di Andrea Busiello
Giovedì torna il campionato di volley di serie A1 ma è lecito effettuare una riflessione sul tema. Ovvero: appena domenica scorsa è finita la World Cup dove le nazionali più forti del mondo si sono date battaglia per cercare la qualificazione all’Olimpiade di Londra. Come tutti saprete, l’Italia non ha centrato la qualificazione solo per differenza set al cospetto del Brasile. La domanda logica che sorge spontanea è la seguente: ma dopo 11 gare di World Cup nel giro di 15 giorni, comprensivi di 3 spostamenti in città diverse per giocare le gare della manifestazione, come si può riprendere il campionato dopo soli 4 giorni dalla fine della stessa? E’ logico che in tale discorso è chiamata in causa la Lube perchè ben 5 atleti (Savani, Travica, Parodi, Podrascanin e Stankovic) arriveranno dal Giappone solo oggi pomeriggio e direttamente a Latina ed a distanza di nemmeno 48 ore scenderanno in campo contro i pontini. Paradossale. Senza considerare che questi ragazzi non si sono più allenati con la squadra per ovvie ragioni. E’ importante dire anche che il fuso orario tra Giappone e Italia è di nove ore e metabolizzare un cambio di fuso di questo genere in 2 giorni presumo che non sia il massimo per nessuno. Basti pensare che i russi del Novosibirsk vennero a Macerata per la Champions 3 giorni prima (allenati e riposati tranquillamente) per “digerire” un fuso di 3 ore.
Altra cosa da sottolineare è che questi giocatori sono prima degli esseri umani e non dei robot e dunque come fanno a giocare alla massima intensità psico-fisica dopo aver disputato una competizione del genere che fisicamente e mentalmente ti spreme in maniera devastante? E’ logico che da questa situazione ne pagano le conseguenze solo le società che hanno i nazionali in campo e dunque le migliori del torneo ma non sarebbe stato più consono riprendere il campionato almeno domenica anzichè giovedì? Poi ci si chiede perchè il volley ha un appeal diverso a tanti altri sport. Forse c’è qualcosa che và modificato direttamente all’interno del movimento. O sbaglio?
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