La manifestazione di Forza Nuova è stata annullata dopo che la Questura ha chiesto di limitare la manifestazione in piazza Mazzini e a questo punto anche la contromanifestazione ha perso la sua ragion d’essere .La storia, però rischia di ripetersi tale e quale la prossima settimana.
«Decidiamo di rinviare la manifestazione con le stesse modalità a sabato 13 ottobre. Questa volta con o senza autorizzazioni» hanno annunciato gli esponenti di Forza Nuova. Oggi arriva la risposta di “Macerata è antifascista”: «A seguito della risoluta mobilitazione di numerose ed eterogenee realtà politiche e sociali maceratesi, i neofascisti di Forza Nuova hanno capitolato e sono stati costretti ad annullare l’iniziativa, di fatto autorizzata dalla Questura, tentando di rimandarla a Sabato 13 ottobre. Le forze democratiche di questa città contrasteranno con fermezza anche questa iniziativa di ripiego. Ribadiamo che nessuno spazio di agibilità può essere concesso né a Forza nuova, né a nessun altra formazione di stampo neofascista e xenofobo e rilanciamo un nuovo appuntamento di mobilitazione per sabato 13 ottobre alle ore 15,30 in Piazza Annessione». Questi gli aderenti: ANPI, ARCI, Ambasciata dei Diritti – Marche A.S.D. Popolare – Macerata Associazione Culturale Licenze Poetiche, Centri Sociali delle Marche, CGIL, CGIL FIOM, Collettivo Libertario, Macchia Nera – Macerata, CSA Sisma – Macerata, Federazione della Sinistra – Provincia di Macerata, Federazione Giovanile dei Comunisti Italiani – Macerata, Giovani Democratici – Provincia di Macerata, I Benandanti – Macerata, LGS Movimento Studenti, Officina Universitaria, Partito Democratico – Macerata, PSI – Macerata, Polisportiva Antirazzista Assata Shakur – Ancona, Rete degli Studenti medi Macerata, Sciarada – Corridonia, Sinistra Critica, Sinistra Ecologia e Libertà, Società Operaia Mutuo Soccorso (SOMS) – Corridonia e Ya Basta! Marche.
Anche il sindaco di Macerata Romano Carancini, ieri, ha espresso la sua contrarietà condannando la manifestazione di Forza Nuova (leggi l’articolo).
«La sua presa di posizione – risponde il coordinatore di Forza Nuova Tommaso Golini – denota la totale mancanza di imparzialità nell’impersonare un ruolo, il Suo, che dovrebbe rappresentare tutti i cittadini, di qualsiasi colore politico, e ha dimostrato come Macerata sia schiava di una subdola dittatura, che invitando alla “mobilitazione antifascista” si permette di censurare opinioni, violare i diritti e negare la libertà di espressione a movimenti politici legalmente riconosciuti. Oggi con Forza Nuova, domani chissà, con altre formazioni politiche. Mobilitazione che ha visto la partecipazione anche del suo partito, che si definisce Democratico, ma che nei fatti si dimostra intollerante nei confronti di tutto ciò che non è conforme ai luoghi comuni della cultura sinistra imperante. Non è tollerabile che simili metodi vengano avallati dalle istituzioni che Lei rappresenta. Auspichiamo pertanto che per il futuro non intervenga pretestuosamente per ostacolare il sacrosanto diritto di manifestare dei cittadini di diverse idee politiche».
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Se non è zuppa è pan bagnato. Continua la vecchia storia di chi ancora non si è accorto della caduta del muro di Berlino.
In mezza frase due stupidaggini, perché innanzitutto l’istigazione al razzismo è un pericoloso reato, e mi pare che dai comunicati continui e dalle varie azioni di Forza Nuova emergano modi di fare di un certo tipo… In secondo luogo, se è vero che è caduto il muro di Berlino, è altrettanto vero che la dittatura fascista in Italia è terminata 67 anni fa… Ma lei, si sa, è un liberale a modo suo…
e le stragi vergognose da vigliacchi come sono i fascisti,chi le ha fatte babbo natale?
Intendevo dire che il signor Bonifazi e tanta altra gente guarda solo al fatto che i “comunisti” e gli “stalinisti” sono rimasti legati all’Urss, cosa peraltro non vera, e non al fatto che Forza Nuova è un movimento di ispirazione fascista (sentenza della Cassazione), il cui capo è uno che sta in un certo giro dagli anni Settanta (do you remember Terza Posizione)…
Le forze dell’ordine in allerta? Ma su cosa? Ma le forze dell’ordine andassero a controllare tutti gli extra comunitari che “girano intorno” a piazza mazzini, corso cairoli e viale don bosco e vedrete quante persone hanno i documenti a posto!!!!!!!!!!!!!
ma ancora corriamo dietro al fascismo e/o comunismo???? cresciamo, italiani, cresciamo….
Ecco una vecchia storia:
di Giampaolo Pansa
Anna C. era la ragazza fascista. Una maestra elementare di 22 anni, alta, bionda, occhi azzurri, con un viso da madonna e dal contegno riservato. Il suo corpo, invece, era da schianto. Aveva un seno prorompente, fianchi ben torniti, gambe muscolose, caviglie sottili. Assomigliava alle donne di un disegnatore alla moda, Gino Boccasile: le signorine Grandi Firme. Nel volto da ragazza perbene spiccava una bocca sensuale, le labbra perfette, con un contorno accentuato dal rossetto. A renderla ancora più attraente era la castità. Molti non ci credevano, ma Anna era illibata, pudica e senza malizia. La famiglia veniva ritenuta tra le più religiose della città. Il padre dirigeva l’anagrafe comunale. La madre insegnava matematica al liceo scientifico. Tutte le domeniche andavano alla messa grande in Duomo, quella delle undici, celebrata dal vescovo. (…)
UNA SCELTA PERICOLOSA
Quando ebbe inizio la guerra civile, Anna volle subito iscriversi al Partito fascista repubblicano. I genitori cercarono di dissuaderla. Era la loro unica figlia e volevano preservarla dalla tempesta che sentivano imminente. Ma i tentativi dei famigliari fallirono. Anna era una fascista convinta. E spiegò ai suoi che aveva il dovere di stare a fianco dei camerati che difendevano la patria dagli inglesi, dagli americani, dai sovietici e dai ribelli comunisti al soldo di Mosca. In quel momento, era il novembre 1943, non esisteva ancora il corpo delle Ausiliarie. Ma il segretario del fascio cittadino accolse Anna a braccia aperte. Era un commerciante sui cinquant’anni, già squadrista, rimasto sempre fedele a Mussolini. Non aveva mai messo in mostra fanatismi né eccessi violenti. E si era mantenuto così pure in un’epoca dove la voglia di uccidere l’avversario sembrava diventata la prima fra le virtù.
La ragazza continuò a insegnare alle elementari e cominciò a passare il tempo libero nella sede del Pfr. Qui pensarono di utilizzarla nell’assistenza ai militari che avevano aderito alla repubblica. E nelle opere di beneficenza del partito, come la Befana fascista e l’aiuto alle famiglie bisognose. Tra i suoi incarichi ci fu anche quello di visitare ogni settimana il carcere giudiziario della città. Era una prigione piccola, a pochi passi dal centro, sul limite dei vasti giardini pubblici. Vi stavano rinchiusi delinquenti di mezza tacca. Ladri, ricettatori, borsaneristi pizzicati mentre trafficavano.
Insieme a loro, si trovavano quattro o cinque detenuti politici. Erano partigiani o renitenti alla leva, catturati dalla Guardia nazionale repubblicana. Avevano la sorte segnata: prima o poi li avrebbero deportati in Germania. E si sapeva quale destino avrebbero incontrato. Anna andò a visitare anche loro. Ma si rese subito conto che la sua presenza non era per niente gradita. Veniva accolta in malo modo, con insulti e risate di scherno. Non mancavano mai le proposte indecenti e i gesti volgari. La ragazza faceva di tutto per non eccitarli. Indossava grembiuloni grigi, senza forma. Però neppure questo era servito.
Soltanto uno dei detenuti politici la ricevette in modo diverso. Era un partigiano piccolino, magro, con l’aspetto dell’adolescente, anche se spiegò ad Anna di avere 21 anni. Il suo stato spaventò la ragazza. Durante o dopo la cattura, l’avevano pestato senza misericordia. Lo si capiva dal viso, ancora gonfio per le botte. E dalla difficoltà nel restare ritto in piedi. Disse ad Anna di chiamarsi Pietro S. e di essere originario della provincia di Napoli. L’armistizio dell’8 settembre l’aveva sorpreso mentre era sotto le armi, in un reparto di fanteria stanziato ad Alessandria. Dopo essersi nascosto per un paio di mesi, si era aggregato a una delle prime bande della Garibaldi. Di fare il ribelle non gli importava, però non poteva neppure ritornare al proprio paese, ormai al di là del fronte.
Dopo le prime visite di Anna, il ragazzo le confessò di vivere nel terrore che lo spedissero in un lager tedesco. Immaginava che lì avrebbe incontrato una fine lenta, tra sofferenze atroci: la fame, la sete, la perdita di ogni volontà, la scomparsa della sua dignità di essere umano.
Quando Anna entrava nella cella, Pietro scoppiava in lacrime. Un giorno la pregò di procurargli del veleno per uccidersi. Lei si rifiutò. Allora il partigiano cominciò a implorarla di farlo uscire dalla prigione. Anna replicò che era una proposta folle. Il ragazzo le urlò: «Se è così, lasciami perdere, non venire più a visitarmi!». Anna non disse nulla a nessuno. Ma continuò a pensare al partigiano e alla sua disperazione. Il pensiero divenne una costante fissa delle proprie giornate. Anche prima di addormentarsi, vincendo l’ansia da ragazza inerme in un mondo pieno di cattiveria, rifletteva sulla richiesta di Pietro. E alla fine maturò una decisione: doveva aiutarlo a fuggire dal carcere.
SPARIRE PER SEMPRE
Poiché non era una sciocca, Anna sapeva che, se fosse riuscita nell’intento, anche lei avrebbe dovuto sparire. Lasciando l’esistenza di sempre e gettando i genitori nello sconforto. E forse alle prese con una ritorsione violenta dei suoi camerati, pazzi di rabbia per essere stati traditi. Poi si chiese perché le importasse tanto la salvezza di quel ribelle. E si diede una risposta: senza rendersene conto, giorno dopo giorno si era innamorata di lui. Prima di allora non aveva mai conosciuto l’amore. Adesso l’aveva incontrato nella condizione più difficile. (…)
Anna ideò un piano di fuga molto semplice. Aveva notato che i tre militi di guardia alla prigione si davano il cambio verso le nove di sera, quando era già buio. Il carcere restava sguarnito per cinque minuti. Non avrebbe dovuto esserlo, ma la città era sempre stata tranquilla, un luogo dove non accadeva mai nulla. La ragazza s’impadronì delle chiavi che aprivano le celle. E una sera del maggio 1944 fece uscire Pietro. Lo trascinò fuori e lo spinse sul retro della prigione, dove aveva nascosto due biciclette. Le inforcarono e sparirono dentro i grandi giardini pubblici, in quell’ora deserti. Poi presero una strada secondaria che portava alle colline.
Pedalarono come forsennati, lei con il cuore in gola, lui pazzo di felicità. Pietro sapeva dove dirigersi perché la banda partigiana stava accampata in una località non lontana. Verso la mezzanotte arrivarono a una piccola cascina isolata. Pietro bussò, gridò il suo nome e un contadino gli aprì. Doveva conoscere il ragazzo perché lo abbracciò e lo fece entrare insieme ad Anna. L’uomo non gli rivolse domande sul conto della bellezza bionda che lo accompagnava. Diede da mangiare a entrambi. Poi li guidò in un angolo della soffitta dove era sistemato un pagliericcio. Fu alla luce flebile di una lampada a petrolio che Anna e Pietro si amarono. Lei confessò al ragazzo di essere vergine e lui la trattò con delicatezza. Si addormentarono verso l’alba, spossati.
La ragazza comprese di essere felice come non lo era mai stata. E ringraziò la Madonna per averle dato il coraggio di compiere quel passo, così intenso e bello. Il brutto emerse il giorno dopo, quando nessuno dei due se l’aspettava. Nel primo pomeriggio arrivarono al campo della banda partigiana di Pietro. I compagni accolsero il ragazzo con urla di entusiasmo. Era un prigioniero che ritornava libero, grazie all’aiuto di quella ragazzona. Anche lei venne festeggiata. Il clima cambiò quando si fecero vivi il comandante e il commissario politico della banda. Il primo era un giovane ufficiale dell’esercito, il secondo un operaio comunista.
Vollero sapere da Pietro in che modo era riuscito a evadere e chi fosse la ragazza che l’aveva aiutato. Lui raccontò la verità. E commise l’errore di aggiungere che Anna era una fascista, decisa a fuggire insieme a lui. I due capi gli fecero ripetere la storia dell’evasione. Pietro obbedì, senza mai contraddirsi. Del resto quanto andava dicendo era tutto vero. Ma nella guerra civile, un conflitto senza pietà per nessuno, poteva essere difficile far trionfare la verità. Pietro lo comprese quando cominciarono a rivolgergli domande gonfie di sospetto. I fascisti non ti avranno mica liberato per farti ritornare alla banda e spiarci? La ragazza non sarà una spia anche lei? Chi ci dice che non ti abbia fatto uscire dal carcere per conto dei suoi camerati?
ATROCI SOSPETTI
Pietro si difese, mentre Anna cadde in preda al terrore. Il commissario politico sembrava propenso a credere al racconto del ragazzo. Non così il comandante, sempre più diffidente. Pensava di avere di fronte un traditore e una fascista che fingeva di essere un’ingenua mossa soltanto dall’amore. Il partigiano comprese che cosa stava per accadere. Si scaraventò fuori dalla baracca dell’interrogatorio, gridò ad Anna di seguirlo e si mise a correre come un disperato. Riuscirono ad afferrare le biciclette, però non fecero molta strada. La fuga sembrò al comando un’ammissione di colpa. Vennero ripresi e rinchiusi in un capanno. Quella stessa notte Pietro e Anna furono condotti in un bosco vicino, con le mani legate dietro la schiena.
Li affiancava un ribelle sui trent’anni, incaricato di giustiziarli. Arrivati nella boscaglia, l’uomo accoppò Pietro con una rivoltellata alla nuca. Ma non uccise Anna. Non aveva cuore di ammazzarla. Si limitò a colpirla alla testa con il calcio della pistola. La ragazza perse i sensi. E non si accorse di venire caricata su un calesse sgangherato, accanto al cadavere di Pietro. Il partigiano li trasportò in un paese vicino. Qui furono scaricati sul selciato della piazza. Con un cartello che diceva: «Così muoiono le spie fasciste».
chiedo scusa a Lupo Alberto,ho frainteso il senso della frase
bella la storia di pansa. uno che per una vita ha fatto i soldi sputando sui fascisti. poi scrisse “il sangue dei vinti” e scoprì un nuovo modo per fare ancora più soldi, sputando sui comunisti questa volta. bipartisan!!!! ma che c’azzecca con l’artocolo? boh!
A Tommaso Golini (e a tutti quelli che la pensano come lui) non si può che rispondere con le parole di un grande Presidente della Repubblica:
http://www.youtube.com/watch?v=TP_2w2oencM