Il cemento si vende ma la Sacci si ferma
Ottanta lavoratori in strada

ALLARME OCCUPAZIONE SUL TERRITORIO - Presidio dei dipendenti e dei sindacati a Castelraimondo. Preoccupazione per la Ng Diaries di Tolentino e per i lavoratori del Parco dei Sibillini

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Lo sciopero di questa mattina

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Un momento della conferenza stampa di questa mattina


FERMO PRODUTTIVO PER IL CEMENTIFICIO SACCI.

“Questo è uno stabilimento produttivo, che riesce a vendere tutto ciò che produce, ci batteremo in ogni modo per evitare che il fermo produttivo annunciato dall’azienda, possa portare alla cessazione dell’attività”. Con queste parole, Aldo Benfatto segretario provinciale della Cgil ha sintetizzato la posizione dei sindacati, di fronte all’annuncio dei vertici della Sacci di chiedere la cassa integrazione straordinaria per tre stabilimenti del gruppo (oltre 200 lavoratori interessati), tra cui Castelraimondo, Trevi Impianti in provincia di Firenze e lo stabilimento in provincia di Pescara (leggi l’articolo). Oggi ci sono state quattro ore di sciopero per ogni turno, una protesta degli ottanta dipendenti lungo la provinciale Settempedana che ha fatto formare lunghe code di mezzi, ma senza bloccare del tutto la circolazione, si è poi svolta una conferenza stampa alla presenza delle rappresentanze sindacali unitarie di stabilimento, delle sigle di categoria con Franco Chiarai della Ugl Costruzioni, Roberto Martelli della Feneal Uil, Massimo De Luca della Fillea Cgil e Primo Antonelli della Filca Cisl, Filomena Palumbo della Uil Costruzioni. Martedì pomeriggio si terrà un incontro in Regione, dove tutte le istituzioni ed i sindacati cercheranno di ragionare insieme sulle possibili soluzioni. Un incontro successivo presso l’associazione di categoria dei costruttori è previsto il giorno seguente a Roma, il gruppo è dimensione nazionale dunque le trattative si terranno anche a livello sovra territoriale.
I sindacati respingono l’ipotesi della cassa integrazione straordinaria che vedono come un provvedimento “pesante”, che potrebbe precludere alla chiusura del sito produttivo. L’altoforno in cui si produce cemento sarà fermato per tre mesi da novembre a fine gennaio, l’azienda ha annunciato di voler ripartire a febbraio. Le rsu aziendali hanno mostrato con dei grafici come tutta la produzione dell’unica cementeria marchigiana esistente, sia sempre stata venduta. Una parte è di qualità, si tratta del cemento pozzolano impiegato per le opere pubbliche, come l’ampliamento della terza corsia dell’A 14 e quello utilizzato nei cantieri della Quadrilatero.

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I sindacalisti hanno definito “assurda” la decisione di bloccare la produzione e spostare le commesse agli altri stabilimenti del gruppo (in provincia dell’Aquila e a Bergamo), poiché le Marche sono una delle poche regioni in cui si continua ad investire in opere pubbliche. Fermare l’impianto, secondo le Rsu, comporterebbe forti rischi per farlo ripartire. Secondo i sindacati si deve trovare una soluzione alternativa al fermo produttivo. E’ stata rinnovata due anni fa alla Sacci la concessione mineraria per estrarre dalla cava attigua allo stabilimento, la materia prima per realizzare il cemento. All’origine di questa crisi c’è la mancanza di liquidità dei vertici aziendali, indebitatisi per circa 400 milioni di euro, a seguito dell’acquisto di due nuovi stabilimenti. Due anni fa erano stati annunciati 25 esuberi, poi scongiurati grazie alla mediazione di sindacati ed istituzioni, fu indetta la cassa integrazione ordinaria per tredici settimane per 17 persone. All’epoca l’azienda annunciò la volontà di aggiungere una linea produttiva, ma sinora gli investimenti previsti non sono stati attuati. Sono intervenuti il consigliere regionale Francesco Massi, il consigliere provinciale Daniele Salvi, il sindaco di Castelraimondo Renzo Marinelli e gli assessori vicesindaco Patrizio Leonelli ed Esperia Gregori oltre al consigliere comunale Marco Cavallaro. Il sindaco Marinelli ed il consigliere provinciale Salvi hanno detto che le istituzioni sono disponibili a venire incontro alla proprietà, ponendo come condizione irrinunciabile la salvaguardia del sito produttivo.

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Rogani, Lambertucci e Cacchiarelli

NG DIARIES, VIA ALLA RIORGANIZZAZIONE AZIENDALE – E’ stato fissato per il 7 novembre il primo incontro fra le Rsu della Ng Diaries di Tolentino e la proprietà, in vista di una riorganizzazione aziendale dovuta alla crisi congiunturale e al calo delle commesse. Il quadro della situazione è stato fatto dal segretario provinciale Cgil di categoria, Giorgio Cacchiarelli, e dai rappresentanti della Rsu, Manlio Rogani e Marco Lambertucci (non era presente all’incontro con la stampa l’altra rappresentante, Enrica Giulianelli). “Nell’ottica dell’azienda” hanno detto “c’è una riorganizzazione generale del gruppo che passa attraverso la gestione degli esuberi, con l’obiettivo di diminuire i costi. Noi cercheremo di trovare un accordo dove gli esuberi vengano trattati con l’accompagno alla pensione. La crisi, purtroppo, porta minori commesse e in questo modo non si riesce a saturare gli impianti: da qui nasce l’esigenza di una riorganizzazione che servirà a riassettare gli stabilimenti. Il mercato italiano è praticamente fermo”. Nella giornata di oggi si sono tenute le assemblee dove i 180 lavoratori dello stabilimento tolentinate sono stati informati dello stato delle cose.

(r.s.)

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LAVORATORI A RISCHIO ANCHE NEL PARCO DEI SIBILLINI – «Nell’attuale momento di crisi – scrivono Matteo Pintucci di  FP Cgil e  Sistino Tamagnini di Cisl Fp – che sta producendo effetti ancor più disastrosi nei territori montani, la promozione, la valorizzazione e la tutela del territorio potrebbero rappresentare settori di “rilancio economico”.I tagli indiscriminati imposti alle Pubbliche Amministrazioni, calati nel contesto del Parco dei Sibillini rischiano di produrre risultati devastanti.

La riduzione della dotazione organica, già insufficiente per garantire l’efficienza e la funzionalità dell’Ente, potrebbe far perdere quattro posti di lavoro, portando il numero dei dipendenti da 20 a 16.
Gestire la delicatezza e la complessità delle attività del Parco con 16 dipendenti non sarà in alcun modo possibile e rappresenterà la condanna a morte del Parco stesso ed un ulteriore depauperamento del territorio.
CGIL e CISL metteranno in opera ogni forma di sensibilizzazione rivolta ai cittadini, amministratori locali, parlamentari ed ogni iniziativa di mobilitazione a sostegno dei lavoratori e della sopravvivenza del Parco Nazionale dei Monti Sibillini».
Congiuntamente alle RSU dell’Ente Parco, Cgil e Cisl hanno proclamato lo stato di agitazione delle lavoratrici e lavoratori.


   
 
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