“Si fa sempre più drammatica la condizione dei lavoratori degli appalti Telecom senza prospettive occupazionali e senza stipendio dal mese di agosto, mentre quelli già posti in cassa integrazione non prendono alcuna indennità dal mese di maggio. Una situazione insostenibile ed inaccettabile!”. Si apre così la nota delle segreterie provinciali Fiom-Cgil, in merito alla vertenza Ciet-Tte che da mesi sta interessando molti lavoratori in tutta Italia, 73 dei quali nelle Marche (leggi l’articolo).
“Insostenibile perché sia Ciet che Tte, le società che avevano in appalto la gestione della rete telefonica per Telecom, non hanno pagato e non pagano i lavoratori, che non hanno a disposizione neanche la liquidazione, che in questi casi funge da ammortizzatore, per la crisi finanziaria delle società stesse, né possono riscattare il fondo di previdenza integrativa, perché Ciet non ha versato quanto dovuto da circa quattro anni e Tte continua a non versare. Inaccettabile perché il nuovo appaltatore, Ceit che è subentrato dal 1 ottobre 2012, non vuole assumere il personale in essere nei cantieri se non in minima parte. All’incontro con il sindacato ha comunicato che al massimo a regime saranno assunti 20 lavoratori: 20 su 73! E gli altri? In parte in sub appalto con minori garanzie e tutele e in parte disoccupati. Una vera e propria giungla, dove vige la legge del più forte, e nel nostro caso nella gerarchia delle responsabilità, Telecom decide in totale libertà, quella del più forte appunto, senza che le Istituzioni preposte, Regione Marche e Ministero dello Sviluppo Economico abbiano voce in capitolo. Ma un dubbio sorge spontaneo, queste Istituzioni hanno la volontà di incidere su questo terreno oppure no? Non è forse di interesse pubblico la gestione di un servizio come quello della telefonia e le condizioni di Chi vi lavora ? La protesta dei lavoratori non si fermerà” conclude la Fiom “sino a quando non ci saranno risposte adeguate e continuerà con presidi anche davanti alla sede Telecom regionale”.
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La fiom? Quella che sta facendo scappare le imprese metalmeccaniche italiane all’estero o le sta facendo fallire?
CAPITOLO ART.18: non tutti sanno che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (quello che prevede il reintegro per un licenziamento senza giusta causa) non si applica a sindacati e partiti (nemmeno quelli comunisti). I sindacati e i partiti suddetti fanno la morale, scioperi, aizzano folle, adunano folle sterminate (con i nostri soldi), inveiscono contro ministri, piangono e commuovono in televisione, ma si dimenticano o meglio, non toccano quell’argomento, che l’art. 18 non si applica a loro appunto. Possono licenziare quando e come vogliono ( vedere il link qui sotto) senza temere il reintegro da loro tanto sbandierato. Legge numero 108 del 1990, articolo 4: l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori «non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto».
Mi chiedo allora perchè l’art. 18 vale per un imprenditore che lavora e fa lavorare, crea ricchezza, paga le tasse, paga tutto e non vale per questi signori che non sono nemmeno tenuti a redigere un bilancio, nonostante incassino miliardi e miliardi di euro ogni anno. BASTA SINDACATOCRAZIA
http://www.laltraagrigento.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3762:i-sindacati-incassano-177-milioni-di-euro-al-mese-diano-un-contributo-anche-loro&catid=38:inchieste&Itemid=416
http://www.ilgiornale.it/news/interni/cgil-pretende-larticolo-18ma-non-i-suoi-dipendenti.html
http://www.ilquotidianoweb.it/news/il-quotidiano-della-calabria/353115/Cosenza–Cgil-condannata-dal-giudice-del-lavoro–Pagava-un-dipendente-250-euro-al-mese-in-nero.html