di Filippo Ciccarelli
La Maceratese chiude il girone di andata di Eccellenza al nono posto, in coabitazione con la Biagio Nazzaro; tuttavia, oltre la metà delle squadre del torneo, a causa del maltempo, devono recuperare una, se non due partite, e la classifica sarà giocoforza soggetta a mutamenti.
Facciamo un salto all’indietro, quando il capitano della squadra, Cacciatori, invitò a guardare la classifica a Natale. Di certo i biancorossi non possono esaltarsi, ma almeno l’ultimo posto è molto più lontano, a 17 punti di distanza (recuperi permettendo).
Facciamo un salto ancora più all’indietro, ad oltre 30 anni fa. Le squadre che la prima squadra del capoluogo affrontava non erano Elpidiense Cascinare, Real Metauro, Centobuchi, bensì compagini del calibro di Siena, Empoli, Perugia, Spezia, Cesena, Ternana… altri tempi ed altri palcoscenici.
Per avere un’idea di cosa fosse il calcio di quegli anni, abbiamo chiesto ad Oreste Alessandrini, indimenticata stella che per molto tempo vestì la casacca biancorossa, giocando prevalentemente come esterno di centrocampo.
Salve, Alessandrini. Innanzi tutto, in che periodo e per quanto tempo giocò con la Maceratese?
Io alla Maceratese ho giocato per 9 anni, dal 1965 al 1974. Erano gli anni d’oro, quando sfiorammo la serie B! Erano i tempi della serie C unica a tre gironi.
E dopo? Proseguì a giocare?
Sì, andai a Pozzuoli, alla Puteolana… e poi ho giocato ancora, ma nelle serie minori.
Lei ha detto che giocò anche nella stagione in cui si sfiorò la serie B: ci racconta di quest’esperienza? Quali erano le aspettative ad inizio campionato?
Eravamo partiti per vincere, la squadra era tosta. La “Berretti” era diventata campione d’Italia. Come squadra eravamo forti, secondo me anche più del Perugia, che poi vinse il campionato. Quella è stata una esperienza brutta, eravamo 5 punti sopra al Perugia verso la fine del campionato; in quegli anni però la vittoria valeva 2 punti, e non 3 come oggi. Poi ci siamo fatti raggiungere, e divenne decisiva la gara che disputammo a Prato. Quella non me la scorderò mai.
Cosa successe a Prato?
A Prato era fondamentale vincere. Ricordo che uno dei nostri giocatori più forti, Dugini, era in dubbio fino all’inizio della partita. Giammarinaro, l’allenatore, gli chiese se se la sentisse di giocare, ed era molto importante la sua risposta, perché all’epoca non c’erano le sostituzioni. Dugini rassicurò l’allenatore, ma dopo pochissimi minuti s’infortunò. Purtroppo quell’infortunio ci ha penalizzato un sacco, perché Dugini era un attaccante importantissimo per noi. La partita finì 0-0 e il Perugia vinse il campionato, andando in B.
Lei pensa che Dugini non fosse in grado di giocare?
Non lo so. Dico solo che è stato un infortunio “strano”. E che ci costò un campionato.
La Maceratese, nonostante quel campionato, fu un esperienza positiva per lei?
Certamente! A Macerata ho persino trovate moglie… e poi sono ancora in contatto con alcuni dei giocatori di quella squadra. Ogni anno facciamo un paio di cene per ritrovarci, ed arriviamo ad essere 20-25 persone. Ho mantenuto contatti più stabili soprattutto con Brando, Rega, Ciappelloni ed Olivieri.
Quanto è cambiato il mondo del calcio rispetto a quello che era ai suoi tempi?
Ehh… tanto, tantissimo. Oggi c’è molta più velocità e ci sono molti meno spazi per giocare la palla. Ma una cosa la voglio dire: tecnicamente non c’è confronto, eravamo molto più bravi noi rispetto ai giocatori di oggi. Io rimpiango di non essere nato 30 anni dopo, e non solo per un fatto di stipendi, che oggi sono molto più alti. Penso che sarei potuto arrivare a giocare ad altissimi livelli, forse anche alla Nazionale.
Ci sono altri ricordi particolari che le vengono in mente?
Ce n’è uno bellissimo. Nella stagione 1970/71 incontrammo il Genoa. Nella partita in casa vincemmo 2-0. Ricordo che l’allenatore, che era Giammarinaro, mentre aveva catechizzato tutti i miei compagni sulle cose da fare, sui movimenti da eseguire, mi mise un braccio intorno alla spalla e mi disse: “Fai vedere a questi qui del Genoa come si gioca a pallone!”.
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Oreste Alessandrini, ok: ma, per tutti, “Pannellì”! Finalmente sento dire che la Maceratese perdette la conquista della serie B a Prato e non a Perugia! Non mi era MAI capitato. Ignoro se la Maceratese “cedette” davvero quel campionato al Perugia, come da decenni sento giurare da tanti nella mia città. Non mi stupirei se sia accaduto così, alla luce delle successive cessioni di Turchetto e Dugini alla società umbra. Ma, di sicuro, la Maceratese non perse quella storica promozione a Perugia: lì i biancorossi si arresero 3-1, ok. Ma si giocò a febbraio: mancavano più di dieci giornate al termine della stagione. Quella sconfitta ci costò solo un effimero sorpasso da parte del Perugia, già colmato una domenica dopo. Il campionato lo perdemmo, o lo volemmo perdere, si dica come si vuole, in primavera. Ora Alessandrini cita la gara di Prato. A me risulta che, principalmente, la Maceratese fallì la serie B cedendo all’Helvia Recina, 1-2, di fronte ad un quotato ma demotivato Spezia nella terz’ultima giornata.
Sì, vincemmo 2-0 all’Helvia Recina contro il Genoa (autogol di Turone alla fine del primo tempo, e nella ripresa raddoppio di…Attili, ma non ci metto la mano sul fuoco). Era maggio. All’andata, il 6 dicembre, beccammo uno 0-3 a Marassi. Era una gara inserita in schedina. Quella di ritorno, no. Pazienza! Mai la Maceratese aveva piegato 2-0 una formazione che annoverava nove scudetti. Nessun’altra affermazione ha mai raggiunto tale spessore, nella storia del calcio biancorosso. Si trattò di una vittoria ininfluente (la Maceratese non aveva più nulla da chiedere al campionato) ma di un bagliore che ancora acceca.
Mi si perdoni se reitero, ma il servizio di Filippo Ciccarelli (bravo lui!) mi ha davvero intrigato. Sono trascorse alcune ore dal mio precedente intervento e, nel frattempo, ho trovato lo spazio per documentarmi. Dopo mezzo secolo, ritengo sia ora fare un po’ più di luce su una vicenda sportiva che ormai da mezzo secolo continua ad animare discussioni tra i seguaci della Maceratese: la mia città non sarebbe più tale se pure nel 2123 non si proseguisse a sacramentare su quel campionato “venduto” al Perugia.
Chiedo venia: l’1-2 interno con lo Spezia capitò alla quint’ultima giornata, non alla terz’ultima; e una settimana dopo la Maceratese perse 2-0 a Carrara. Queste sconfitte avvalorano ampiamente le parole di Alessandrini, che ricorda come i biancorossi, ormai al tramonto del campionato, vantavano 5 punti in più del Perugia.
Alessandrini ha ancora più ragione reputando determinante lo 0-0 di Prato. Era il penultimo turno. Nell’ultimo, in casa, battemmo 1-0 la Vis Pesaro. Ergo, siccome la classifica finale recitò Perugia 46 e Maceratese 45, vincendo a Prato saremmo approdati allo spareggio.
Alessandrini si sofferma poi sullo “strano” infortunio patito da Dugini a Prato. Personalmente, ricordo di aver contattato Dugini nel 1998: guarda caso, proprio nella sua Prato. Lui ci rimase di stucco, o quasi: “Da 20 anni non ho più riparlato con un maceratese. Perchè, adesso?”. Non pensavo che nessun mio concittadino, nell’arco di un ventennio, non gli avesse mai domandato nulla circa quel campionato, relativi enigmi annessi. Dugini replicò seccamente:”Posso dirvi soltanto che, verso la fine della stagione, ero in accordo col Verona, che mi voleva a tutti i costi. Ma la Maceratese mi impedì di trasferirmi al Verona; insomma, mi impose di passare al Perugia assieme a Turchetto. Sospettate che quel campionato fosse truccato? Io, no. Penso soltanto che arrivammo secondi perchè non disponevamo di una panchina adeguata come quella del Perugia. Se poi voi a Macerata ipotizzate combines, fate prima a rivolgervi a Turchetto: lui saprà dirvi più di me, è restato a Macerata pure dopo la fine della carriera”.
Ma Claudio Turchetto non ha mai amato risalire a certi precedenti. Logico. Spero almeno di aver contribuito a rendervi certi che la Maceratese non fallì l’approdo in serie B a causa di quella sconfitta, scarsamente influente, maturata a febbraio nel capoluogo umbro. Come, desolatamente, manifestato anche in occasione di comizi politici, a dispetto della reale conoscenza dei fatti, da personaggi che sono assurti a ruoli elevatissimi. Mi pare. Non mi intendo di politica: sono soltanto un cronista dello sport maceratese.
Innanzi tutto vorrei ringraziare il signor Bartolotti, sono felice dei suoi complimenti ed anche dell’interesse che suscita, dopo così tanto tempo, un’intervista ad uno di quei giocatori di “quella” Maceratese, a cui tutti si riferiscono quando pensano alla squadra storica, e che tantissimi a Macerata ricordano: persino “insospettabili” che oggi non si avvicinerebbero allo stadio o neanche al calcio in tv.
In merito al primo post credo che il secondo goal nella famosa partita vinta col Genoa 2-0 (quel Genoa vinse il campionato per due lunghezze sulla SPAL, conquistando 22 vittorie, 12 pareggi ed appena 4 sconfitte) fosse di Veracini e non di Attilli, ma non ne ho la certezza assoluta.
Maceratese???? Cosa è?
Io ho assistito alla partita di Prato,come cronista del “Carlino” per conto del quale ho seguito tutto quel campionato,come tanti altri:precedenti e successivi.
Non so se è un merito ,oppure la realistica constatazione di quanti anni sono trascorsi da allora.
Nel clima delle feste natalizie ed anche per un pizzico di egoismo, sono portato a scegliere la prima ipotesi.
Effettivamente quell’incontro non fu proprio …lineare,ma non solo per l’infortunio, pronti/via , di Dugini.
Nella circostanza,avendo seguito anche il lungo ritiro pre-partita di Montecatini,posso confermare l’attenzione, ricordata da Alessandrini, con cui Giammarinaro e l’indimenticabile massaggiatore Donati(purtroppo scomparso)controllarono le condizioni fisiche di Dugini alla viglia del match, e le relative assicurazioni di buona salute del giocatore.
Più volte mi è balenata in mente l’intenzione di scrivere qualcosa,anche d’inedito e di significativo, sul passato più glorioso della Maceratese,collegandomi così idealmente al libro di mio padre,Fernando Scattolini,su “70 anni di sport maceratese”.
Ricordi di un cronista,allora giovane,vicino(talvolta in maniera anche polemica)ai biancorossi negli stadi di tutt’Italia.
Avrei però bisogno di uno storico che ne ricostruisca l’architettura.
Il mio amico Stefano Bartolotti mi potrebbe aiutare.
Attendo segnali.
Attende segnali da me, Dottor Scattolini? Ne sono orgogliosisissimo e non esito a prometterLe il mio incondizionato sostegni ai fini da Lei esposti. Se Lei ha individuato in me “lo storico” che ricostruisca l’architettura dei Suoi innumerevoli ricordi, non posso che esserne assai fiero. Oggettivamente, da tempo reputo che il libro scritto da Suo Padre meriterebbe un prosieguo: allora erano “70 anni di sport maceratese” (mentre scrivo lo ho sotto mano, è la mia Bibbia), ora ne sono trascorsi altri 40. Fernando Scattolini scrisse di tutto: dal tamburello al tennis da tavolo. Adesso non si potrebbero certo omettere il volley ed il softball, che a Macerata hanno donato titoli nazionali e continentali.
Ma Lei è sempre stato un calciofilo al 100%. Ho intuito il Suo progetto e lo appoggio incondizianatamente. Sono qui. Auguri di buone feste.