Da destra: Francesco Renne, Umberto Massei, Roberto Cappelletto, Sandro Bertini, Alfredo Varrati e Oliviero Rotini
di Filippo Ciccarelli
(foto di Guido Picchio)
Conciliare le esigenze di imprese e banche, facilitando l’accesso al credito per le prime e fornendo le giuste garanzie per le seconde. E’ questo il grande tema del seminario “Sconfinamenti bancari (Past Due): cosa fare?” organizzato da Confindustria, Confidi Macerata e dall’Ordine dei Commercialisti ed Esperti contabili di Macerata e Camerino. E’ infatti un’esigenza sempre più sentita da parte delle aziende quella di ottenere finanziamenti da parte degli istituti di credito, ma la situazione economica e finanziaria attuale non consente più atteggiamenti non oculati e poco attenti. Su questo punto è chiaro il pensiero del professor Roberto Cappelletto, ordinario di finanzia aziendale all’Università di Udine: “L’argomento di oggi è parte di un lungo discorso. Gli sconfinamenti sono il risultato di due politiche fondamentali, che sono quella di concessione del credito delle banche, le quali dovrebbero determinare i fabbisogni finanziari delle imprese e soddisfarli, e dell’utilizzo del credito da parte delle imprese. E’ fondamentale partire molto prima: perché se siamo arrivati al Past due vuol dire che il discorso è già stato fatto, e nel modo sbagliato. Le imprese e le banche devono avere la capacità di preventivare i fabbisogni. E’ vero che le piccole imprese vanno finanziate e sono la spina dorsale dell’economia italiana. E’ vero che le banche devono dare credito, ma dovrebbero darlo solo chi sa valutare bene, perché le imprese che investono male sprecano i capitali, che sono una risorsa scarsa. Il problema non è solo dire che si deve finanziare questo o quello: bisogna diventare molto più bravi e fare il proprio mestiere. Fino a qualche anno fa l’economia italiana andava avanti per una visione macroeconomica che facilitava le banche di far credito anche sbagliando, e alle imprese di prenderlo anche se non lo meritavano”.
Dello stesso avviso Alfredo Varrati, senior analyst dell’Abi: “La crisi ovviamente ha avuto conseguenze negative per tutti noi, ma c’è un aspetto positivo: ha reso possibile una collaborazione tra mondo bancario e realtà imprenditoriale che non aveva precedenti in passato.Insieme a tutte le controparti pubbliche abbiamo messo in campo iniziative per alleviare la crisi, sistemi per trasferire liquidità dalle banche alle imprese; abbiamo fatto un lavoro di ottimizzazione del fondo di garanzia per le PMI. Ma al momento, per quel che riguarda il credito, le sofferenze aumentano: siamo a 107 miliardi di euro di sofferenze lorde. Non possiamo più erogare indiscriminatamente soldi verso chi non ha le giuste garanzie, la situazione diventerebbe drammatica”.
Secondo Sandro Bertini, che guida l’associazione della Piccola e Media Impresa a Macerata, “le Marche e in particolare Macerata, negli ultimi 30-40 anni hanno avuto uno sviluppo importante, dovuto soprattutto alla piccola e media impresa. Il momento è difficile per tutta l’economia, nazionale e locale. Per questo abbiamo bisogno che le istituzioni scendano in campo: perché dobbiamo salvare le piccole e medie imprese, perché salvando loro salviamo il Paese”.
Francesco Renne, presidente della commissione nazionale di studio sulla finanza innovativa dell’ordine nazionale dei commercialisti, propone la sua ricetta: “Promuoviamo accordi sull’accesso al credito e sulla formazione specialistica diretta ai professionisti interessati. Vogliamo un credito veramente accessibile per le imprese e veramente affidabile per le banche. Accessibilità e affidabilità del sistema-credito sono fondamentali, ora più che mai”. E sulla necessità di un un approccio diverso tra banca ed
impresa, favorito dai commercialisti, interviene il presidente dell’ordine locale, Umberto Massei. “Siamo in un percorso che da Basilea 2 va a Basilea 3. Questo è un passaggio che ci richiama ad un appuntamento. Vogliamo professionalizzare il rapporto banca-impresa. L’ordine dei commercialisti può e deve giocare un ruolo fondamentale, mettendo in campo le energie professionali dei propri iscritti, esperti in diritto d’impresa, in economia aziendale: questa sinergia ci ha permesso di confrontarci oggi su un argomento importante e strategico per la prosecuzione del percorso delle micro e medie imprese del nostro territorio. Recepiamo, come Ordine, l’esigenza di un approccio e di accesso al credito sempre più professionale, con professionisti iscritti all’albo”.
Oliviero Rotini, presidente di Confidi Macerata, puntualizza il ruolo della sua società nel difficile contesto della stretta creditizia: “Durante la difficile situazione nel settore del credito, noi abbiamo un ruolo importante. Il governo centrale ha stanziato cifre estremamente consistenti per il fondo centrale di garanzia, che affianca il rischio che le banche corrono verso le imprese. Il nostro ruolo è importante, facilita l’accesso a linee di credito aggiuntive, consente una riduzione dei costi attraverso le convenzioni. Abbiamo un compito importante anche verso le banche: con le nostre garanzie riduciamo il rischio ed assicuriamo la qualità dei clienti. I soci che usano garanzia dei Confidi sono soci e non solo clienti, e perciò sono imprese ben note”.
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Il dibattito sulle vicende dell’economia e del lavoro fa fatica sempre a decollare. Provo a smuovere un pò le acque ! Ho l’impressione che gli interventi al convegno, se fedelmente riportati ma certo sarà cosi, siano stati un po di maniera e “buonisti”. In realtà il problema del credito (specie se poi collegato ai tempi di pagamento della pubblica amministrazione) rappresenta ancora (in questi giorni) un grosso problema per le aziende . Se viene concesso le garazie sono fortemente discriminatorie ed i tassi talmente alti da non trovare riscontro in una normale o anche buona redditività dell’investimento sul mercato . Ma è anche il finanziamento delle attività correnti che diventa uno scoglio difficile da superare. E giusto che le banche facciano il loro lavoro di selezione delle opportunità con professionalità ma una volta fatto questo lavoro le condizioni devono essere in grado di stimolare e non di frenare l’attività economica. A tale scopo sarebbe interessante conoscere dove e con chi hanno investito la loro raccolta le banche (se lo hanno fatto) e dove sono le loro sofferenze. Un spaccato per classe dimensionale e per settore economico-produttivo . magari verrebbe fuori qualche interessante considerazione .
Riguardo al fatto di come sono stati utilizzati i fondi BCE vorrei fornire alcune precisazioni, per quanto mi e’ dato conoscere.
In Italia i depositi ed obbligazioni bancarie raccolte – la cosidetta RACCOLTA – ammonta a circa circa 1600 miliardi di euro . Queste masse di fatto vengono impiegate in crediti alle famiglie, alle imprese e alle varie amministrazioni pubbliche. Ma purtroppo la raccolta bancaria non è sufficiente a coprire per intero gli stock creditizi verso l’economia reale italiana. Infatti il complesso di tali affidamenti ammonta a quasi 2000 miliardi di euro. con un disavanzo di ca. 400 miliardi, che nel pregresso veniva finanziato ricorrendo ai mercati finanziari internazionali all’ingrosso.
Con la crisi di fiducia che ha colpito il debito sovrano dell’Italia e il conseguente prosciugarsi dei mercati all’ingrosso, le banche hanno dovuto attingere alla BCE, per poter anche compensare quelle quote di depositi che negli ultimi mesi sono state sottratte all’economia italiana e canalizzate all’estero o verso beni rifugio.
Al momento quindi la BCE ha fornito benzina in prevalenza per mantenere le posizioni: 250 miliardi, pari al 13% di quanto necessario rispetto agli attuali livelli di impieghi all’economia.
A titolo esplicativo vorrei poi sottolineare che senza l’intervento della BCE non sarebbe stato possibile rinnovare la ”Moratoria” sui mutui per imprese e famiglie.
Ma se non riparte il mercato internazionale all’ingrosso, se in definitiva non vi sarà crescita di sufficienti depositi stabili degli italiani, queste risorse non basteranno a far partire nuovo credito .
Sino a questo momento le risorse BCE sono state sostitutive e non ancora aggiuntive. Si e’ difeso un sistema, che garantisce il funzionamento del piu’ ampio sistema “Paese”
Sul fatto poi che non viene concesso credito e che ci sia una stretta eccessiva – comunemente conosciuto come CREDIT CRUNCH -c’e’ da dire che seppure ancora nel mezzo di una crisi economica e di liquidità senza precedenti, si puo’ ragionevolmente affermare che circa l’80% delle domande di credito riceve una risposta positiva.
Ovviamente questo vuole anche dire che una richiesta su cinque riceve invece un rifiuto.
Senza dubbio e’ una percentuale superiore rispetto al pregresso, e questo basta a
spiegare la diffusa e comprensibile preoccupazione sul tema.
Qui occorre però anche ricordare, e non e’ cosa di poco conto, che i soldi che le Banche prestano alle imprese sono in stragrande prevalenza depositi e risparmi dei cittadini italiani che la legge e il buonsenso impongono di gestire con “sana e ragionevole prudenza”.
Forse in passato di credito se ne è dato troppo, fatto che sta che da nessuna parte come in Italia le banche hanno pagato e stanno pagando la crisi con circa 20 miliardi di perdite, quasi interamente su crediti alle PMI e alle famiglie.
E con Basilea 3 alle porte, le banche devono ancor piu’ monitorare e parametrare la qualità del credito erogato, per non diventare strutturalmente “povere” e impossibilitate a dare nuovo credito.
In sintesi, senza banche sane, profittevoli, rispettate dai media e dall’opinione pubblica, messe nelle condizioni di erogare buon credito a buone condizioni non c’è sviluppo, non c’è crescita.
Ben vengano quindi i Confidi, e una maggiore apertura e trasparenza tra professionisti e banche: il fine ultimo comune ad ogni “attore” del sistema e’ quello di superare la crisi !!!