivi raggiungibili, il successo probabile o certo, gli ostacoli come insensati e le persone che non assecondano sono criticate o aggredite. Se la persona arriva a delirare i temi sono di grandiosità o persecutori, mistici, inventori.
Nella fase depressiva l’umore è triste, indifferente, sconfortato, malinconico. Le energie sono minori, si è facilmente affaticabili. La motivazione viene meno, le iniziative sono poche e vissute con sfiducia, spesso c’è rinuncia per timore di insuccesso, o sensazione che non vi siano sbocchi felici. Si fa difficoltà a formulare pensieri, a far progetti, si ha l’impressione di non essere all’altezza, di aver perso le proprie abilità, o lo spirito necessario per agire.
Quindi per farla corta prendendo in prestito una gag di Ottovolante
i Maceratesi a chi chiede loro se si identificano con il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto , rispondono
– ma perche’ sprecare del vetro …..
Dott – Liuti x gli psicologi – i Maceratesi me compreso – saranno e resteranno sempre come lo e’ Berlusconi per Travaglio –
una fonte inesauribile di lavoro …
Non crediamo alle favole tutto qui….c’è piu droga in giro senza parlare della prostituzione vicino la questura….nessuno sa nulla?
E’ vero, noi maceratesi siamo “caratterialmente” molto diversi dai civitanovesi. Ma questa differenza ha origini culturali molto lontane ed è legata ai luoghi in cui siamo “idealmente” vissuti.
Non vi è dubbio infatti che i civitanovesi per loro natura, storia e cultura si sentono “uomini di mare” e proprio in ragione del loro “peregrinare in mare”, non possono non avere una mentalità più aperta, più “proiettata all’esterno”, più disponibile alle “altre culture” e agli altri “modi di vivere”. Per capire le differenze basta pensare alla plurinazionalità degli equipaggi marittimi, in una stessa nave, anche la più piccola, si trovano fisicamente a convivere persone di razze, culture e religioni differenti. Esse sono accomunate da un unico spazio vitale per molti giorni, dagli stessi pericoli e da un unico impegno da cui dipende non solo l’operatività della nave, ma anche la vita stessa di tutti. Necessariamente devono essere una comunità! Questo segna profondamente i marittimi, che, al di là di qualsiasi differenza, sentono di essere partecipi di un’unica condizione.
Noi maceratesi invece siamo “idealmente” vissuti, fino a pochi decenni fa, all’interno delle nostre “mura” cittadine, che nei secoli ci hanno difeso e protetto dagli “attacchi” esterni, e questo ha inevitabilmente “caratterizzato” il nostro modo di pensare, di fare e di vivere.