di Filippo Ciccarelli
Carla Torquati, consigliere di minoranza al comune di Muccia, non è ancora tornata a casa, ma continua a tenere i contatti con alcune persone, seppure in modo indiretto come quello dei messaggini telefonici. La donna è scomparsa dal comune dell’entroterra ormai quattro giorni, ed ha lasciato una lettera al marito dal contenuto allarmante, in cui si rivolgeva a lui ed al loro figlio Camillo: ““Mi dispiace, non ce la faccio più pensa solo a Camillo e che sappia essere forte”. La donna aveva anche inviato un fax di 14 pagine ad un amico di famiglia, prima di sparire a bordo di una Fiat Panda Van bianca presa a noleggio. Della vicenda (leggi l’articolo) si è occupata anche la trasmissione “Chi l’ha visto?” in onda su Rai 3.
L’ultimo contatto che la donna ha avuto con il suo avvocato Franco Argentati risale alla serata di giovedì 22 marzo. “Mi sono permesso di contattarla, scrivendole in un messaggio di non fare gesti inconsulti” spiega a Cronache Maceratesi l’avvocato Argentati “e lei mi ha risposto dopo qualche ora, di sera. Mi ha detto che avrebbe agito secondo coscienza, e che si sarebbe fatta togliere tutto meno che la dignità”.
L’avvocato Argentati non è il solo con cui la signora Torquati ha stabilito un contatto: anche il capitano dei carabinieri e comandante della stazione di Camerino, Domenico Calore, ha scambiato un paio di sms con la donna. Nel testo Carla Torquati ha espresso apprezzamento per l’attenzione del Capitano rivolta alle sue vicende, ed ha esternato la volontà di farci quattro chiacchiere al momento del suo ritorno.
Un segnale di speranza, dunque, che si somma a quelli registrati nelle ultime ore e che farebbero auspicare una conclusione positiva della vicenda. Alla domanda se fosse ottimista riguardo alla scomparsa della signora Torquati, l’avvocato Argentati ha risposto: “Io sono ottimista, diciamo così, per prassi. E mi auguro che tutto quanto si risolva quanto prima”.
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Questa mi sembra una non notizia, se la Signora continua ad inviare SMS credo non sia difficile trovarla.
Speriamo davvero che finisca tutto bene!!
TI ASPETTIAMO PROFESSORESSA!!!!!!
La maledizione del Castello di Beldilettto
Giulio Cesare da Varano, Pasqualetti e la Kabaivaska, Marcucci e il sisma, D’Alema e Sensi, Paparelli e Torquati
Beldiletto: quel che resta del bel castello
Il fascino dei ruderi di antiche fortificazioni hanno richiamato l’interesse di appassionati e studiosi. Docenti universitari hanno sfruttato studenti alla ricerca e alla ricostruzione storica di rocche, castelli, torri, fortilizi, ridotti qualche volta a traccia storica, che costellano numerosi il territorio e le cui origini risalgono all’epoca feudale ed anche oltre. Inoltre l’effimero è spesso legato ai castelli e alle relative fortune dei mercanti di giochi, per quanto riguarda le vendite di castelli come modelli inconsci e metaforiche difese dei nostri sogni. Al contrario la fortezza è il tempio della scienza militare, che vuota d’arredi, non espone altro che il proprio essere racchiudendo l’idea del tempo e dello spazio. Si può definire la fortezza come macchina del tempo, della lentezza ossidionale e come idea dello sguardo o meglio del traguardare attraverso rapporti angolari. La fortezza è una potenza metafisica sviluppatasi nel corso del tempo fino al poco romantico scudo spaziale delle guerre stellari.
Alcune considerazione per dire che anche Vittorio Sgarbi è andato a visitare il Castello di Beldiletto. Il maniero maledetto, alla confluenza del Chienti in territorio di Pievebovigliana, oggetto di un’asta fallimentare, è al centro di tanti interessi. Fu oggetto di un’interrogazione del senatore Luciano Magnalbò e sarà probabilmente il soggetto di uno spot con testimonianza della Kabaivasca, come vorrebbe l’assessore alla cultura della provincia di Macerata Renato Pasqualetti. Ma che bel castello! Peccato che stia implodendo su se stesso nonostante tante buone intenzioni, spesso strumentali. Si dice che un noto petroliere romano con legami vissani vorrebbe acquistarlo, per restaurarlo e destinarlo ad una fondazione che perpetui la memoria del padre.
Che avrà pensato Sgarbi nel vedere quel che resta di quei meravigliosi affreschi che potevano essere ben inseriti nel catalogo dei Salimbeni? Roberto il Guiscardo a cavallo e tutte quelle pere dipinte da Giulio Cesare da Varano, a futura memoria come testimonianza della sua follia d’amore. Infatti nel 1464 il trentaquattrenne Signore di Camerino visse la sua passione e, rischiando il ridicolo, si ritirò sempre più spesso al castello di Beldiletto trasformandolo in villa rinascimentale o meglio in “luogo dell’amore”. Un luogo adatto alla caccia e all’estasi. Giulio Cesare fece affrescare un salone con sessanta cavalieri e fece dipingere un ciclo pittorico ossessivo di pere: il riferimento è alla gentildonna de’ Perozzi che fu talmente molestata che dovette cambiare città. Da questo periodo è ascrivibile la maledizione del castello che, nonostante sia ridotto a rudere, conserva un fascino unico. Nel 1502 Giulio Cesare fu rinchiuso nella Rocca di Pergola e fatto decapitare dal Valentino. L’edificio passò a Sigismondo da Varano, che a sua volta fu fatto uccidere nel 1522 dallo zio Giovanni Maria da Varano, proprio il figlio di Giulio Cesare; poi ad Egidio che sposò Ippolita Ranieri di Perugia. Dai Ranieri passò alla famiglia Strada di Camerino, poi ai fratelli Cianni. Da questi, estintasi la famiglia, entrò in possesso dei Paparelli.
Non c’è dubbio che Beldiletto meriti migliore sorte anche per le valenze architettoniche e ambientali dei dintorni: il ponte romanico, la torre varanesca e il convento fluviale oggetto di un miracolo di San Francesco: mentre gli operai stavano costruendo chiesa e convento il santo francescano trasformò l’acqua del pozzo in vino.
Quindi non è detto che proprio Sgarbi da sempre attento ai beni culturali, alle aste (famose quelle tenute a S. Severino quando era sindaco) e alle Fondazioni come quella costituita per l’eredità da cani del conte Tassoni, non acquisti il castello di Beldiletto per poco più di un miliardo.
Nuovo Chienti e Potenza, 24 novembre 1999
PIEVEBOVIGLIANA – Bene ha fatto la Legambiente ad aderire alla conferenza permanente per il recupero del castello di Beldiletto, lanciato dalle colonne di questo giornale. Infatti il territorio circostante a Pievebovigliana con i suoi corsi d’acqua, i parchi e le riserve naturali, rappresenta un bene omogeneo di eccezionale valore ambientale, alle porte del parco dei Sibillini, tra la riserva di Torricchio e quella di Fiordimonte. Quest’ultima, secondo una delle ultime leggende metropolitane, sarebbe stata una bandita di caccia addirittura di Federico II e forse, proprio ad Alfi di Fiordimonte, nella residenza in multiproprietà dell’Imperatore si davano convegno alchemici e cerusici per crociate stile Valuta, alla ricerca del Graal perduto… Bei tempi quelli del castello di Beldiletto, tempi del maggioritario, del bipolarismo: da una parte il partito dei guelfi e dall’altra quello dei ghibellini. Certo che allora Papa e Imperatore non si davano la mano come Nietzsche e Marx o come fanno i leader dell’imperfetto bipolarismo attuale. Ritornando al castello di Beldiletto, chiamato nell’Ottocento anche di Buon Ritiro, esso promana ancora, benché ridotto a rudere, un fascino particolare tipico del luogo delle feste più prezioso e fantastico che esista. Quello era il tempo dei colori accesi, dei tessuti sontuosi e dei volti ben disegnati di cavalieri valorosi che si esprimevano con il linguaggio del trecentesco novelliere ghibellino Franco Sacchetti. Quest’ultimo voleva essere il poeta di una società che non ignorava il costume della cortesia, delle liete e fastose brigate, che poteva intendere ed apprezzare i poemi del Boccaccio; la sua ambizione era quella di comporre versi per il pubblico del Boccaccio, non per quello dei canterini. Tanto che non aveva in particolare simpatia la signoria varanesca, infatti egli accusava giustamente Rodolfo da Varano d’aver tradito la Lega fiorentina delle “Cento Città”, passando per convenienza al partito guelfo. Ecco perché molto spesso nel suo poema “Il Trecentonovelle” il Sacchetti non perde occasione per dileggiare la nostra popolazione ondivaga, come nella novella CXIX ambientata proprio a Pievebovigliana: “Messer Gentile da Camerino, mandando l’oste a Matelica, certi fanti da Bovegliano, essendo ebbri, combattieno uno pagliaio; e nella fine, cogliendo ciriege, sono tutti presi.”
In considerazione del fatto che la novella è riferita alla fine del Trecento, si può verosimilmente ipotizzare che i nostri “eroici” fanti, partiti dal castello di Pieve Bovigliana per combattere contro la ghibellina Matelica e che presero un granchio sbagliando ostilità con osteria, partissero proprio da Beldiletto. Naturalmente come in tutte le novelle anche questa non manca della sua morale di chiusura: “…li Matelicani furono alla detta brigata e pigliarono, delli trentacinque bon fanti, trentasei. Alli quali, a cui furono tratti i denti, a cui mozzi gli orecchi; e pagarono quello che poteano per uscire di prigione. E così capitarono questi gagliardi che, essendo armati di mosto, combatterono con la paglia; e poi appiè d’un ciriegio furono vinti, senza fare alcuna difesa”.
Vale a dire: chi ha orecchie per intendere intenda…
Corriere di Macerata, 3 gennaio 2000
Tribunale di Camerino
Istanza sequestro conservativo
Procedimento N. 700/2003
Premesso
– che in data 21/01/2004 il sottoscritto arch. Gabor BONIFAZI, nato a Macerata il 13/01/49 e ivi residente in via Crescimbeni n. 63, in qualità di Ctu del Tribunale di Macerata e di esperto storico – culturale della Provincia, veniva incaricato di redigere una consulenza in merito alla congruità della stima del Castello di BELDILETTO depositata in data 31/12/97 dall’architetto Marucci;
– che il sottoscritto ha immediatamente accettato l’incarico per ragioni di giustizia in quanto conosce da anni sia il manufatto oggetto di valutazione sia la serietà professionale, l’onestà intellettuale, la sensibilità e l’appassionato impegno nel campo della tutela e valorizzazione dei beni culturali dell’architetto MARUCCI;
– che in data 22/01/2004 hanno avuto inizio le operazioni peritali.
Ciò premesso
Il sottoscritto, esaminati gli atti e i documenti di causa, è in grado di relazionare quanto segue:
STORIA
Potremmo iniziare la nostra relazione da “Il Trecento novelle” del Sacchetti che, nella novella CXIX, cita per la prima volta la pieve di Bovigliano:
Messer Gentile da Camerino[1], mandando l’oste a Matelica, essendo ebbri, combattereno uno pagliaio; cogliendo ciriege, sono tutti presi.
Oppure potremmo far partire la storia del Castello di Beldiletto dall’inventario del 1502 che consente di entrare nelle camere e vederne gli arredi”… la roccha de bel Dilecto” come fu consegnata dal castellano ser Arcangelo al messo dei Borgia, ser Venanzio Antonio:
Imprimis nella Entrata de dicta Roccha la porta con lo sportello con tre catenacci con tre chiavi et tre serrature.
Purtroppo la disciplina estimativa è una cosa seria e noi, al di là delle stime “creative”[2] redatte dal Geom. Augusto GENTILI per conto del Sig. Giovanni Maria PAPARELLI e dagli Ingg.. Maria Pia GUERRINI e Piero BARTOLUCCI per la Procura di Camerino, andremo a dimostrare la validità della stima dell’arch. Giovanni MARUCCI[3].
La disciplina estimativa si basa su cinque principi fondamentali che regolano le fasi del processo di valutazione di un bene immobile:
– la dipendenza della stima dallo scopo di valutazione;
– la comparazione e l’analisi del mercato;
– il prezzo come fondamento del giudizio di stima;
– il carattere previsionale del giudizio di stima;
– l’obiettività della stima.
Dalla perizia del Castello di Beldiletto si evince la grande professionalità con cui l’arch. Marucci ha risposto puntualmente ai quesiti del Giudice, sintetizzando sia i principi che i criteri e i metodi di stima. Infatti l’estimo tiene conto di vari criteri (il valore di mercato, il valore di costo, il valore di trasformazione, il valore complementare e il valore di surrogazione) e metodi di stima (sintetico o analitico).
Non c’è dubbio che nella stima dell’immobile l’architetto Giovanni Marucci abbia tenuto conto sia del costo di produzione che del valore di trasformazione senza mai perdere di vista l’analisi comparativa. Detto metodo è basato sulla valutazione commerciale di immobili simili, cioè sul valore di mercato: quel valore che avrà più possibilità di realizzarsi per quel determinato bene in quel determinato mercato qualora venisse alienato. Naturalmente siamo in presenza di un immobile anomalo, fuori mercato, perché pur essendo di notevole valore storico, dopo essere stato ridotto a misero accessorio agricolo, era caduto da anni in completo stato d’abbandono. Quindi il castello era ridotto a misero rudere.
Il giorno 15/09/1978 (all. 1) ci fu il mio primo incontro con l’antico maniero, quando lo schedai per la Soprintendenza ai BB. AA. delle Marche, insieme a diverse Fortificazione varanesche insistenti nel territorio di Camerino. Da allora Beldiletto ha rappresentato la meta preferita del mio continuo girovagare alla ricerca del tempo perduto. E’ indubbio che quell’ammasso di rovine promanava un fascino irresistibile tanto che suggerii al Soprintendente, arch. Maria Luisa POLICHETTI, un pronto intervento di restauro che in parte venne effettuato soltanto nel 1986.
Pertanto ritengo di poter “certificare” l’ineluttabile decadenza dell’edificio a partire da quel periodo.
Tra il 1996-97 l’edificio venne attentamente studiato, fotografato e rilevato dall’architetto Michele MARINOZZI. Credo che nessuno meglio di lui possa testimoniare la situazione di degrado di quel particolare periodo in cui era in corso la perizia in oggetto. Gli studi di MARINOZZI erano finalizzati alla tesi di Laurea dal titolo significativo: “Il Castello di Beldiletto a Pievebovigliana. Proposta per un progetto di consolidamento e riqualificazione”[4].
Il giorno 16/05/97 l’architetto MARUCCI veniva incaricato dal dott. Alessandro IACOBONI di redigere la stima del Castello di Beldiletto.
Il giorno 19/10/1997, per uno strano destino, fui il primo a correre al capezzale del Castello di Beldiletto[5] per rilevarne i danni causati dal sisma del 26 settembre. Accertai che l’edificio non era utilizzato da molto tempo e quantificai l’importo dei danni con un punto interrogativo, in quanto il terremoto non aveva certamente peggiorato la staticità dell’edificio. I danni erano già stati provocati dall’incuria dell’uomo.
Il giorno 31/12/97 l’architetto MARUCCI depositò la perizia dove valutava il Castello di Beldiletto per un importo pari a £ 1.200.000.000.
Che la stima fosse giusta lo dimostra il fatto che il manufatto fu aggiudicato in ribasso, benché al funerale di Beldiletto ci avessero partecipato e pianto in tanti. Tutti volevano acquistarlo ed alla fine la prima asta è andata deserta mentre la seconda, quella con il ribasso di 200 milioni, fu aggiudicata all’unico concorrente. Infatti è risaputo che c’erano state diverse conferenze di servizi tra Enti statali, regionali e locali ed è risaputo che all’acquisto volesse parteciparvi anche il Fai (Fondo per l’ambiente italiano) che per un parere aveva scomodato anche l’on. Vittorio Sgarbi.
Il giorno 22/12/99 all’hotel Claudiani ci fu addirittura una conferenza stampa della Provincia con tanto di appello video della soprano Raina Kabajwanska e immancabile manifesto degli intellettuali di casa nostra, com’è costume di chi ha poche idee e pochi denari. Il titolo era significativo: “Iniziative per l’acquisizione, il restauro ed il possibile uso pubblico dell’antico Castello di Beldiletto”.
Queste sono alcune considerazioni per le quali ritengo congrua la valutazione dell’architetto Marucci, in considerazione che venne effettuata prima della manna di miliardi chiamata Legge N. 61/98 e dell’avvento dell’euro. Infatti anche per l’edilizia vale l’equazione 1000 £ = 1 € con tutte le maggiorazioni dovute allo spreco, tra mille rivoli del denaro pubblico destinato alla ricostruzione. Basti pensare che proprio a Beldiletto hanno ricostruito pure il corpo di fabbrica restaurato soltanto nel 1986 con i soldi della Soprintendenza.
Motivazione? La struttura lignea del tetto era sottodimensionata…
Visto che il Decreto Legislativo n. 490/99 al comma b) dell’art. 58 recita: in caso di trasferimento avvenuto nell’ambito di procedure di vendita forzata o fallimentare ovvero in forza di sentenza che produca gli effetti di un contratto di alienazione non concluso si prevede la denuncia da parte dell’acquirente, perchè non è stato esercitato il diritto di prelazione come previsto all’articolo 59 del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490? [6]
Si forniscono alcuni esempi di comparazione con edifici storici, spesso con parco e abitabili, recentemente alienati nel mercato maceratese con la cortese attenzione che il CASTELLO DI BELDILETTO era in completo stato d’abbandonato e che solo una parte risultava accatastata e per di più con tipologia A/4 = Abitazione di tipo popolare (Sic!). Inoltre i seguenti edifici, sia quelli oggetto d’asta che quelli di compravendita, sono stati per anni in cerca del compratore. Quindi anche se solo in maniera sintetica non è possibile dedurre il vero valore dalla rendita catastale, anche se quest’ultima è significativa ai fini tributari.
Nel 1973 -> Castello della Rancia Tolentino £ 25.000.000
Nel 1995 -> Casino Bonafede[7] Monte San Giusto £ 330.000.000
Nel 2000 -> Villa “La Quiete”[8] Treia £ 1.500.000.000
Nel 2000 -> Villa Lauri[9] Pollenza £ 1.830.000.000
CONCLUSIONI
Alla fine di questa sintetica e veloce relazione mi auguro di essere riuscito, anche se per sommi capi e in maniera apparentemente disordinata, a dimostrare la bontà della perizia dell’architetto MARUCCI e qualora mi verrà concesso più tempo sarò in grado di fornire ulteriori prove a suffragio della mia tesi come i prezzi di vendita delle seguenti ville di Treia: Villa “Valcerasa”, Villa “Dolce Riposo”, Villa Carnevali, Il Casone Pellicani, Il Roccolo, Villa Valcampana, Villa Leopardi.
Inoltre ho creduto opportuno sorvolare sopra le altre due perizie in quanto mi sono sembrate fantasiose e basate su criteri improponibili e dai valori eccessivamente fuori mercato. Infine non va dimenticato l’aspetto venale, poiché l’onorario del professionista va calcolato in percentuale: altro aspetto a vantaggio della perizia MARUCCI.
Voglio ricordare che l’intero mercato immobiliare è stato successivamente “drogato” dalla Legge N. 61/98. Non c’è dubbio che la legge della ricostruzione post-sisma ha ingenerato in tutti (proprietari, tecnici e imprese) aspettative di contributi. Comunque ritengo che l’edificio in questione, essendo in stato di abbandono, non aveva diritto ad alcun contributo e inoltre, vale la pena ricordare quanto scritto al comma 4 dell’articolo 4 della succitata legge: I contributi di cui ai commi 1, 2, 3, 5 sono concessi solo ai soggetti che alla data del 26 settembre 1997 siano proprietari degli immobili distrutti o danneggiati, ovvero, rispetto agli stessi immobili, usufruttuari o titolari di diritti reali di garanzia che si sostituiscono ai proprietari nella richiesta dei contributi spettanti qualora i proprietari, per qualsiasi motivo, non esercitino tale diritto. Il proprietario che aliena il suo diritto sull’immobile a privati diversi o affini fino al quarto grado, prima del completamento degli interventi di ricostruzione o riparazione che hanno beneficiato di tali contributi, è dichiarato decaduto dalle provvidenze ed è tenuto al rimborso delle somme percepite, maggiorate degli interessi legali, da versare all’entrata del bilancio dello Stato.
Risulta evidente dalla relazione che l’architetto MARUCCI non ha mai perso di vista gli elementi che concorrono nella valutazione degli immobili: ubicazione e veduta, vicinanza alla rete viaria e ferroviaria, rapporti con il PdF, caratteristiche tecniche e storico – architettoniche, relativa flessibilità, grado di finitura e vetustà, stato di manutenzione e tutte le altre caratteristiche intrinseche ed estrinseche. Il fattore estrinseco più importante agli effetti della definizione del bene è ovviamente la sua disponibilità che può essere ridotta o limitata da fattori politici e legislativi, variabili che si esprimono come già visto da vincoli di natura urbanistica. Sulla disponibilità del bene influirà inoltre la regolarità amministrativa riguardante permessi, autorizzazioni e concessioni edilizie.
Fattori intrinseci o estrinseci costituiscono, limitano e definiscono la qualità e conseguentemente il valore di un bene.
Macerata, 27 Gennaio 2004 arch. Gabor BONIFAZI
Bibliografia essenziale
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B. FELICIANGELI, Di alcune rocche dell’antico Stato di Camerino, in “Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria”, n.s., vol. 1, Ancona 1904, pp, 53,132, 149, 162 n..
AA. VV., Guida storico-artistica di Camerino e dintorni, Terni 1927, pp. 66, 75, 210.
L. SERRA, L’Arte nelle Marche dalle origini cristiane alla fine del gotico, Pesaro 1929, pp. 245, 246, 247 n..
Touring Club Italiano, Marche, Milano 1953.
A. A. BITTARELLI, Pievebovigliana e il suo museo, Japadre editore, L’Aquila, 1972, pp. 93-99.
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L. TANCREDI, Racconti di viaggio. Le città della marca maceratese, Quodlibet, Macerata 2003, p. 97, 101.
AA. VV., Il castello conteso, Pievebovigliana, 2007
Macerata, 27 Gennaio 2004 arch. Gabor BONIFAZI
[1] Gentile da Camerino: nipote di Rodolfo da Varano che ne 1377 era stato sconfitto da Francesco Ottoni signore di Matelica.
[2] Non esiste un criterio di stima di ri-costruzione. Il valore di costo è un criterio particolarmente adatto per la valutazione di un’opera al fine di determinarne l’utile derivante da un eventuale investimento, in quanto consente di verificare a priori, specialmente quando il mercato edilizio produce a costi superiori ai valori di mercato del prodotto finito, la convenienza dell’operazione economica che si vuole effettuare. Mentre il valore di trasformazione si basa sulla determinazione del costo che occorre sostenere per attuare una trasformazione dell’immobile confrontato con il valore di mercato che il bene potrebbe assumere a trasformazione avvenuta. Il valore di trasformazione si ottiene quindi sottraendo al valore di mercato del bene trasformato che sarà determinato in base ad un’indagine di mercato, tutti i costi che dovranno essere sostenuti per effettuarne la trasformazione. Dal momento che tutte le operazioni di stima vanno riferite ad un preciso momento storico, tanto il valore di mercato quanto i costi che occorre sostenere per la trasformazione potranno essere attualizzati alla stessa data tenendo conto del tempo necessario per la realizzazione delle opere di trasformazione. Inoltre i tecnici non hanno tenuto in considerazione fattori estrinseci quali la destinazione d’uso prevista dal PdF e i vincoli della Soprintendenza per l’edificio.
[3] L’architetto è inoltre il professionista più adeguato a seguire stime su edifici vincolati in considerazione che il restauro
è di esclusiva competenza dell’architetto come sancito da un Regio Decreto del 1923
[4] “Dipartimento di restauro delle strutture architettoniche”. Facoltà d’Architettura dell’Università degli Studi di Firenze.
[5] In quanto incaricato dal Coordinatore rilevamento danni da terremoto patrimonio artistico di effettuare verifiche dei
danni subiti dagli edifici pubblici e privati MONUMENTALI
[6] 1. Il Ministero ha facoltà di acquistare i beni culturali alienati a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione.
3. Ove l’alienante non ritenga di accettare la determinazione effettuata dal Ministero, il valore della cosa e’ stabilito da una commissione di tre membri da nominarsi uno dal Ministero, l’altro dall’alienante ed il terzo dal presidente del tribunale. Le spese relative sono anticipate dall’alienante.
4. La determinazione della commissione e’ impugnabile in caso di errore o di manifesta iniquità.
5. Il diritto di prelazione può essere esercitato anche quando il bene sia a qualunque titolo dato in pagamento.
Articolo 60
Condizioni della prelazione
1. Il diritto di prelazione e’ esercitato nel termine di due mesi dalla data di ricezione della denuncia prevista dall’articolo 58.
2. Entro il termine indicato dal comma 1 il provvedimento di prelazione e’ notificato all’alienante ed all’acquirente. La proprietà passa allo Stato dalla data dell’ultima notificazione.
3. In pendenza del termine prescritto dal comma 1 l’atto di alienazione e’ inefficace ed all’alienante e’ vietato effettuare la consegna della cosa.
4. Le clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato.
5. Nel caso in cui il Ministero eserciti il diritto di prelazione su parte delle cose alienate, il compratore ha facoltà di recedere dal contratto.
Articolo 61
Esercizio della prelazione
1. Il soprintendente, ricevuta la denuncia di un atto soggetto a prelazione, ne da’ immediata comunicazione alla Regione, alla Provincia ed al Comune nel cui territorio si trova il bene. Trattandosi di bene mobile, la Regione ne dare notizia sul proprio Bollettino Ufficiale ed eventualmente mediante altri idonei mezzi di pubblicista a livello nazionale, con la descrizione dell’opera e il prezzo.
2. La regione, la provincia ed il comune, nel termine di quaranta giorni dalla denuncia, formulano al Ministero la proposta di prelazione, dichiarando l’eventuale irrevocabile intento di acquistare il bene e di corrisponderne il prezzo all’alienante.
3. Il Ministero, qualora rinunci all’acquisto, emette, nel termine previsto dall’articolo 60, comma 1, il decreto di prelazione a favore dell’ente richiedente.
[7] Il casino è stato messo all’asta il 9 maggio 1995 dall’Opera Pia Sagrini e acquistato dal Prof. Evio Ermas Ercoli.
[8] Villa “La Quiete”, una villa con parco, è stata prelazionata dal Comune di Treia.
[9] La villa è stata venduta all’asta il 3 maggio 2000 dal Tribunale di Macerata.