di Maurizio Verdenelli
Una tempesta d’emozioni e di ricordi provenienti direttamente dalla memoria storica dello Sferisterio -che spero qualcuno vorrà un giorno ripristinare definitivamente- non può non suscitare la riedizione di “Rigoletto”. Correva il 1985. L’anno seguente a quella memorabile stagione che aveva lanciato nel mondo il nome di Macerata e che aveva visto lo Sferisterio targato Carlo Perucci (direttore artistico) e Davide Calise (assessore comunale e sovrintendente) giganteggiare fino a confrontarsi con l’Arena di Verona che lo stesso Perucci avrebbe poi guidato. I clamori e la fama della ‘scandalosa’ Boheme dell’inglese Ken Russell nella quale Mimì moriva per overdose (un’esclusiva che io firmai per ‘Il Messaggero’) erano arrivati fin sui giornali australiani! Pure i rumors. La erede di Giacomo Puccini aveva querelato Russell il quale, da parte sua, l’anno prima al Festival dei Due Mondi di Spoleto aveva diretto la regia di ‘Butterfly’ dove la protagonista era una prostituta di bordello! L’ambiente della lirica non avrebbe più perdonato il geniale e trasgressivo Ken (ospite molto soddisfatto di Villa Quiete dove Bernardo Cherchi ogni mattina faceva accompagnare in pullmino mrs. Russell a Porto Recanati per bagni di sole). Così,
dopo Macerata, nessun’altra proposta di regia lirica arrivò più al regista cinematografico de ‘I diavoli’!
Tuttavia il progetto delle grandi regie, dopo la fine del rapporto con Montserrat Caballè e Josè Carreras -che sarebbe tornato per un memorabile concerto- sembrava avviato felicemente in Arena.
In quell’anno di grazia 1985, dunque, Perucci&Calise mettendo in cartellone “Lucia di Lammermoor” e “Rigoletto” pensarono ancora a grandi firme della cinematografia. Per la prima opera, più e più volte il dirigente comunale Alberto Girolami fu ospite del grande Renato Guttuso a Roma, nel suo studio a Salita del Grillo nel palazzo del celebre Marchese immortalato dal film di Alberto Sordi. Ricordo la testimonianza dell’indimenticabile amico e collega giornalista Alberto (penna finissima, lavorò al ‘Messaggero’ e pure con chi scrive) cui si deve il perfetto funzionamento di tanti stagioni liriche: “Si andava con Calise a Roma: il grande Guttuso era gentilissimo. Aveva sempre un bicchierone in mano dal quale per tutta la durante della visita, sorseggiava. Il progetto sembrava ben avviato! Il Maestro aveva preparato pure alcuni bozzetti per l’opera. Poi tutto s’interruppe: gli impegni di Guttuso erano all’improvviso cresciuti e per lo Sferisterio, a causa dei tempi obbligati di messi in scena, non fu possibile fare più nulla”.
Saltarono così anche gli abboccamenti, ad uno ad uno per ‘Rigoletto’. Prima con Francesco Rosi, poi con Peter Ustinov e, seppure in extremis, con Martin Scorsese, il regista, l’eroe del ‘nostro’ due volte Premio Oscar, lo scenografo Dante Ferretti -che lo Sferisterio dovrebbe, per me, tentare di chiamare ogni anno. Con Marty sembrava fatta. Avrebbe portato da NY anche una troupe cinematografica per riprendere ‘Rigoletto’. Il filmato sarebbe stato immesso nei circuiti americani. Purtroppo Scorsese dovette a malincuore rinunciare per altri impegni che non gli permettevano, così come a Guttuso, i tempi stretti della stagione lirica maceratese.
Che fare a quel punto, considerato che si era già nella primavera dell’85? Alla coppia Perucci&Calise e pure a quel geniale pierre che fu per due anni allo Sferisterio, il potentino Raffaele Curi, venne l’idea di proporre in Arena il mago del brivido, Dario Argento. Spinto dall’amico Curi, Dario si catapultò con entusiasmo nel progetto. Preparò meticolosamente ogni cosa, bozzetti ed idee interpretative. In base a queste il Duca di Mantova si sarebbe dovuto calare nei panni di un vampiro, alcune comparse dovevano vestirsi da vichinghi, sangue dappertutto in scena e speciali circuiti elettrici collegati alle poltroncine in platea dovevano fornire, nell’ultima scena della tempesta, una leggera scossa: un effetto cinematografico per far ‘vivere’ al pubblico ancora di più la potente e drammatica opere verdiana. Ricordo che girava voci (mai confermata) che il verismo si sarebbe dovuto spingere fino alla presenza di cadaveri sul palco. Tanto che l’indimenticabile ‘Fofo’ Pieroni, un direttore di palcoscenico abituato a gettare il cuore ogni volta oltre i numerosissimi ostacoli, ebbe un momento di scoramento con Calise: “Davide, per il sangue non ci sarà problemi: andiamo al mattatoio. Ma per le salme, ci darebbero mai l’autorizzazione i parenti?”.
In extremis si disse ‘no’ a Dario Argento. A me cronista dispiacque tanto che intitolai il mio pezzo, corredato dalle foto di Perucci e Calise: “Per favore non mordeteli sul collo” alludendo al vampiro e ad un famoso film di Roman Polanskj. Anche Dario la prese naturalmente molto male. Al comunicato di disdetta (preannunciatomi da Calise con una battuta sorniona), il regista che Macerata aveva accolto con tanta simpatia, mi telefonò in redazione annunciandomi che avrebbe reagito a quella cocente delusione, alla sua maniera. Con un film. E due anni dopo realizzò ‘Opera’ con dedica allo Sferisterio.
E ‘Rigoletto’? Fu affidato alle mani più rassicuranti di Mauro Bolognini che l’anno prima aveva firmato una ‘Traviata’ (con Raina Kabaivanska) da record mai più battuto al botteghino…quando ancora in Arena c’era posto per cinquemila spettatori!
Il progetto regie ‘grandi firme’? Non se ne parlò più. Il cinema aveva mostrato di avere un’idea troppo particolare dei mostri sacri della lirica e questo ai melomani non andava proprio giù. Tornato sull’alveo della tradizione, per lo Sferisterio non si parlò neppure più della sfida orgogliosa e pure un po’ impossible con Verona dove dopo Perucci avrebbe successivamente fatto il suo trionfale ingresso come sovrintendente un altro direttore artistico maceratese: Claudio Orazi.
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Se non ricordo male ad un conviviale qualche anno fa si disse, oramai che erano passati molti anni e che tutto era caduto in prescrizione, che l’opera di Ken Russel aveva fatto sforare (e di non poco) il bilancio preventivo tanto che, con il silenzio-assenzo di tutti, si era benpensato di “spalmare” i maggiori costi su ogni possibile piega di bilanio del Comune.
Addirittura, sempre se non ricordo male, si disse che ad esempio il costo dei vari mazzi di fiori (che erano stati offerti alle cantanti) vennero imputati ai servizi cimiteriali.
Allu Paesittu de Macerata spaventa tutto meno li carri delli bovi o San Giulià però sa da feggià come sempre con le bancarelle sennò spaventa pure quissu
@Sforare?
Guarda che spalmare costi, imputabili alla Lirica, su altre voci di bilancio non è sforare ma qualcosina di diverso…..
Dario Argento? E’ a tutti noto che negli ultimi lustri L’Argent non va d’accordo con lo Sferisterio…
Vorrei ricordare che Perucci, Calise e Pieroni hanno meritato non casualmente una bella lapide all’ingresso dello Sferisterio. Ricordo perfettamente la cerimonia. Era con me Simona Marini che come assessore alla Cultura del Comune di Jesi aveva fatto dedicare in precedenza una bella lapide all’interno del teatro Pergolesi nel ricordo dell’indimenticabile Perucci il quale aveva diretto tante stagioni liriche jesine coadiuvato anche in quelle occasioni dal proprio ‘vice’ ed assistente: Gian Paolo “Micio” Projetti. Che proprio nel nome del suo maestro, essendo la Marini assessore, aveva organizzato al Pergolesi alla fine degli anni 90 una bellissima serata lirica con grandi nomi, tutti amici di “Micio”. Una serata cui Gian Paolo purtroppo non aveva potuto assistere perchè il suo cuore generoso l’aveva portato a vegliare e confortare per tutto il tempo, in ospedale un cantante colpito da malore (fortunatamente leggero). Erano uomini fatti così. Ora non ci sono più, ma io li ricordo ancoraì. E non dimentico la loro passione. Quella stessa che ad esempio, in una serata di galà, faceva dire a Calise nei camerini dell’Arena con tono rassicurante che: “Non ci sono problemi, si può andare in scena. Non piove più. Ho verificato di persona”. Ed era fradicio d’acqua… Che la terra vi sia leggera, Davide, Carlo e Gian Paolo.
In realtà non è vero che dopo la Bohème maceratese Ken Russell non lavorò più nel mondo dell’opera: venne contattato da Lorin Maazel per una produzione di Eugenio Onegin a Vienna. Onegin comunque non si fece e il contratto di Russell venne poi riciclato dal successore di maazel Egon Seefehlner in una produzione di Faust nel 1985, immortalata anche in dvd.