Hanno fatto discutere le parole pronunciate dal vescovo Giuliodori lunedì in cattedrale, durante l’omelia della messa solenne per il patrono. Una diagnosi inaspettata e dettagliata nei riferimenti alla vita cittadina, rivolta soprattutto ai politici. “Una città sorniona, fiaccata, attraversata da un malessere interiore”, così Monsignor Giuliodori ha definito Macerata
(clicca qui per il testo integrale delll’omelia).
Voi cosa ne pensate? Cosa va e cosa non va a Macerata? Chiediamo ai maceratesi di esporsi, di indicare quali sono i problemi e le possibili soluzioni attraverso i commenti di questo articolo (per scrivere basta effettuare una semplice registrazione) o su questo forum, in cui è possibile scrivere anche senza registrarsi.
Il dibattito resterà consultabile in home page.
Macerata dorme? Vediamo intanto cosa ne pensano i nostri politici.
Scrive Ivano Tacconi, capoguppo UDC in Comune:
Jimmi Fontana cantava: “paese mio che stai sulla collina, addormentato, ti lascio e vado via”.
Carlo Azelio Ciampi, nella sua visita a Macerata come Presidente della Repubblica:
“Ma con le strade siete ancora a cinquant’anni fa?” (da giovane aveva lavorato alla Banca
d’Italia di Macerata). Il Cardinale Ersilio Tonini all’ora Vescovo di Macerata cercò invano
di stimolare la classe politica locale (veniva da Vicenza) poi si adeguò, infatti dalla
Giunta Meschini ha ottenuto la cittadinanza onoraria. Il Vescovo Conti quando si insiediò
a Macerata ebbe a dire: “Città triste e mediocre”.
Oggi dopo un anno dal suo incarico il Vescovo Giuliodori in una Omelia molto stimolante, dice alla classe politica del capoluogo che “Macerata è stanca, sorniona e fiacca. Si è adagiata su posizioni di rendita”. Certamente l’occasione del patrono di Macerata San Giuliano ha reso possibile a chi non conosce bene la città di collegarlo alla società. Anche negli anni sessanta l’autore del piano regolatore di Macerata Archt.Piccinato calcolò il suo lavoro di sviluppo per una città che doveva raggiungere i 65.000 abitanti come tutti gli altri capoluoghi di provincia, non fecei conti con una parte della classe politica locale, sorniona e fiacca da sempre su posizioni di rendita.
Abbiamo l’ex Motel Agip solo perchè Enrico Mattei non aspettò la licenza edilizia del Comune,
costruì e basta come era nel suo stile, l’Italia doveva crescere e si aggirava i poteri forti solo con
il coraggio politico. Come consigliere comunale non vedo di cosa deve essere sufficentemente
informato il Vescovo da come ha dichiarato il Sindaco Maschini, la città è questa chi mi conosce
sa quanti dibattiti abbiamo stimolato in consiglio comunale da anni sullo stile di Monsignor Giuliodori. Risultato zero, non si riesce a dare quella mentalità politica di capoluogo.
Oggi sulla stampa locale sono stati ascoltati alcuni dei nostri politici.
“Un’analisi articolata e complessa – è il commento rilasciato al Carlino del sindaco Giorgio Meschini – : Ci sono cose condivisibili ed altre di cui Giuliodori non conosce completamente i dati reali”. Mi sembra che il discorso voglia essere uno stimolo a tutta la città e alle realtà che ne fanno parte. Quanto al fatto che sia sorniona e stanca Macerata non ha grandissimi slanci e non li ha mai avuti. Chi cerca di fare qualcosa di più audace viene spesso emarginato. Da questo punto di vista le parole del vescovo possono essere un richiamo per tutti”.
Il Carlino ha ascoltato anche il presidente della Provincia Franco Capponi. “Il vescovo ha dato un senso alla festa del patrono : coniugando l’aspetto religioso a quello civile si può riflettere meglio sui problemi di una comunità e meglio si può trovare la via delle soluzioni. Condivido tutte le riflessioni. Una città capoluogo ha responsabilità che vanno oltre i confini comunali. Deve essere il motore e la spinta alla crescita della provincia, il punto di riferimento, senza essere accentratore; deve essere da esempio senza volere tutto per essa; deve essere uno “specchio” su cui il territorio può riflettersi. Macerata è sede di una delle più antiche Università ed è assurdo che l’ateneo non sia al centro di politiche di sviluppo. Questo non deve far dimenticare altri settori di sviluppo, ad iniziare da quello più congeniale: il turismo. Un turismo di qualità, di cui potranno beneficiare anche le aree interne. La posizione geografica comporta ancche un ruolo di queilibrio, orientando le sue scelte urbanistiche e infrastrutturali. Per fare questo è necessaria una coesione sociale e può realizzarsi solo con un innalzamento del livello politico, come Mons. Giuliodori ha auspicato”.
Questo invece il commento di Anna Menghi sul Corriere Adriatico: “Speriamo che quanto detto dal vescovo sortisca qualche effetto. Condivido appieno il suo pensiero, del resto il mio movimento ha cercato di tenere aperto sempre un dibattito sulla città troppo ripiegata su se stessa. Ricordo che nel 2008 a San Giuliano il vescovo Giuliodori citò nell’omelia la vicenda dei Salesiani che, sarà un caso, si è risolta. Chissà che anche stavolta non si verifichi la stessa cosa”.
Si distacca dalle parole del vescovo Luciano Pantanetti, capogruppo del Prc in Consiglio comunale: “Oramai siamo in campagna elettorale e quanto affermato da mons. Giuliodori lo ritengo quanto mai inopportuno. Il potere temporale della chiesa è finito da qualche secolo. Sul fatto che i maceratesi siano sornioni e forse un po’ assopiti la ritengo una caratteristica riscontrabile in ognuno di noi che non può essere imputata certo alla politica. A livello di amministrazione comunale posso dire che l’opera portata avanti in questi anni è stata quella di essere vicini alle classi meno abbienti, di favorire l’integrazione e l’accoglienza degli stranieri”.
Grande apprezzamento per le parole del vescovo vengono invece dal consigliere regionale Fabio Pistarelli: “Nella mia esperienza amministrativa – ha dichiarato al Corriere Adriatico – mi sono accorto che Macerata è scivolta verso un assopimento, una fiacchezza della sua forza che non ha portato a valorizzare le eccellenze di cui dispone. Il vescovo invoca un risveglio spirituale che poi si trasformi in un risveglio operativo della città. E’ necessario un nuovo slancio e Mons. Giuliodori ha ben individuato le debolezze di cui soffre la città. Un capoluogo che ha perso da anni questo ruolo guida e fa poco o niente per recuperarlo”.
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Monsignore scopre l’acqua calda.
Che Macerata è una città, da sempre, più interessata a guardarsi il proprio ombelico piuttosto che a crescere culturalmente ed economicamente lo sanno anche i bambini dell’asilo….
Molti politici fanno finta di “combattersi” in pubblico, ma sono concordi però ad anestetizzare la città (per poter poi fare affari sottobanco) è una novità che poi così novità NON è….
Che quando ha fatto comodo anche la Curia è scesa a patti (come quando riuscì a edificare, intorno alla bellissimam chiesa di fianco al Duomo, il catafalco che ha chiuso parte delle Mura, Mura prima fruibili dallapopolazione) con i politici, per camomillare, la città se ne sono accorti anche i muri…..
Quindi mi sembrano molto ipocrite sia le uscite dei nostri politici (molti dei quali fanno politica da 20/30 anni e quindi sono “colpevoli” di come Macerata è ridotta) che l’uscita del vescovo Giuliodori.
E non ritiriamo fuori lo Studio dell’Archt. Piccinato poichè tutti (politici, Curia, costruttori… nessuno escluso) come hanno potuto hanno cercato di gettare nell’immondizia il Piano Regolatore con varianti, modifiche, cambiamenti FINTI “miglioramenti” per cui oggi Macerata è una città in cui mancano le strade, il verde non esiste in molti quartieri, i servizi sono sempre meno e la viablità è rimasta quella di 40 anni fa mentre il parco macchine è almeno sestuplicato.
Oggi Macerata è una città perfetta per una popolazione fino ai 15 anni e poi dopo i 65.
Ma la discussione sarebbe lunga e complicata e gli “attori” (che oggi fanno finta di scandalizzarsi) sarebbero indicati come i più probabili colpevoli…
La mentalità innovativa, che si fa finta di invocare in Consiglio Comunale, non credo potrebbe essere portata avanti da chi, oramai da decenni, fa di tutto (a livello politico) per mettere nel sonnifero a tutta la popolazione, ne può essere invocata da chi arriva in Provincia da una città molto più “provinciale” di Macerata….
Ieri sera ero brevemente intervenuto sull’argomento.
Oggi ci torno sopra con un’analisi un pochino più approfondita che, mi auguro, possa servire ai tanti che dimenticano, troppo in fretta, il proprio passato cittadino.
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Fin dalla metà degli anni ’60 si è a lungo dibattuto sul carattere anestetizzato/assopito della città di Macerata.
Purtroppo però il popolo italiano non ha memoria storica e non ricorda quanto accaduto anni addietro, non rammenta le discussioni, non rievoca mai i percorsi politici ed economici che hanno caratterizzato il suo passato…. Tale male del “non ricordo” è anche patrimonio della popolazione maceratese.
Poiché se i maceratesi ricordassero si comprenderebbero che molte delle discussioni odierne, intorno alle esternazioni del vescovo, furono già fatte 10 o 20 anni fa.
Se i maceratesi ricordassero si avrebbe memoria che coloro che oggi (fintamente indignati, a scopo elettorale) accusano immobilismo furono gli stessi che 15 o 20 anni fa federo di tutto per ingessare Macerata
Se i maceratesi avessero buona memoria si rammenterebbe che la crescita (in termini di popolazione) fu frenata e impedita dalla paura, dei democristiani e di buona parte della Curia, di avere una città troppo operaia che avrebbe potuto spostare l’asse elettorale (da sempre in favore dei democristiani) in favore del PCI.
Se soltanto i nostri vecchi avessero l’occasione di rammentare alle nuove generazioni quello che fu la politica consociativa che, per decenni, ha imperversato (ed imperversa tutt’ora) in Comune si capirebbero perfettamente il ruolo di ciascun politico che oggi fintamente si indigna, ma che fino all’altro ieri era compartecipe a sonniferare ogni alito di novità maceratese.
Ma fino adesso, seguendo le esternazioni del vescovo, abbiamo visto il bicchiere mezzo vuoto mentre si potrebbe vedere anche l’altra metà perché per ogni discussione tutto si deve mettere sul piatto della bilancia per un compendio approfondito.
Macerata arroccata su se stessa dove, fino a pochi anni fa, di vista tutti conoscevano tutti ha indubbiamente avuto la fortuna di essere rimasta una città a misura d’uomo, nonostante le tantissime scelte scellerate in maniera di urbanistica e viabilità.
Macerata, proprio perché estranea ai flussi che interessavano la Regione, ha preservato un tessuto sociale che per tanti anni ci ha messo al riparo dalla delinquenza.
Tessuto sociale che solo nell’ultimo decennio è peggiorato, senza che i nostri politici facessero realmente qualcosa (se non nascondere la testa sotto la sabbia facendo finta che nulla fosse mai cambiato).
Poiché era una città sostanzialmente impiegatizia e borghese Macerata ha sempre vissuto solo di riflesso i contrasti sociali, poiché tutta la dirigenza “rivoluzionaria” (da PCI passando per il PSI e per le frange extraparlamentari) era borghese fino al midollo e qui non abbiamo (per fortuna) avuto quelle esplosioni di follia pseudopolitica che hanno caratterizzato gli anni ’70.
Poi ci sono anche degli aspetti culturali da non sottovalutare.
Che che se ne dica la nostra Stagione Lirica (almeno fino alla metà degli anni ’90, quando addirittura i bilanci chiudevano in a pareggio senza bisogno di mutui o prestiti!) è stata sempre di un’elevatissima qualità e, se negli ultimi anni si è un po’ impastocchiata (anche sotto il profilo dei buchi di bilancio), lo si deve solo alla pochezza culturale e alla mediocrità dei nostri politici.
Fino alla fine delgi anni ’70 avevano una stagione Jazz che, probabilmente, già era una delle più importanti d’Italia tanto che gli artisti internazionali PRIMA andavano a provare a Umbria Jazz e DOPO venivano a Macerata ad esibirsi perché il palcoscenico privilegiato era il nostro e quello umbro era soltanto di secondaria importanza…. Se poi tutto è cambiato lo dobbiamo ancora una volta ai nostri politici pasticcioni che, preoccupati per il turismo “alternativo” che si riversava in città hanno preferito tagliare le gambe ad una manifestazione che, se avesse continuato, sarebbe sicuramente diventata uno dei punti di riferimento del Jazz italiano e quasi sicuramente IL punto di riferimento almeno per il Centro Italia.
Abbiamo avuto, per decenni, un’Università di livello nazionale e se Macerata non è diventata (pur avendone la possibilità) una cittadina universitaria sul modello di Urbino lo si deve soltanto ai nostri politici che, avevano paura di perdere potere nei confronti delle Istituzioni accademiche.
Il perché, non è molto difficile a capirlo: se l’Università avesse investito in città poi si doveva concordare un piano edilizio idoneo alle aspettative dell’Università (collegi, campus, spazi verdi, biblioteche, campi sportivi ecc. ecc.) e non cementificare, ovunque fosse possibile (stravolgendo il tessuto cittadino) senza curarsi della viabilità, degli spazi verdi, dei collegamenti tra un quartiere e un altro.
Insomma è inutile che oggi i nostri politici piangano ipocrite lacrime di coccodrillo: se la città è così è perché, scientemente, i nostri rappresentati l’anno così voluta, in accordo con le gerarchie curiali.
Quindi il vescovo innanzitutto dovrebbe prima recuperare memoria storica del passato maceratese e i nostri politici dovrebbero smetterla di inalberarsi perché i loro interventi cadono nel ridicolo, almeno per chi un po’ di storia cittadina, direttamente o indirettamente, la consoce….
i politici sono gli ultimi che possono dire la loro visto che tutti quelli che sono passati non hanno fatto niente di niente,ben venga il vescovo,con la speranza che venga preso in parola da qualcuno
Caro Macerara Granne.. Chi è senza peccato scagli la prima pietra…Ma sei così sicuro che che la pietra possa lanciarla la Curia maceratese???
per carita’ la curia non è esente da colpe pero’ il fatto che questa critica non venga solo dai cittadini ma da altre importanti istituzioni è un buon dato di fatto
Di seguito l’intervento di Gianni Menghi, coordinatore comunale del Pdl.
Con il “discorso alla città” pronunciato in duomo nel giorno del Patrono il vescovo Claudio Giuliodori sembra confermare il disegno di una Chiesa protagonista oltreché testimone, offrendo un contributo alto e inedito al dibattito sul futuro del capoluogo. Si può naturalmente discutere se certe espressioni siano le più giuste, tuttavia l’analisi di Giuliodori con i relativi scenari appare impeccabile: un assist per donne e uomini di buona volontà.
Ora domandiamoci: questo attivismo pubblico, culminato nell’omelia di San Giuliano, rischia di mettere in ombra l’essenziale, cioè l’avvenimento di Cristo, distogliendo la Chiesa dalla sua missione specifica? No, perché la Chiesa di Giuliodori, che pare ispirarsi in qualche maniera al modello del card.Ruini, non riduce il cattolicesimo a religione civile; tende semmai a un dialogo continuo e a una presenza cordiale nella società ma senza sconti o maschere rispetto alla Verità.
Per avere una prova basta considerare che il cuore dell’omelia del vescovo sta in quell’appello affettuoso al risveglio spirituale: “Cara Macerata, Città di Maria e terra di San Giuliano, ritrova la tua spiccata sensibilità religiosa, lo slancio della fede in Gesù Cristo, il coraggio di vivere e testimoniare il Vangelo”. Non si propone dunque un generico sentimentalismo o spiritualismo ma l’esperienza del cristianesimo. Aggiunge addirittura Giuliodori: “rischiamo di uccidere, con l’oblio e la noncuranza, la storia e la tradizione di fede di cui siamo figli”. Parole pesanti.
La Chiesa, quindi, a Macerata come altrove, è cosciente della sua debolezza nel mondo: “la fede sembra assopita, anestetizzata dal relativismo”, osserva il vescovo. Non c’è una Chiesa trionfante o egemone (per fortuna di tutti) ma una Madre che educa e accompagna. Certo, la condizione di minoranza (il “lievito” evangelico!) non scalfisce la forza della Chiesa che, vivendo il Verbo di Cristo, conserva il potere del Logos e può dire parole che si facciano udire e rimandino al senso delle cose, quelle ultime e quelle penultime.
Gianni Menghi
Credo che vi sia un vizio di fondo, in tutta la discussione.
Monsignore è intervenuto come un residente maceratese o come un esponenete ecclesiale????
La domanda sembra inutile, ma non lo è….
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Perchè se è intervenuto come residente (temporaneo, tra l’altro) maceratese egli, al pari di tutti gli altri residenti, ha tutto il sacrosanto diritto di esprimere le proprie opinioni.
(ma in questo caso avrebbe dovuto intervenire non dal pulpito e non con una predica)
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Ma poichè egli è intervenuto,dal pulpito e con una predica, vestendo i panni religioso-vescovili egli è intervenuto in una questione che è, al contempo, politica, sociale e pubblica…..
Ed allora mi chiedo perchè vi deve essere una specie di primato clericale sulla politica?
Il nefasto e corrotto potere temporale del Vaticano sull’Italia, ringraziando Dio, è finito oramai da più di un secolo ed allora perchè le parole di un clerico, mentre svolgeva la sua funzione religiosa (e NON come privato cittadino), devono avere una qualsiasi forma di supremazia nella discussione cittadina?
La domanda sorge spontanea dove eravate in questi 10 anni di amministrazione Mecshini quando il Comitato Anna Menghi denunciava l’inerzia dell’Amministrazione comunale?
Da Francesca Marchetti e Daniele Principi, presidenti dell’Associazione per la Sinistra:
Il vescovo di Macerata ha scelto un momento importante per esprimere ancora una volta il suo punto di vista su questioni che riguardano la nostra città.
Si è rivolto alla politica, ha individuato soggetti ed espresso giudizi, ha sollecitato e in qualche caso individuato scelte possibili.
Ha ricevuto grandi apprezzamenti e qualcuno non ha mancato di compiacersi perché ha ritrovato nelle sue parole il suo filo di pensieri, il punto di vista espresso in varie occasioni dalla propria parte politica.
Viene da dire, di questi tempi tutto normale.
Ma non è tutto normale, non ci convincono i cori di consenso, non pensiamo che in questo periodo di grandi turbolenze, di incertezze per il proprio futuro, di laceranti divisioni politiche originate dalla messa in discussione di fondamentali diritti umani e civili ci si possa orientare ad una lettura monocorde delle questioni e dei problemi che inevitabilmente investono anche la nostra città.
Fra l’altro pensiamo che in situazioni come queste ad ogni soggetto pubblico culturale, politico, religioso spetta il compito di agire cercando di preservare la libertà di scegliere il tipo di contributo che ciascuno vuole e può dare; sapendo che c’è un filo sottile che divide il rispetto dell’esperienza di ognuno dal richiamo alle ortodossie che portano solo ad ulteriori steccati.
A noi pare che le considerazioni svolte da Mons. Giuliodori entrino nel merito di alcune questioni che sicuramente interessano la città, a partire da una visione che nelle sue linee fondamentali ripercorre il ragionamento, l’asse critico che con accenti meno articolati e più immediatamente riconoscibili, le diverse espressioni delle opposizioni cittadine imputano all’attuale amministrazione.
Noi pensiamo, invece, che nel valutare la situazione della nostra città non si possa fare a meno di considerare le gravi responsabilità del governo nazionale per i vergognosi tagli all’istruzione pubblica e all’Università, ben più gravi dell’ormai solito ritornello sulla mancata integrazione dell’Università con la città
Ci preoccupa il silenzio che non riconosce l’angoscia di tanti precari che rischiano di rimanere senza lavoro, la sottovalutazione dei tanti disagi che gli studenti dovranno subire a causa dei tagli delle classi e perfino delle risorse per il sostegno a quanti di loro vivono situazioni di disagio, conseguenze dirette dei provvedimenti del Governo Berlusconi.
Se questa città appare stanca e rassegnata, abbiamo l’impressione che queste scelte politiche non aiutino a rendere felici gran parte dei maceratesi, sempre più preoccupati per i tagli ai servizi o per la possibilità di ritrovarsi senza un lavoro. né a rendere più fiduciosi e intraprendenti gli anziani e gli utenti dei servizi sociali.
Siamo convinti che con Musicultura, la stagione lirica e l’estate maceratese si siano costruite occasioni di coinvolgimento di moltissimi giovani in percorsi non consumistici di innovazione musicale e di formazione culturale e non ‘solo’ visibilità, (che, pure molte amministrazioni cercano, chiamando ministri ad esibirsi in piazza come primedonne).
Ancora, ci chiediamo che cosa significa richiamarsi alla necessità della crescita e dello sviluppo ? crescita di cosa ? dei consumi ? delle autostrade ? della mobilità privata ? delle costruzioni ?
Altro che crescita per noi è indispensabile una politica amministrativa che accentui, con grande determinazione, il proprio orientamento verso il risparmio energetico, il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio, una politica urbanistica tesa alla tutela e valorizzazione del territorio, la promozione delle filiere corte, il coinvolgimento di singoli ed associazioni nella promozione della cultura.
Non c’è dubbio c’è bisogno di un confronto politico vero.
Vorrei dire all’Assaciazione per la sinistra, come rappresentante di una lista civica (Comitato Anna Menghi) non schierata partiticamente che negare l’evidente stato di stallo della nostra Città è negare non solo il presente ma anche il nostro passato. Tale situazione è frutto di un accordo tra centro destra e centro sinistra che si è concretizzato con le dimissioni dei consiglieri comunali di ambo gli schieramenti il 12 luglio 1999 che che ha fatto cadere la Giunta Menghi. Non vorrei rivangare il passato che è passato, ma non si può affermare che non ci sia stata una sorta di “normalizzazione” frutto della volontà di tutti i partiti volta a ristabilire la cosiddetta “quiete” o “inerzia amministrativa che dir si voglia che ha caratterizzato quasi un decennio di amministrazione Meschini che trova tra i banchi della maggioranza di centro sinistra e tra quelli degli amministratori comunali rappresentati dell’Associazione della sinistra. Vorrei parlare di cose che riguardano la nostra città come l’accordo che state facendo a trattativa privata per la riqualificazione del centro fiere per un importo di quasi 22 milioni di Euro. Vorrei parlare della viabilità disastrosa, vorrei parlare dello scandalosa gestione della galleria di Fontescodella, vorrei parlare di un centro strorico in agonia, vorrei parlare del CON.SMA.RI. e della SMEA, vorrei parlare di tante cose della nostra Città di cui anche voi siete responsabili della situazione in cui si trova. Vorrei poi confrontarmi su proposte concrete e non su candidati sindaci che sembrano fiurire come margherite in primavera. Se ci siete battete un colpo, ma parlate di cose concrete.
Di seguito l’intervento di un lettore, Marsilio Padovano, sull’omelia di San Giuliano.
“Mi permetta di tornare, a otto giorni di distanza, su un episodio doppiamente traumatico per la nostra città: il discorso con cui mons. Giuliodori ha aperto in cattedrale la campagna per le elezioni amministrative di Macerata e l’imbelle unanime plauso ufficiale con il quale esso è stato accolto dai principali responsabili della vita pubblica cittadina.
Costituisce certamente una ferita profonda alla coscienza civile, che da almeno sette secoli in Italia ha tentato (ahimè, inutilmente) di rivendicare a sé la piena autonomia dalla Chiesa nelle cose temporali, l’aperta e tracotante invadenza di campo del vescovo; ma è ferita non meno profonda l’irresponsabile e ipocrita acquiescenza di una classe politica indegna del nome. Qualche rara voce di cittadino si è levata e qualche garbato commentatore ha continuato in questi giorni a far notare la palese incongruenza tra le dichiarazioni di principio del vescovo e le sue precise indicazioni di scelta politica. Stando alle dichiarazioni, la Chiesa non darebbe indicazioni pratiche, ma si limiterebbe a una doverosa testimonianza di verità. Quale verità, Monsignore? quella che non riesce a confermare neppure se stessa in una semplice dichiarazione? Quella che dichiara e immediatamente smentisce quel che ha dichiarato? Non costituisce forse una palese indicazione di scelta politica la Sua approvazione del Progetto Quadrilatero, o di una politica del museo diffuso, che la Regione Marche aveva iniziato a elaborare circa quindici anni or sono, per abbandonare nelle due ultime legislature? Non costituisce una palese ingerenza la difesa d’ufficio di una università che la legittima autorità civile ha classificato in modo alquanto disonorevole? Non costituisce atto di separazione e di divisione l’esplicita approvazione di alcuni attori della vita pubblica (Università, Camera di Commercio, più implicitamente la Fondazione Carima) e la chiara, benché implicita disapprovazione di altri (in particolare l’attuale dirigenza comunale)? Lei mostra di aver dimenticato (o più verosimilmente di non aver mai appreso) la lezione di Cristo e degli apostoli, in particolare di Paolo, che raccomandavano di lasciare a Cesare quel che è di Cesare. Legga Ambrogio e Agostino; legga Bernardo, che scriveva: “Non mi sembra nel giusto chi crede cosa degna che gli Apostoli e gli uomini apostolici giudichino gli affari mondani”; legga Le cinque piaghe della Chiesa di Rosmini; legga gli Atti del Vaticano II. Vale la pena di ripetere ancora: teologi, tacete su cose che competono ad altri!
Che dire ai politici? Le parole si spengono in gola. A qualcuno che abbia orecchie e animo per intendere, basterebbe dire: sii Cesare! È naturale che se Cesare manca, il Vescovo si faccia Cesare”.
Marsilio Padovano