Racconti di spaccitti e osterie
in attesa di un riconoscimento

Presto i locali storici saranno identificati dalla "fojetta", logo assegnato dalla Regione Marche

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Treja-San-Lorenzo-Amici-miei

di Gabor Bonifazi

A Macerata era costume dei tempi andati fare passeggiate fuori porta, quando ancora ci si muoveva a piedi e non c’erano l’automobile, la roulotte, il camper, la casa in campagna, quella al mare, quella in montagna, non esisteva quella strana parola week-end e soprattutto non c’era ancora quell’effimero originato dalle scienze della comunicazione e della formazione. Le mete preferite erano Le Vergini, Sforzacosta, Piediripa, Villa Potenza, Madonna del Monte e Collevario. E proprio qui a Collevario si apriva la stagione delle passeggiate e delle merennette, per via che la festa della Madonna del Rosario cadeva il lunedì di Pasqua. C’erano la corsa campestre, la rottura delle pigne e tante altre competizioni popolari tipo giochi senza frontiere, sapientemente organizzate dal festaiolo di turno che di solito era un contadì grossu, almeno per chi era piccolo. Naturalmente c’era il vino buono e le durissime ciambelle di Pasqua. Poi veniva il periodo che si doveva piantare maggio, un eufemismo chiaramente a sfondo erotico che ancora non ho capito appieno, ma sicuramente doveva essere un rituale intimamente legato all’amore. Negli anni Cinquanta molti maceratesi erano fortunati se potevano trascorrere il Ferragosto lungo le rive del Chienti o del Potenza, allora luoghi di lavoro delle lavandare. Una tegghia de swincisgrassi, un’altra di pollo e patate arrosto e un cocomero tassellato al rhum era il massimo del ghiotto. La meta preferita delle allegre compagnie doveva essere proprio lu spaccittu dove si consumavano le merende a base di ciabuscolo, salame, fava e formaggio.

Camerino-Canepina-Francesco-dellEurobar

C’era lu spaccittu de Chiavari, de Fusari, de Nino e alla Cimarella quello de Jennà. Chiavari in contrada Le Vergini e quello di Fusari in via Bramante sono scomparsi e Nino è risuscitato ne “Lu Spaccittu”. Sono sopravvissuti all’incuria del tempo solo quello di Jennà, dal nome del proprietario che lo aprì nel 1952, in contrada Cimarella, dove la mancina Anna Fabiani fino alla fine del 2008 affettava prosciutti con il lungo coltello dalla lama sottile come se stesse suonando il violino, e quello di Coloso, in attività dal 1927 a Madonna del Monte tenuto aperto con tanta passione dalla simpatica Jolanda Lattanzi. E così, mentre inseguiamo pervicacemente suggestioni di un piccolo mondo scomparso nell’atmosfera delle effimere osterie delle varie rievocazioni in costume e nei mercatini dove è ancora possibile acquistare mortai di pietra, macinini “Tre Spade” e vecchie bilance Berkel, stiamo perdendo le ultime botteghe caratteristiche: gli spacci di campagna. Luoghi di un certo valore sociale che per tanto tempo hanno rappresentato un punto d’incontro tra domanda e offerta di prodotti alimentari spesso barattati con i prodotti della terra. Gli spacci e i negozi di prodotti alimentari vanno valorizzati prima che finiscano nelle anguste mura del solito museo tipologico. Si può recuperare un vecchio bancone coi cassettoni per la pasta, come pure una bilancia del sale o una rossa affettatrice a mano, ma non certo le sensazioni e la gestualità del commerciante. Come dire commerciante e porco pesalo dopo morto. Infatti sarà molto difficile inserire in un’ambientazione di maniera l’odore particolare che emanavano i negozi di generi alimentari. Sarà pure difficile rievocare la gestualità dell’alimentarista nel confezionare un etto di conserva con la carta oleata, mentre con la carta paglia e con la carta azzurrina si incartavano rispettivamente la farina e lo zucchero, scaricati pazientemente con la sessola sulla traballante bilancia.

Tolentino-Paterno-Jole-Ciamarra

Ai tempi della vendita al minuto tutto era regolarmente sfuso, anche quel libricino nero coi bordi rossi dove i più segnavano le proprie spese che regolarmente saldavano a fine mese. Chi non ricorda quel libricino con l’elastico e tutte le altre magiche operazioni per preparare un panino farcito con la crema Alba! Comunque più ci si allontana dalle periferie disurbanizzate, dai vari discount e centri commerciali avvicinandosi verso la montagna, e più si possono trovare ancora piccoli punti di ristoro dove poter trovare un po’ di quella umanità in via d’estinzione. A Valcimarra di Caldarola sopravvive Lorenza, la decana degli spacci drive-in. Peccato che una decina di anni fa chiuse lo spaccio sotto Rocca Varano, quello della Sfercia. Altro spaccio, un po’ autogrill, perché fino a qualche anno fa c’era anche il distributore di carburanti, si trova a Piè Casavecchia di Pieve Torina ed è gestito dalla famiglia Pompei; qui, sotto il pergolato, si poteva incontrare anche lo speleologo Montalbini in libera uscita dal Monte Bove. Poi, un po’ più avanti, sempre lungo la strada per Visso, a Villa Sant’Antonio c’è la caratteristica salsamenteria dei Cappa. A Monte Cavallo c’è un’altro punto di sosta molto variopinto, quasi un vero emporio dove c’è di tutto (tabacchi, bar, alimentari, macelleria e cantina stracolma di salami), gestito con tanta passione dal norcino Testiccioli. Naturalmente per valorizzare questi punti di ritrovo si potrebbe fare una guida degli spacci della nostra provincia, visti come luoghi caratteristici destinati alla vendita di monopoli e non solo, ma spesso sperduti nelle località montane come il Bar Giada in contrada San Lorenzo di Treja o l’Euro Bar in contrada Canepina di Camerino.

Montecavallo-Il-retrobanco-di-Testiccioli

All’elenco vanno aggiunti due esercizi commerciali recentemente scoperti lungo la SP 126, la strada che collega Tolentino a San Ginesio, nella frazione Paterno (denominazione sincopata di Padre Eterno). Trattasi dello Spaccio Ciamarra, composto da due locali, alimentari/ bazar e bar, divisi da un vano scala e ricavati al piano terra di un classico edificio “casa e bottega”, costruito nel 1950 ca. Jole Ciamarra gestisce l’attività che rilevò dopo aver lavorato a Parigi. Il marito Quintilio (classe 1937) esercita ancora il mestiere di muratore con un certo estro, infatti ha disseminato i dintorni dell’edificio con modelli di costruzioni fantastiche: vari castelli e una torre Eiffel in ricordo del suo passato di emigrante, denominando questa poetica installazione “L’angolo della fantasia”. Tra le varie curiosità all’interno del bar segnaliamo una bacheca coi chiodi provenienti dallo smontaggio del tetto di Palazzo Sangallo. Un po’ più in alto, un po’ più in là, nella frazione Regnano, c’è lo Spaccio Ciarlantini, un locale caratteristico con raro bancone con cassettoni per la pasta degli anni Cinquanta del ‘900 e vecchia affettatrice. Il classico emporio con un po’ di tutto e un po’ di niente: alimentari, bar, tabacchi, cabina telefonica, pergolato e tanto di pompa di benzina.
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Questi spacci di campagna potrebbero presto fregiarsi della “Fojetta”, il simpatico logo che segnalerà le Osterie storiche delle Marche come stabilito dalla LR 5/2011: “Interventi regionali per il sostegno e la promozione di osterie, locande, taverne, botteghe e spacci di campagna”. Tuttavia in Regione si continua a cincischiare inspiegabilmente sul regolamento, domande, schede di rilevamento e delibere, il che impedisce a questi ultimi locali commerciali di poter beneficiare, prima che sia troppo tardi, di un segno distintivo e di eventuali contributi per l’adeguamento degli impianti e per il rinnovo degli arredi. Il censimento delle osterie storiche potrebbe essere gestito dalla Provincia.

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