di Marco Ricci
San Giuliano l’Ospitatore – patrono di Macerata – nacque in Ath, in una provincia del Belgio anticamente detta Pannonia, Saltus Carbonarius, inferior Piccardia, Hannonia o in vernacolo Hainault o Henegouw, intorno all’anno 631 dell’era volgare.
La vicenda storiche del santo rivestono un particolare interesse in quanto lo accumunano molto da vicino a quelle dell’Edipo Re, ai miti di Crono e Urano, alla tragedia di Amleto, così da tentare, attraverso dati storici a nostra disposizione, un’interpretazione psicoanalitica di tutta la sua condotta, quella di “peccatore” prima e di “sant’uomo” poi.
Iniziamo analizzando gli anni giovanili di Giuliano.
Secondo gli storici (vedi: Jonae Aurelianensis. De institutione laicorum. Libro 2. Cap. 23 Apud. D’Achery. Spicilegium Tomo I. pag. 297) Giuliano era un giovane violento, lascivo, incline alla rabbia e poco dedito alle pratiche religiose, dunque poco rispettoso dell’autorità, tra cui quella paterna. Ancor giovinetto accadde l’evento forse più importante della sua vita, quando in un accesso d’ira egli uccise un servo reo di aver contribuito a fargli sfuggire una preda durante la caccia.
Prima di morire il giovane servo disse però a Giuliano: “Tu che sei così brutale con me finirai un giorno per uccidere tuo padre e tua madre”.
Giuliano, scosso da questo anatema, fugge in Spagna dove combatte al servizio di un signorotto locale di cui infine sposa una figlia.
Se paragoniamo questo comportamento alla vicenda mitologica di Crono (padre) e Zeus (figlio) notiamo che qui la situazione è ribaltata: Zeus si ribella al padre, con l’aiuto della madre ne prende il posto e allontana Crono ponendolo su una torre. Giuliano invece non compie il suo atto, lascia il padre al suo posto e si allontana lui.
Supponendo che l’episodio dell’omicidio sia vero, restano forti dubbi che il giovane servo in punto di morte abbia potuto pronunciare una frase del genere. E’ più lecito invece supporre che la frase contenente la premonizione dell’assassinio non sia altro che un’aggiunta postuma dello stesso Giuliano, oppure che egli abbia in effetti sentito quelle parole che però non vennero mai pronunciate. Come si sa (vedi ad es: Freud – “tre saggi sulla teoria sessuale dei bambini” e Freud – “Un caso di nevrosi infantile”) il desiderio di uccidere il padre è infatti molto comune nei bambini nell’età dai due ai cinque anni. Tale volontà – rimossa e inghiottita dall’inconscio – torna però adesso alla luce quale frase premonitrice pronunciata dalla voce (ipotetica) del servo.
Giuliano quindi ne è scosso e, per il timore di perpetrare l’atto, fugge.
Ma perché Giuliano uccide il servo? Solo per via della caccia?
Tipicamente la potestà su un servo era legittima al capofamiglia, cioè all’effettivo proprietario dello schiavo. Ma Giuliano non lo è quando commette l’assassinio (il capofamiglia è ancora suo padre). Egli quindi appaga “per traslazione” questa sua volontà di esserlo proprio togliendo lui la vita al servo e prendendo appunto figurativamente il posto di suo padre
Ma ora andiamo avanti con la storia della vita di Giuliano che ci riserverà altre sorprese.
Come detto Giuliano arriva in Spagna dove ha trovato la figura sostitutiva del padre in un nobile uomo presso il quale combatte e che, a dispetto del padre, dà in effetti a Giuliano una moglie, sua figlia.
Un giorno due anziani pellegrini si presentano alla residenza di Giuliano per chiedere ospitalità. Dopo qualche convenevole la moglie di Giuliano riconosce nei due pellegrini i genitori di suo marito e li accoglie con ospitalità nell’attesa del ritorno di lui. I vecchi accettano felici l’invito a restare e vanno a riposare nel letto nuziale del figlio. La sera, quando Giuliano rientra in casa, scopre due figure adagiate nel suo talamo nuziale. Pensa immediatamente al tradimento, afferra la spada e uccide le due figure che dormono.
Poco dopo la realtà appare però nella sua tragicità. La moglie di Giuliano – ovviamente ancora viva – gli racconta la verità. Egli allora, sconvolto dalla notizia, abbandona per penitenza i suoi averi e si pone a servizio dei poveri e dei pellegrini in veste di “ospitatore” e nella bizzarra figura di “traghettatore”, cioè di colui che aiutava i viandanti ad attraversare i fiumi.
Ma – ci domandiamo adesso – è mai possibile che i due genitori, partiti dal Belgio arrivino casualmente in Spagna e casualmente proprio nei possedimenti di loro figlio Giuliano?
L’ipotesi appare inverosimile e un altro caso sembra invece più probabile, cioè che Giuliano abbia chiamato a sé i genitori per ucciderli.
E come è possibile tutto questo se Giuliano effettivamente non solo ignorava di averli chiamati ma addirittura era fuggito appositamente dal Belgio per non incontrarli mai più?
A ben guardare la soluzione c’è e non è affatto difficile da ottenere se ci riferiamo a quelli che Freud chiama “atti mancati” (vedi: Freud – “Psicopatologia della vita quotidiana”). Quante volte, senza rendercene conto, compiamo gesti apparentemente in modo inconsapevole che appagano però un nostro desiderio? Telefonare ad esempio per errore ad una persona con cui si desidera parlare invece che col legittimo destinatario della chiamata, perdere un oggetto che non vorremmo ritrovare, oppure dimenticare un mazzo di chiavi a casa di un amica solo per rivederla?
E’ dunque più probabile che Giuliano, magari venendo in contatto con dei viaggiatori belgi o in qualche altro modo indiretto, abbia comunicato ai suoi genitori il luogo dove egli viveva con lo scopo inconscio di farli venire da lui.
L’episodio che segue alla scoperta delle due figure nel talamo nuziale è credibile in sé e non merita troppa attenzione. Il tradimento all’epoca (e non solo all’epoca) si pagava col sangue.
Più interessante è invece la frase che Giuliano rivolge alla moglie una volta svelato il misfatto.
“Ecco adempiuto il presagio del Servo, il quale mentre volli sfuggire infelicissimo compiei!”
La traduzione di questa frase a questo punto ci è chiara:
“ecco il mio desiderio inconscio, a cui volli sfuggire in ogni modo ma che infelicissimo ho soddisfatto!”
Dunque, sulla forza del desiderio di parricidio, Giuliano mette in atto inconsciamente tutta una serie di atti tesi all’assassinio e la frase da lui pronunciata lascia intravedere il conflitto psichico che si agita nella sua mente. Il desiderio infantile che lotta con le forze di resistenza perché non diventi conscio e non si compia.
Ma un’ultima domanda adesso ci sorge spontanea: perché Giuliano uccide anche la madre?
Abbiamo visto Giuliano fin da giovane come una persona violenta, un uomo che poi in effetti – pur amando una donna, sua moglie – immagina di ucciderla assieme al suo amante. Dunque Giuliano, per sua indole, è portato ad uccidere la donna che ama se ella lo tradisce.
E qual è il più forte desiderio infantile se non quello di godere in solitario della figura materna ed esserne lo sposo?
La madre dunque, dal punto di vista di Giuliano, lo tradisce. Dunque anch’essa, come l’ipotetica moglie infedele, è meritevole di morte.
Le opere di Giuliano come santo sono da una parte una riparazione coattiva di ciò che egli ha compiuto nella vita (egli ha ucciso i suoi ospiti nel suo letto e per espiare la colpa accudisce i pellegrini, cioè li “ospita”) ma anche una ripetizione simbolica del desiderio parricida.
L’attraversamento del fiume – se ci riflettiamo – è invece una pratica bizzarra e desueta, sicuramente poco comune se non tenessimo a mente il significato mitologico che ha l’attraversare un fiume. L’immagine infatti rimanda alla memoria l’attraversamento dei fiumi infernali, ovvero il passaggio verso la morte, immagine ripresa da Dante nella figura di Caronte.
Giuliano ha ucciso i genitori e uccidendoli li ha traghettati verso l’oltretomba. Se dunque nelle vesti di “colui che ospita” il santo Belga ripara al male che ha compiuto tramite un’operazione di inversione, cioè facendo del bene a chi una volta ha fatto del male, nell’essere traghettatore egli ripete in modo incessante l’assassionio, traghettando appunto i pellegrini dal “di qua” al “di là”.
Cerchiamo adesso di riepilogare.
In età infantile Giuliano deve aver sviluppato come tutti i bambini il complesso di Edipo: egli desidera essere lo sposo della madre e prova nei confronti del padre-avversario dei moti ostili e omicidi. Commesso un primo omicidio in cui Giuliano sostituisce figurativamente il padre, il desiderio parricida perviene alla coscienza ma in modo deformato: non egli desidera ma è il servo ucciso che premonisce e, per scacciare l’impulso appena venuto alla luce, fugge in Spagna. Più tardi però Giuliano chiama a sè i genitori, compie il misfatto, ma con una nuova fuga – l’abbandono dei suoi averi – rigetta di nuovo questo desiderio nell’oblio.
San Giuliano l’ospitatore è dunque una figura tragicamente edipica.
Non solo per quello che ha compiuto prima della conversione, ma anche il resto della sua vita di santità sembra proprio la conseguenza di questa sua tendenza infantile.
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Mai capitare tra le grinfie di un seguace di Freud…
L’articolo – ovviamente – è stato scritto e va letto con una certa ironia…
Assolutamente!…;)…anche il mio commento vuol esserlo!…ma la mia antipatia per il nativo di Pribor e’ viscerale…
Condivido l’antipatia per Freud… a parte tutto vista la mia ignoranza su San Giuliano vorrei sapere:
cosa ha fatto per meritarsi di essere chiamato Santo visto che ammazza tutti quelli che lo fanno innervosire come l’incredibile Hulk?
e poi uno che uccide i suoi ospiti perchè sarebbe “l’ospitatore”?
e un’ultima domanda che sarebbe interessante nell’articolo: perchè è stato scelto come patrono di Macerata? quali sono i suoi legami con la nostra città?
Grazie a chi vorrà rispondermi…
Ribechi, io sapevo che la leggenda di Giuliano faceva parte del repertorio dei Trovatori.
Freud non c’entra nulla, anche se l’epopea tragica può richiamare i classici greci.
Quanto poi alle tue domande:
– la Chiesa l’ha tolto da tempo dal libro dei Santi;
-siamo nelle terre dove il Valentino (figlio di un Papa) in quel di Senigallia avvelenò i suoi ospiti;
-meglio un Patrono di Macerata figlio di fantasia, piuttosto che tanti Padrini che uccidono la propria terra. Tanto da costringere il sindaco Marancio a prenderne lodevolmente le distanze.
Vuoi vedere che tenteranno di farlo cadere? C’è sempre qualche cervo pronto a seminar zizzania..
A me piace molto la ri\costruzione di Ricci che mi pare ( ma sbaglio, forse ) di aver letto proprio su CM. Più in particolare apprezzo la lettura che vede nella coazione a ripetere in “nodo” della tragica storia e la “santità” come metabolizzazione del delitto\colpa.La trovo interessante perchè Ricci con il suo “protocollo” stimola ad avventure interpretative da applicate, magari, anche oggi. Dico ad eventi e fatti attuali.Jervis, prima su Pinocchio e la Morfologia della Fiaba di Propp sono gigantesce e fertili “griglie” per addentrarci, di più, in noi stessi e negli altri. Complimenti.